un 1° MAGGIO tutto al femminile quello dell' UDI di Bologna, con mostre, incontri, conversazioni e spettacoli.
METTIAMOCI IN MOSTRA : PRIMO MAGGIO E DINTORNI SUI LAVORI DELLE DONNE
due mostre fotografiche UDI che rappresentano un percorso di lotte, conquiste, diritti, tra passato e presente.
L'iniziativa è partita il 20 aprile e prosegue come da calendario (vedi allegati) con incontri tematici.
.Venerdì 27 aprile ore 18 Casa della Fotografia piazza Spadolini (antistante sede del quartiere S.Donato) conversazione sul " lavoro delle donne nelle campagne bolognesi tra passato e presente". Saranno con noi Fiorenza Tarozzi storica, Gabriella Montera assessora provincia P.O e Agricoltura e Vilma Garuti, Gabriella Massarenti braccianti agricole. Il programma prevede letture dai testi di Alba Piolanti scrittrice e proiezione del filmato storico "La trebbiatura in Romagna".
Ricordiamo l'apertura della mostra fotografica " Lasciatele lavorare" sabato 28 aprile al borgo antico di Castelluccio di Porretta Terme al Castello Manservisi .
Napoli
Femminicidio in Agentina: pene aggravanti se la vittima è legata al carnefice
Tutte Argentine , o no?
Le donne Argentine hanno fatto sì che il loro Parlamento riconoscesse che il legame tra vittima e carnefice costituisce un’aggravante nella violenza perpetrata su una donna. In Italia il contesto del legame affettivo, nei tribunali, apre la strada ad una serie di attenuanti che fanno pensare che l’idea del delitto d’onore non sia mai morta, nonostante la cancellazione delle leggi che lo prevedevano.
Il fatto che nella legge sia, pare, nominato il femminicidio, ha fatto fare alla notizia della sua approvazione, in poche ore, il giro del mondo, o almeno in quella parte di mondo dove le donne chiedono una legge organica contro le violenze sessuate. È ormai certo che per ostacolare la fino ad ora indisturbata strage di donne, bambine e bambini ci vogliono almeno delle leggi: così la notizia che un paese intenda contrastare istituzionalmente la violenza nascosta tra le pareti domestiche è incoraggiante.
La legge non basta, serve, ma non basta e soprattutto non bisogna farsi confondere dalle parole.
Dire che femminicidio è una fattispecie di reato, rappresenta una strana e pericolosa cosa: riduce un crimine contro l’umanità, perpetrato sistematicamente, non riconosciuto in tutti i suoi aspetti, alla definizione così come formulata dai poteri.
Se il potere pronuncia parole per “differenziare” un crimine rispetto alla qualità della vittima, con le parole induce una gerarchia, ed è davvero folle pensare che “questi stati” possano per illuminazione improvvisa, invertire l’ordine che da sempre pone la vita degli uomini al di sopra di quella delle donne. Uxoricidio, infanticidio sono parole che hanno a lungo dissimulato, il valore relativizzato delle vite delle persone, commisurato a sesso ed età, ma soprattutto in relazione a chi ne dispone e chi le "tutela". E le donne non vogliono essere tutelate, vogliono che la loro vita abbia il valore che loro stesse attribuiscono alla vita di tutti.
La vita e la libertà delle donne sono sottoposte in tutto il mondo alla benevolenza o all’efferatezza degli uomini, è questo il punto della lotta al femminicidio. Se il punto di partenza è una legge, come lo è, non deve questa stabilire gerarchie tra le donne e tra le vittime di fronte al loro diritto di essere vive. Se è facile uccidere una donna perché è moglie, è altrettanto facile per un cliente uccidere una prostituta, così come è stato facile appena ieri in Argentina fare sparire donne e violentarle “in stato d’emergenza”, prendere i loro bambini e privarli della storia.
