Sabato, 24/12/2011 - Il fatto di non possedere una televisione a volte può sembrare un handicap. Quando tutti attorno a me esclamano infervorati “Ma hai visto quello che è successo? E’ andato su tutti i tg/canali!”, riferendosi a un fatto di cronaca o una bagarre politica finita a suon di insulti, io faccio spallucce rispondendo di no. Se l’argomento mi interessa, e spesso è così – a causa della mia curiosità onnivora - navigo un po’ su internet, ricostruisco la vicenda e acquisisco vari punti di vista e dettagli sull’accaduto, raccogliendone spesso molti di più di quelli in possesso del mio interlocutore tele-munito. Il tutto però avviene con qualche ora di ritardo sull’uscita del servizio e, considerando l’importanza della rapidità e della tempestività nell’acquisizione delle informazioni, questo ritardo potrebbe rappresentare per me uno svantaggio non trascurabile. Potrei però raccontare anche una storia completamente diversa sul dialogo “televisione-internet”, affermando che, in larga parte, social networks e blog sono spesso pieni di contenuti che vengono ripresi interamente dalle versioni online e cartacee dei quotidiani e talvolta dai tg, dopo che gli utenti della rete li hanno già masticati e deglutiti. Intendo dire che internet ormai, nella sua accezione più ampia, costituisce un contenitore di informazioni impareggiabile e che sostituisce e ingloba tutti gli altri media, che non possono trascurare la portata dell’eco generata dai tam tam di links, tweet, I like e condivisioni. Ormai due anni fa’ impazzava il video “Il corpo delle donne” di Lorella Zanardo, diventato libro e tuttora esistente come blog. Poco più di un anno fa’, usciva il documentario virale “Se questa è una donna” di Elisa Giomi e Daniela Pitti, ricercatrice la prima e maestra e militante la seconda. Entrambi i video, con contenuti e tagli molto diversi, partendo dai corpi femminili in tivù, hanno voluto mettere al centro della discussione il tema della corporeità e il diritto ad una rappresentazione realista e intelligente delle donne, capaci ancora di lottare insieme per il riconoscimento dei propri diritti. Non è un caso che attraverso la rete, libera e immensa, sia partita più di una riflessione sui contenuti culturali e simbolici di uno strumento vecchio come la TV che puzza terribilmente di stereotipi e maschilismo. La rete, seppur con i suoi limiti, primo fra tutti l’assenza di “corporeità”, rappresenta un’eccezionale piattaforma di diffusione di video meta-linguistici, che denunciano le storture della comunicazione di massa e nutrono il nostro senso critico. La forza di queste operazioni, vive e circolanti, ancora dopo molti mesi, è dirompente ed è grazie alla rete che è stato possibile raggiungere così tante persone a tempo indeterminato. Il passaggio successivo, ben compreso dalle autrici prima citate, è quello di incontrarsi e di discutere dal vivo, creando spazi dove, partendo dai video e dalla rete, donne e uomini si mettano a parlare, muovendosi verso nuovi modelli di relazione e rappresentazione dei generi. La rete non è la soluzione a problemi millenari, ma può rappresentare una piattaforma di discussione aperta, capace di creare almeno la sensazione della caduta degli stereotipi, dei quali invece la TV si nutre avidamente. Qualche giorno fa’ l’ennesima dimostrazione: ho acceso la tv della sala d’attesa del mio dentista, che mi riserva sempre attese bibliche e nel giro di mezzora ho visto solo ballerine semi-nude e donne interpellate come “rappresentanti delle casalinghe italiane”. Mi è bastato per convincermi definitivamente che a me la tv non serve a un bel niente.
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