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UDI / Diritto di stupro e obbligo al silenzio

UDI / Diritto di stupro e obbligo al silenzio

Stupri, stalking, femminicidi. E' allarme - Solidarietà dell'UDI a M. al processo per lo stupro di Montalto di Castro del 2007. Manifestazioni in tutta Italia, inerzia della politica

Tola Vittoria Martedi, 17/04/2012 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Maggio 2012

Il 13 aprile 2012 si è tenuta presso il Tribunale dei minori di Roma la prima udienza per lo stupro nella pineta di Montalto di Castro del 2007. Sono passati cinque interminabili anni da quando si consumò l’orrore contro una ragazzina di quattordici anni. La presa di posizione dei concittadini e del sindaco PD, che annovera nel branco un nipote, e che usa soldi del Comune per le loro spese legali, fanno il giro del mondo. Tutto ciò appare come una sorta di diritto allo stupro da parte dei ragazzi, mentre la ragazza deve essere colpita perché ha rotto il silenzio sullo stupro.

Per questo noi donne dell’UDI, che non abbiamo mai taciuto, abbiamo voluto essere presenti al Tribunale dei minori di Roma, produrre molti gesti di vicinanza e solidarietà per M. in tante città italiane e con un impegno preciso per le prossime udienze. Ottenendo di continuare a rompere il silenzio.



Ma Montalto è solo la punta dell’iceberg di uno Stato in cui continua a mancare un contrasto preciso verso lo stupro, in cui i dati sulla violenza sessuale, fisica e psichica, dentro e fuori della famiglia, sono ancora oggi quelli relativi ai centri antiviolenza, al 1522 e alla ricerca del 2006 dell’Istat. Uno stato che chiede alle forze dell’ordine l’obbligo di conciliazione nei conflitti familiari dovuti a violenza. Uno Stato che sullo stalking fornisce, attraverso il DPO, dati ottimistici mentre il femminicidio, con cadenza quasi quotidiana, sgrana numeri impressionanti di donne assassinate da mariti e fidanzati. Questo nel silenzio più assordante della politica e delle istituzioni preposte. Parlano le donne e conosciamo l’importanza dell’impegno a fianco delle donne stuprate e offese, conosciamo i mille atti di solidarietà e di denuncia che le donne hanno fatto e fanno da oltre trent’anni. Come l’Udi ha fatto con la Staffetta e Stop femminicidio. Ma forse è proprio questo che si vorrebbe non accadesse? Per questo noi donne non veniamo ascoltate? Per questo chi ogni giorno è in prima fila ad aiutare le donne in difficoltà è sempre più in affanno? Basti pensare al de-finanziamento dei Centri e degli Sportelli antiviolenza che, in ragione della crisi economica, trasforma gli unici servizi specialistici di genere in un servizio di lusso per tempi migliori.



Non appare uno scandalo che tante leggi regionali siano de-finanziate, a cominciare dall’Abruzzo, e che i soldi - venti milioni di euro in cassa da 4 anni al DPO - non siano stati spesi, che il Piano d’Azione Nazionale contro la violenza del governo non si sappia cosa ha prodotto.



In un paese ogni giorno sotto schiaffo per scandali di corruzione e di distrazioni di fondi pubblici a tutti i livelli, appare evidente che non di mancanza di risorse economiche si tratta, non di sottovalutazione della gravità del problema ma della complicità di fondo di cui i violenti godono a tutti i livelli.



In questo quadro diventa comprensibile (sic!) la scandalosa sentenza della Corte di Cassazione e il clima di impunità rende persuasi molti uomini che la violenza e anche l’assassinio nei confronti delle donne non siano gravi, cose che accadono perché “è colpa delle donne”, naturalmente. Un rovesciamento assoluto di qualunque principio di verità in nome di un potere sessuato senza limiti e senza regole.



Per questo non si riconosce come emergenza nazionale il femminicidio che conta dall’inizio dell’anno 50 donne assassinate e non accenna a fermarsi. Dall’inizio dell’anno l’Udi ha scritto alla ministra Fornero e chiesto ripetutamente di incontrarla su questa emergenza. Inutilmente! Se, nel frattempo, in questo silenzio politico e istituzionale assordante, i femminicidi raddoppieranno ... pazienza! In fin dei conti il femminicidio colpisce le donne che notoriamente non sembrano far parte della repubblica italiana.



 

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