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Tu come ti sei chiamata?

Tu come ti sei chiamata?

Tabù, concetti e autori - Ci sono nomi che mettono allegria. Altri ...

Emanuela Irace Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Novembre 2006

Ci sono nomi che mettono allegria. Altri ci spaventano. Alcuni sono misteriosi o impronunciabili, come quello di Dio, nascosto nella Torah. Nome supremo e magico che per la teoria cabbalistica del linguaggio è esso stesso origine del mondo.

Così come è origine, di discendenza familiare, l’attribuzione del nome al bambino che nel microcosmo domestico, al pari dell’altro, inventa e crea.

“Nomen omen” dicevano i latini. Il nome come auspicio. Incantesimo sociale. Destino. Identità. Nel nome è nascosta in potenza l’essenza di chi lo porta, in una relazione strettissima tra individuo e parola che lo designa. Eredità familiare che racconta meno di quel che cela. Che ci si chiami come la nonna o l’attrice preferita da papà che il nostro nome sia quello di un Santo, eroe, martire o semplicemente amore di gioventù della mamma resta sempre un atto ricevuto dal quale per tutta una vita quasi mai ci si discosta. E’ un potere che non ci compete, un coraggio che non vogliamo perché l’attribuzione dei nomi rimarca e fissa la volontà della famiglia di metterci in determinati ruoli.

Nell’ottica immobilista e organizzata di una società cambiare nome crea disordine. Ma fingere di essere qualcun altro è tra i giochi preferiti di bambini e adulti. E’ l'alias dell’artista, patente di libertà, nome d’arte o di battaglia per scrittori e combattenti. Fuori dal gioco può succedere che anche una vita integrata e organizzata subisca cambiamenti. Non siamo più quelli di ieri e ci guardiamo con tenerezza consapevoli di essere diventati qualcos’altro. Può capitarci più volte o anche mai, ma quando un nome non ci rispecchia più e ci sentiamo ormai lontani dall’immagine che quel suono evoca varrebbe la pena cambiare. E con fatica vincere il tabù dell’attaccamento per sperimentare quella distanza dalle convenzioni che recide gli ormeggi prospettandoci una navigazione spaventosa, forse, ma libera di essere stata scelta.



(2 novembre 2006)

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