Il movimento antiviolenza in Argentina, in Colombia, in Messico ha fatto gesti universali che hanno incontrato il pensiero delle donne in ogni parte del mondo e in Italia, tanto che ormai si può dire che per tutte, ovunque il femminicidio non può essere combattuto per gradi: non ci si può accontentare. Era quella legge che ha fatto il giro del mondo, che che le donne aspettavano nella Repubblica Argentina?
La legge sullo Stalking, in Italia, è l’emblema di un crimine unico spezzettato in diversi reati: stalking, molestie, stupro, una volta uxoricidio e poi? Che lo stato abbia questa concezione è perfettamente congruo alla nulla intenzione di promuovere la civiltà e la cultura delle relazioni.
L’andamento dei processi “per femminicidio concluso con la morte” in Italia dimostra che la gravità avvertita mediaticamente in particolari ricorrenze (25 Novembre, 8 Marzo) non è quella sentita normalmente nel pensiero dominante.
I processi infatti sono rimandati, invalidati indirettamente da norme confliggenti e sono rinviate sine die le udienze:contesto giudiziario tutt’altro che esemplare di un paese che rifiuta la sopraffazione e la moderazione violenta delle donne.
I processi si assomigliano, quelli per stupro e quelli per “omicidio di donna” inquanto al clima nel quale si svolgono . Li nominiamo così distinti, non perchè lo siano, ma per esaltarne le analogie. Reati analoghi con epiloghi diversi. Femminicidio è infatti molto più che un reato ma comprende, piuttosto, nella sua definizione alcuni dei reati riconosciuti o no a seconda delle culture. È un processo politico-sociale di mantenimento delle gerarchie sessuali, che comprene ogni gesto criminale (codificato o no nel codice) che induca la morte o la minacci per escludere la libertà femminile nella relazione con l’altro genere in famiglia, sul lavoro, nel processo educativo, nello spostamento sul territorio, nell’esercizio dei culti.
Quello che succede è che di fronte alla verità la ragion di stato, il complesso di tutti coloro che la sostengono, sceglie di vedere e far vedere ciò che conviene. Il risveglio della cronaca sulla violenza relazionale domestica, nel mese di Marzo, ha permesso che calasse il silenzio sul ricorso massiccio dei licenziamenti sessuati, ancora da quantificare. Senza che fosse dato conto della stretta dipendenza tra la perdita dell’autonomia economica e l’impossibilità di sottrarsi al condizionamento economico che sostiene appunto la violenza familiare, il ricatto retributivo, il mobbing sessuale. In altre parole il femminicidio
La denuncia e la condanna della violenza nascosta nelle case, non possono rappresentare il pretesto alla presunzione di minor gravità per quella commessa altrove. Gli eserciti in missione che violentano e uccidono le donne fuori dalle proprie case, lontano dai legami affettivi, commettono crimini contro l’umanità che in quel caso sono nominati come danni collaterali.
Una legge che condanna un solo aspetto della violenza sessuata, come accade da sempre, in realtà la permette. L’uso di una definizione, inventata dalle donne, non ne fa di una norma una legge delle donne.
Femminicidio è ancora una parola che intimorisce il potere, una leva culturale: non è tempo di consegnarla a chi vuole piegarla alla ragion di stato.
Stefania Cantatore
Modena
A NOI LA PAROLA!
A fronte dei ripetuti e sistematici attacchi, che la Consigliera del Comune di Modena Olga Vecchi continua a indirizzare al Comitato “Verso la Nuova Casa delle donne – Villa Ombrosa” e in generale a tutto l’associazionismo femminile modenese, di cui non comprendiamo l’accanimento, ci troviamo costrette a reagire per “Dire Basta!”.
Avvertiamo, infatti, la necessità di informare correttamente la cittadinanza, attraverso la stampa, perché venga fatta chiarezza sul lavoro che da anni le associazioni femminili svolgono sul territorio e affinché non si diffonda ulteriormente una informazione distorta della realtà.
