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Tutte in Svezia!

Tutte in Svezia!

Siamo in Europa assieme alla Svezia. Ma a condizioni totalmente opposte.

Giovedi, 10/06/2010 - È di oggi (10/6/2010) l’editoriale del NYT sulla parità di genere in Svezia, dove gli uomini hanno praticamente tutto: carriera e paga salva, mogli-lavoratrici contente, bambini svegli, accuditi e sereni.

Il segreto è nell’obbligo del congedo parentale per i papà. Innalzato a 13 mesi all’ottanta per cento del salario standard, il congedo parentale obbligatorio ha salvato le famiglie dai divorzi (in crescita esponenziale nel resto del mondo occidentale), le donne da crisi e sensi di colpa (verso i figli e verso il lavoro) e, più in generale, ha inciso profondamente nella società scandinava.

Questi dati sono la migliore risposta a chi dice che in Italia il costo per le politiche sociali e le tasse sono troppo alti. In Svezia, la tassazione media è del 47% e nessuno si lamenta: i servizi resi sono ottimi. E neanche c’è bisogno di tagliare gli stipendi pubblici, nonostante un terzo della forza lavoro (per il 50% composta da donne) sia impiegata nella pubblica amministrazione e nei servizi pubblici in genere Il deficit pubblico è sotto il 3%, le politiche a sostegno delle famiglie impiegano (ottimamente) il 3,3% del PIL ed il livello di indebitamento pubblico è di molto inferiore a quelli degli altri Paesi occidentali.

Per quanto riguarda la ridefinizione dei ruoli “tradizionali”, invece, il concetto di mascolinità da tempo in Svezia non è più associato all’età della pietra (o dei rudi e truci Vichinghi): i nuovi maschi svedesi ritengono inscindibile il ruolo di lavoratore da quello di padre, innanzitutto. Con la massima soddisfazione di tutti, finanche delle aziende.

Poiché la società è lo specchio della famiglia, l’unico modo di raggiungere l’equità sociale è di lavorare per la parità in famiglia, si legge nell’ampio report. I papà sono obbligati a capire cosa significhi il “doppio ruolo”, e la condivisione dell’esperienza cambia i comportamenti e, quindi, la società.

Cosa inimmaginabile qui in Italia. Da noi è tutto il contrario: ci si lamenta per le tasse alte (mai come in Svezia), laddove i servizi sociali e sanitari sono appena sufficienti, e neanche dappertutto. Non solo, la crisi spinge le donne a rinunciare al lavoro, o ad accettare lavori sottopagati o in nero, in nome della salvaguardia del ruolo economico del capo-famiglia. Inoltre, ci viene imposta la parità solo e soltanto sull’età pensionabile! Ma è assurdo: il doppio ruolo lavorativo (in casa e fuori) delle donne italiane non è riconosciuto e siamo la realtà sociale più retriva e maschilista dell’occidente. Senza poi accennare all’intensità di questo doppio ruolo: nidi inesistenti, scuole senza il tempo pieno, anno scolastico ridotto, genitori anziani e spesso malati privi di assistenza sociale, trasporti pubblici caotici, costosi e costantemente ridotti perché insostenibili economicamente dalle autonomie locali dissestate.

Mettiamola così, anche in Italia i maschi hanno tutto: lavoro, paghe più alte, de-responsabilizzazione parentale, considerazione economica e sociale, pressoché totale rappresentanza in politica e nei posti di comando, programmi televisivi pieni di donnine scosciate e spettate, spot pesantemente ammiccanti.

Anche in Italia i maschi sono soddisfatti, ma per motivi totalmente opposti a quelli svedesi.





Marika Borrelli

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