Venerdi, 29/10/2021 - Sono ottantatre i femminicidi in Italia dall’inizio dell’anno, di cui 50 avvenuti per mano di compagni, partner o ex mariti. Il resto da sconosciuti. L'ultimo femminicidio è quello di Carmen De Giorgi, assassinata a soli 44 anni, per aver respinto delle avances. Purtroppo queste sono notizie alle quali ci stiamo abituando. Sta diventando una normale quotidianità. Nonostante il fenomeno sia endemico, i mass media non hanno ancora imparato a parlarne, la politica e le istituzioni non prendono provvedimenti seri, non si fa prevenzione nelle scuole, non si formano e informano le figure preposte, non si accenna a politiche di welfare, per sostenere le donne. Eppure, i femminicidi non sono casi isolati, né tantomeno un'emergenza. È un problema culturale, sociale, strutturale. Donne uccise in quanto donne, ovvero, donne che hanno deciso di disobbedire al ruolo di brave mogli, brave madri, che violano le regole del patriarcato, modello che ci vuole ancora sottomesse e soggiogate. Che la violenza contro le donne non sia ancora un problema sentito? Che i femminicidi non riscuotano ancora consensi da parte della politica? Si dice che una norma diventi legge quando la collettività la senta come tale. Quante donne ancora dovranno morire ammazzate da uomini, essere stuprate, stalkerizzate, mobbizzate, picchiate, umiliate, denigrate, prima che la società ammetta che abbiamo fallito. Abbiamo fallito come persone, come esseri umani, come modelli e valori da trasmettere anche alle nuove generazioni. Nessuna donna potrà essere veramente libera, finché anche una sola donna sarà prigioniera.
Vi lascio con un pensiero di Martin Luther King: "Anche se avrò aiutato una sola persona a sperare, non avrò vissuto invano"...
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