Mercoledi, 22/06/2016 - Donne, obiettori e ivg a Trapani
È rimbalzata su tutti i giornali la notizia che mette al centro l’'Azienda Ospedaliera di Trapani e l'impossibilità, dal maggio scorso, di effettuare un'interruzione volontaria di gravidanza per mancanza di non obiettori nell’ospedale della città. Notizie gravi che hanno precipitato le donne trapanesi ed i movimenti femministi nazionali nel panico. Peraltro panico giustificato da un tasso di obiettori di coscienza che, se in Sicilia si assesta intorno ad un drammatico 87%, nella provincia sfiora le stesse percentuali. Salvo poi, che alcuni degli stessi obiettori di giorno, trasformano i loro studi privati in pietose "fabbriche degli angeli" (come le chiamano qui) a tarda sera. Perché un medico, per legge, può decidere quando diventare obiettore di coscienza o meno nel corso della sua carriera. E non si può impedire: è un diritto. Che però ne scavalca un altro - in pieno contrasto con quel giuramento di Ippocrate, a pensarci bene – che è il diritto alla salute e al diritto all'autodeterminazione delle donne.
La realtà è che ai primi di maggio, il primario di ostetricia e ginecologia del S. Antonio Abate di Trapani, dott. Tommaso Mercadante, è andato in quiescienza. Unico ospedaliero non obiettore, che ha introdotto nell'Asp l'uso dell'aborto farmacologico e che praticava l’aborto chirurgico terapeutico post 90 giorni come previsto dalla legge 194/78. Si è posto immediatamente il problema su come e chi avrebbe potuto garantire la prosecuzione del servizio di IVG, poiché la nuova primaria dott.ssa Francesca Paola Maltese è obiettrice di coscienza. Che fare?Immediatamente informate, come circolo trapanese dell'UDI ci attiviamo per trovare una soluzione al problema: perché i medici vanno legittimamente in ferie e le Asp hanno i loro tempi burocratici, ma le donne che hanno richiesto un'ivg quel tempo non ce l'hanno. Per legge. Nel giro di pochissimo, anche grazie all'interesse dell'on. Antonella Milazzo dell’ ARS, riusciamo ad ottenere un incontro col direttore sanitario dell'Asp 9 di Trapani, dott. Antonio Siracusa. Un incontro lungo e proficuo, perché aiuta a chiarire una situazione che non può più essere ignorata né sottovalutata: l'Azienda ha a disposizione pochissimi ginecologi non obiettori, dislocati in tutta la provincia. E come sa chi conosce il territorio, questo è spesso difficilissimo da percorrere da un presidio all'altro: non si può chiedere ad una donna di percorrere 40, 50, 70 km per ottenere un’IVG. Il dott. Siracusa è ben conscio della situazione e consapevole dell’emergenza ma che si tratta di un’esigenza strutturale che va affrontata anche se nell’immediato non c’è emergenza perché nell'ultimo mese non ci sono state richieste di IVG inevase. Strana coincidenza, considerando che la statistica pone circa 500 IVG annue, per una media di 50 al mese nel presidio di Trapani città. Ed infatti, in poche ore, sveliamo l’arcano. Che arcano non è, anzi è l’inganno che si nasconde nel dibattito che, a livello nazionale, si sta affrontando con la Ministra Lorenzin sulla legge 194. Infatti la Ministra, nella relazione al Parlamento, raccogliendo i dati su base regionale, afferma un sostanziale equilibrio dell'erogazione del servizio rispetto alla richiesta delle donne. Ma l’inganno sta nel fatto che, molte richieste quando non si arriva all’IVG - si dice magari in buona fede o per tutelare una riservatezza che manca dalle nostre parti - non vengono registrate e la paziente viene dirottata sui presidi di Sciacca, Castelvetrano, Palermo o altrove. E nessuno si allarma, perché di fatto, sul tavolo del direttore sanitario, non c'è alcuna richiesta e nessuna documentazione. Quindi la richiesta delle donne non costituisce dato ufficiale. Ulteriore problema a Trapani è il Consultorio, dove l'attività è molto limitata - anche nella semplice informativa, l'accoglienza discutibile e dove non si applica la procedura in farmacologico per l’IVG. Poiché il dato è nazionale, sarebbe oltremodo semplice criminalizzare l'Azienda, o i singoli medici, come è avvenuto sui giornali in questi casi, mentre occorre tutta la collaborazione necessaria per trovare soluzioni. Ci piacerebbe tanto, domani stesso, poter dire che il tasso di obiezione di coscienza è stato capovolto, che la L. 194 verrà applicata per quella che è, una legge bellissima che tutela la scelta delle donne. Il problema oggi si pone su un doppio registro: quello culturale, che difficilmente verrà superato se non si applica alla materia della sessualità, prevenzione e IVG una visione laica e di rispetto della legge spoliticizzando gli incarichi professionali e non trasferendo le responsabilità dei Consultori del SSN a quelli privati di volontariato, tenuti da associazioni confessionali.
