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Tutte le cose sono acqua: intervista a Maria Gemma Grillotti Di Giacomo

Tutte le cose sono acqua: intervista a Maria Gemma Grillotti Di Giacomo

Diritti/7 Acqua - 620 pagine, 1800 immagini, molte mani e cervelli femminili nella pubblicazione della prima opera sistematica dedicata all’acqua

Ribet Elena Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Dicembre 2008

Il Primo Atlante Tematico delle acque d’Italia, cui hanno lavorato quasi cento donne con metodo multidisciplinare e territoriale, è strutturato in tre parti, che affrontano le questioni naturalistico-ambientali, storico-culturali, economico-gestionali, problematiche e territoriali dal punto di vista nazionale e regionale. La terza parte è dedicata a riflessioni epistemologico-introspettive, meditazioni di tipo ludico-pedagogico, testi letterari.

“Stupore, allarme, sconcerto e meraviglia, la nostra Italia vista dall’acqua non manca di sorprese, nemmeno per gli studiosi e per gli addetti ai lavori”. Queste sono le parole della professoressa Maria Gemma Grillotti Di Giacomo, Coordinatrice Scientifica Nazionale del Gruppo di Ricerca Interuniveristario GECOAGRI-LANDITALY, Membre d’Honneur della Société de Géographie di Parigi, il sodalizio dei geografi più antico del mondo, insignita del Grand Prix de Cartographie 2001 per la pubblicazione dell’Atlante tematico dell’agricoltura italiana. È lei che ha curato la pubblicazione dell’Atlante edito da Brigati (Genova - 2008), con il contributo di 238 esperte ed esperti.



Come è nato il Primo Atlante delle acque d’Italia?

L’idea è nata nel 2003, dichiarato dall’ONU Anno Internazionale dell’acqua, in occasione di un convegno geografico internazionale. Su mandato dell’A.Ge.I., l’Associazione dei Geografi italiani in ambito accademico, insieme a Pier Paolo Faggi e Cecilia Santoro Lezzi abbiamo pensato di organizzare il convegno ‘Geografie dell’acqua - La gestione di una risorsa fondamentale per la costruzione del territorio’. In quella occasione, come d’abitudine, abbiamo organizzato alcune manifestazioni parallele, tra cui la mostra di cartografia storica dedicata alle acque del territorio reatino, territorio molto particolare; la messa in scena della piece ‘Tutte le cose sono acqua’ scritta da Anna Rita Luongo; una mostra di materiali tematici. Era in visione per i partecipanti l’Atlante tematico dell’agricoltura italiana, una grande opera che avevo dato alle stampe nel 2000. Forse in maniera provocatoria Edoardo Mensi, presidente della FederBim (Federazione Nazionale dei Consorzi di Bacino Imbrifero Montano), nel suo intervento disse “Se la professoressa Grillotti accettasse questa sfida, noi come FederBim saremmo pronti a finanziare la pubblicazione di un Atlante delle acque”. Ho accettato la sfida, e ora l’Atlante esiste, anche grazie alla generosità e l’abnegazione di un gruppo di donne che hanno collaborato con dedizione; dalla cartografa, alla grafica, alla segretaria di redazione e molte altre… potrei dire che sono state le vestali di questa impresa.



Ci racconti un caso emblematico e un problema pressante approfonditi nella pubblicazione.

È quasi imbarazzante dover scegliere un solo argomento, sia come caso positivo che negativo, data la vastità di argomenti trattati nell’opera. Ad ogni modo, come ho già accennato, il territorio reatino rappresenta uno dei casi emblematici sia di rischio ambientale non solo attuale (si pensi agli interventi che risalgono all’epoca romana, al taglio della Cava Curiana delle Marmore per svuotare il Lacus Velinus), ma anche di ricchezza della risorsa. Ma non vorrei soffermarmi su un aspetto singolo. Metterei piuttosto l’accento su una particolarità che è stata anche per me una sorta di sorpresa. L’Italia è un territorio estremamente piccolo, dal punto di vista della superficie, se lo confrontiamo ad altri Stati e Continenti. Certo, si resta incantati per la grandezza, l’ampiezza, la maestosità dei fenomeni di Paesi più vasti, ma l’aspetto caratteristico dell’Italia è la possibilità di passare repentinamente da un fenomeno e da un modellamento geomorfologico all’altro. Un esempio: qui è possibile passare da un ghiacciaio alpino alle terre riarse delle fiumare senza acqua, delle gravine, dei canaloni scavati dalle acque in territori aridi, nell’arco di una sola giornata.

L’Italia ha una concentrazione di varietà e una molteplicità di ricchezze che tra i tanti non saprei davvero selezionare un fenomeno e nemmeno una regione. Persino la riarsa Puglia è un’espressione di capacità di gestire questa risorsa, di inventare soluzioni incredibili pur di accentuare e ricavare l’umidità. Le specchie, che sono un’invenzione straordinaria, sono un mucchio di sassi derivanti dallo spietramento dei terreni che vengono accumulati in modo che nell’escursione termica dal giorno alla notte queste pietre infuocandosi e poi raffreddandosi producano quel minimo di condensa che permette poi a varie specie di attecchire; specie che dapprima sono spontanee e poi diventano colture.



Dalla vostra elaborazione del reticolo idrografico italiano, sembriamo in mezzo all’acqua. Secondo lei esistono rischi di esaurimento delle risorse idriche nel nostro Paese?