Le associazioni coinvolte nel progetto di trasferimento della sede a Villa Ombrosa sono sette e la richiesta di una nuova sede per le associazioni femminili è portata avanti nei confronti del Comune di Modena dal 1998, condividendo con l’amministrazione l’idea che un unico luogo, aperto e accogliente, possa essere un ulteriore servizio da offrire alle cittadine modenesi.
Le associazioni femminili a Modena svolgono con le loro attività un ruolo fondamentale per poter garantire libertà e piena cittadinanza alle donne tutte, senza nessuna pregiudiziale ideologica. Le attività e i servizi, per lo più svolte attraverso il lavoro volontario, necessitano però di sedi, strutture, attrezzature e, in alcuni casi, anche di personale con professionalità e competenze specifiche e per poter funzionare hanno bisogno di risorse economiche adeguate.
I dati messi a disposizione dalle singole associazioni mettono in evidenza come il numero delle utenti ai servizi e le partecipanti alle iniziative siano elevati. Purtroppo non siamo in grado di risolvere i tanti e “gravi problemi delle donne” – come dice la consigliera Olga Vecchi- ma sicuramente collaboriamo con le diverse istituzioni affinché le politiche e i servizi rivolte alle donne possano essere più diffusi ed efficienti.
Le associazioni femminili partecipano da sempre a tutti i tavoli istituzionali (piani socio-sanitari, tavolo inter-istituzionale contro la violenza alle donne, commissioni, consulte, ecc.) portando il proprio contributo di idee, di elaborazione culturale e di impegno attivo, in un’ottica di genere – che come ci ricordano insigne studiose significa valorizzare le competenze femminili ma soprattutto considerare che il genere umano è fatto di due sessi e che entrambi devono godere degli stessi diritti e poter accedere alle risorse in modo equo.
Tra le informazioni distorte vogliamo sottolineare che le associazioni femminili modenesi beneficiano di provvidenze di natura economica (contribuiti e convenzioni) al pari di tantissimi altri soggetti, come si può facilmente evincere dalla consultazione dell’Albo dei Beneficiari del Comune di Modena per l’anno 2010. Citiamo dal presente Albo “numerosi contributi, soprattutto quelli rivolti ad associazioni operanti in attività culturali, sportive, sociali ed ambientali, sono erogati non solo come riconoscimento della loro generica attività meritoria, ma anche come sostegno a specifiche attività concordate con l’Amministrazione Comunale”.
Tale Albo contiene un elenco sterminato di associazioni ed iniziative, di cui l’associazionismo femminile rappresenta una piccola parte, che sono elemento caratterizzante del tessuto sociale, presupposto ed espressione di democrazia della nostra città e rivestono una grande importanza, non solo per le donne, ma per l’intera collettività.
La sensazione è che la posizione della consigliera Olga Vecchi sia frutto di pregiudizi, basati su una valutazione superficiale e non su una conoscenza reale ed effettiva delle attività e del lavoro svolto e nemmeno su un coinvolgimento diretto e partecipato alle iniziative realizzate dalle diverse associazioni.
L’invito che porgiamo alla consigliera Vecchi è quello di venire a visitare le sedi delle nostre associazioni e di partecipare alle nostre iniziative per avviare insieme un confronto intorno a un tema fondamentale, a cui tutte –ne siamo certe- teniamo, valorizzare il ruolo delle donne nella nostra città e garantirne la piena cittadinanza.
Napoli
Pubblicità ovvero il rito del ritiro
"Città libere dalla pubblicità lesiva e violenta verso le donne, senza mai dimenticare bambine e bambini": a distanza di oltre 10 anni (la prima volta che fu suggerita la formula dall'UDI era l'anno 2001, e la destinataria del suggerimento era Rosa Russo Jervolino), senza tanto rumore qualcosa è cambiato.
Non è cosa da poco, perchè intanto è diminuito sensibilmente il ricorso alle immagini pubblicitarie più corrive. Ma è troppo poco se si vedono ancora campeggiare per le nostre strade cartelloni che, senza mezzi termini, dissimulano sostanza umana nelle donne.