Poi esiste un problema economico, che è anch'esso strutturale e ha già visto interessata la Sicilia in modo imbarazzante con la chiusura di punti nascita strategici. Sembra un ossimoro o un paradosso che, passando dall'interruzione di una gravidanza al parto e alla nascita, si dibatta comunque sulla pelle delle donne non solo l'annoso conflitto tra maternità e gravidanza ma tra autodeterminazione femminile e determinismo statalistico sulle loro scelte.
Abbiamo concordato, col direttore sanitario dell'Asp, che la situazione di Trapani non può arrestarsi all'oggi, che va messa in campo una strategia di potenziamento dei consultori, che il ginecologo che verrà - mettendo in campo qualsiasi risorsa o strumento - dovrà continuare a garantire tutte le pratiche, che debba esserci la massima collaborazione tra personale paramedico e non medico. Che le donne trapanesi, da Trapani non devono partire per una IVG.
Ad oggi, possiamo con soddisfazione dire che il dott. Antonio Siracusa e l'on. Antonella Milazzo hanno mantenuto la loro promessa. Da giovedì, il dott. Bono del presidio di Castelvetrano, verrà a Trapani tre volte a settimana per espletare il servizio e tutte le volte che ce ne sarà bisogno e sarà coadiuvato da una équipe che garantirà il corretto espletamento della pratica, senza interferenze o manchevolezze.
I prossimi giorni incontreremo il dott. Bono, su volontà del direttore sanitario, per confrontarci, capire insieme - professionisti e UDI - se e come e con quali tempi sarà possibile effettuare migliorie, garantire che le donne siano sostenute in tutte le loro decisioni, nel percorso di informazione e prevenzione che deve accompagnare ogni donna per imparare a conoscersi, rispettarsi, prendersi cura di sé.
La stampa nazionale ha ignorato, in questi giorni, l'impegno dell'UDI. Questo ci ha addolorato e non perché sia importante intestarsi una battaglia, o mettere una bandierina sulla soluzione di un problema, ma perché l'UDI è e può essere uno strumento importante per le donne di questa città: perché per loro uno spazio conquistato per se stesse, diventa uno spazio politico da agire, cambiare, conquistare in una città dove il prendersi cura di sé è una concessione e non un diritto. Per le donne trapanesi - Trapani, una città fatta di mafia e donne di mafia, di immigrazione, di abusi sessuali anche in luoghi sacri, di liturgie familiari antiche che tutto assolvono, di stereotipi da "volevo i pantaloni" - sapere che può esistere "una casa tutta per sé’ (Virginia Woolf) dove agire un noi collettivo può essere una salvezza; sapere che le donne, insieme ad altre donne, possono e devono dettare l'agenda politica di un'amministrazione, per una città veramente accogliente e plurale, paritaria è importante. Una piccola battaglia è stata vinta, ma lunga è la guerra. Ne siamo comunque orgogliose.
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