Abbiamo costruito questa carta tematica dell’idrografia superficiale con la cartografa non tanto perché non esistessero già delle carte con fiumi, torrenti, ruscelli. Ci sono carte in cui sono indicati i fiumi “principali”, ma “principali” è un concetto aleatorio: rispetto a che cosa? I parametri possono essere la lunghezza, la portata, il regime. Ci sono carte a grande scala che ci danno indicazione dei singoli ruscelli. Noi volevamo dare l’idea di quale fosse effettivamente l’idrografia del nostro Paese utilizzando un criterio di rappresentazione omogeneo. Abbiamo adottato lo stesso criterio da nord a sud, da est a ovest, per le isole e per la Penisola: abbiamo rappresentato non i “principali”, o quelli più gonfi, o altro, ma tutti i fiumi che arrivano fino al mare e fino al terzo livello di confluenza. Mi fa piacere che questa carta abbia stupito molte persone, anche tra gli operatori dei mass media.

La grossa risorsa dell’Italia è naturalmente nei ghiacciai e nelle acque sotterranee. Da quanto emerso nel convegno internazionale che ho citato, e anche da altre fonti, non c’è il rischio di una carenza di acqua. L’acqua naturalmente arriva al mare, evapora, ridiscende sotto forma di precipitazioni, insomma è una risorsa cosiddetta rinnovabile. Il problema non è che manchi l’acqua. Il problema è che è mal distribuita.



Raccolta, conservazione e distribuzione dell’acqua non possono prescindere dalle politiche di gestione pubblica o privata dell’acqua. Qual è la sua opinione?

Qui si apre un capitolo molto delicato. Ho detto e scritto che uno dei primissimi nodi che sembrano assolutamente risolti è che l’acqua, essendo un bene indispensabile alla sopravvivenza, deve essere un diritto di tutti. In quanto il diritto alla vita deve essere riconosciuto; indubbiamente l’acqua dovrebbe quindi essere intesa non come un bene privato, ma come un diritto e un patrimonio collettivo. Dov’è che nasce poi il problema? L’acqua è di tutti, ma qualcuno la deve captare, condurre ed erogare; quindi, nel momento in cui diventa servizio, il servizio si paga. Però è un servizio che deve essere assicurato a tutti senza speculazioni. Immaginiamo cosa succederebbe se decidessimo che l’aria venisse erogata. Non possiamo pensare che un privato dica “io la voglio fare pagare x” e un altro dica “la faccio pagare y”; questo tipo di servizio ha una valenza etico politica molto diversa da quella di altri tipi di servizi non vitali.



Come trasmettere alle nuove generazioni il valore dell’acqua?

Ai giovani si dovrebbero trasmettere sani modelli di comportamento. In questo è fondamentale il ruolo della donna, della madre, ma anche del padre. Bisogna spiegare come ci si lavano i denti, che è inutile lasciare aperto il rubinetto per tutto il tempo. Insegnare che è meglio una rapida doccia che il bagno, che per farsi la barba si apre e si chiude il rubinetto, non si lascia scorrere a vuoto. Questi sono accorgimenti che hanno una loro importanza su larga scala, senz’altro, ma io direi che è necessario insegnare a non sporcare, a non sprecare, si tratta di ridurre la nostra impronta ecologica. Le soluzioni ci sono; c’è tanta acqua che potrebbe essere utilizzata per usi civili e non necessariamente per bere, si potrebbero avere doppie condutture, una per lavare, per altri usi domestici o produttivi di lavoro e una per l’acqua potabile. L’Italia è paradossale anche in questo senso, perché ha delle acque molto buone ed è il paese in Europa che consuma più acque minerali. Questo è assurdo, pensando che l’acqua dei rubinetti è comunque più controllata di qualsiasi altra.



Quale può essere il ruolo delle donne, anche nel quadro mondiale?

Ritengo sempre necessario allargare lo sguardo alla scala internazionale, anche se questo complica il discorso. Se penso al Canada, o ad alcuni paesi anche dell’Est e del Nord Europa, dove non c’è tanta carenza di acqua, si fa fatica a immaginare che l’acqua debba essere risparmiata e protetta. Quando invece penso al resto del mondo, ad esempio al Medio Oriente, ad alcuni paesi dell’Africa dove anche l’acqua sporca è preziosa, allora penso che il ruolo della donna sia fondamentale per ottimizzare l’uso della risorsa. E non tanto perché è la donna che va ad andare ad attingere l’acqua alla fonte, quanto piuttosto perché è proprio lei che inventa il riuso dell’acqua.

Credo che la donna, che ha sempre e per tanti aspetti un ruolo sostanziale nell’organizzazione del vivere quotidiano, svolga una funzione tanto più indispensabile quanto più il problema da affrontare è vicino all’esistenza stessa, legato alla vita.





Cantiere CIPAX 2008-2009

Ed è proprio la professoressa Grillotti Di Giacomo a partecipare in qualità di esperta all'incontro-dibattito di mercoledì 10 dicembre sull'’Acqua, nell'ambito della serie di appuntamenti Ambiente e Giustizia secondo le prospettive delle fedi e delle scienze (Salone della Comunità di S. Paolo, via Ostiense 152 b Roma – ore 18. Info: 06 – 57287347). Insieme a lei, Adnane Mokrani (musulmano) e Giacoma Limentani (ebrea). Gli incontri, in collaborazione con CIPAX, Centro interconfessionale per la pace, WCRP-Conferenza Mondiale Religioni per la Pace, Pax Christi Roma, vogliono rappresentare “un luogo di pace per ascoltare racconti, scambiare esperienze, costruire il futuro”.



(9 dicembre 2008)

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