In Italia, anche volendo, non ci sono leggi a cui appellarsi, ed a contrastare contenuti pubblicitari sostanzialmente criminogeni ci hanno dovuto pensare le femministe perchè le pur commendevoli iniziative culturali come quelle di Ico Gasparri, non sono andate oltre la sensibilizzazione.
Lo IAP (istituto di autodisciplina pubblicitaria) e le poche delibere comunali che vietano l'affissione di pubblicità contro le regole Europee (ma unicamente negli spazi di competenza nel caso di Napoli), non rappresentano soluzioni preventive, e l'unico vero presidio indispensabile sono le cittadine che segnalano.
Le Istituzioni, soprattutto quelle Italiane, non sono dalla parte delle donne, una parte dei produttori conta sulla connivenza del maschilismo imperante e aderisce alla normalità del paradigma violento nella relazione tra generi, alcuni pubblicitari sono del tutto indifferenti alla prospettiva di sanzioni professionali. La partita è tutta in mano alla pressione delle cittadine.
Accade oggi con una pubblicità, dell'Eurogomme (di cui purtroppo dobbiamo allegare l'immagine, per chiarire a cosa si riferisce il paradosso di una vicenda che si trascina oltre il dovuto), ma è avvenuto in passato, che un'affissione fosse colpita da ingiunzione per la non conformità al codice senza per questo essere rimossa da alcuni spazi.
Se il ritiro, per tutte queste "indifferenze" convergenti, non si concretizza, ci sono alcune cose da sapere: anche i così detti spazi in gestione, dipendono da autorizzazioni sotto competenza comunale, che nel caso di queste inadempienze potrebbero non essere rinnovate. Un concessionario è certamente responsabile del perpetrarsi di un'affissione ritenuta illegittima. E a ricordare ad ognuno le sue responsabilità non possono essere che le cittadine.
Udi di Napoli
Sotto è visibile l'ingiunzione dello IAP, in allegato la lettera inviata agli assessori e la lettera inviata al concessionario dello spazio pubblicitario.
Segnalazione messaggio pubblicitario “Eurogomme gli specialisti del mestiere” rilevato su affissioni diffuse nella città di Napoli nel mese di marzo 2012
Desideriamo informarLa che il Comitato di Controllo, esaminato il messaggio pubblicitario segnalato, ha deliberato di emettere ingiunzione di desistenza per violazione dell’art. 10 – Convinzioni morali, civili, religiose e dignità della persona – del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale.
A seguito del suddetto provvedimento autodisciplinare, l’inserzionista ha comunicato di aver disposto la rimozione della comunicazione contestata.
Potrà rinvenire il contenuto del provvedimento inibitorio (n. 26/2012/ING) nel nostro sito internet www.iap.it, nella sezione "Le decisioni del Giurì e del Comitato di Controllo".
RingraziandoLa per l’apprezzata collaborazione, porgiamo i nostri migliori saluti.
I.A.P La Segreteria
udichesiamo
DONNE CHE SIAMO E IL PAESE CHE CI SARÀ
Sabato 2 giugno 2012 andiamo in piazza come le donne che siamo diventate, consapevoli delle contaminazioni e degli spostamenti che la politica delle donne ha prodotto in questi anni. Occupiamo lo spazio pubblico con forme nuove per rendere visibile il paese che vogliamo; il paese che ci sarà.
Mostriamoci con le nostre differenze nei modi che ciascuna trova più congeniali: poesia, scrittura, pittura, performance… Troviamoci a Pesaro sabato 2 giugno in piazzale Collenuccio dalle 14.00 alle 20.00 La piazza è aperta a tutte le donne interessate, chi vuole partecipare scriva entro il 20 maggio una mail a udichesiamo@gmail.com in cui descrive brevemente come intende partecipare il 2 giugno. La piazza è apartitica.La serata si concluderà nella sede dell’Udi in via Martini, 27.
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