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Tricesimo libera/ 2 maggio 2014 la parola ai ragazzi

Tricesimo libera/ 2 maggio 2014 la parola ai ragazzi

Avere un'Italia "lunga" vuol dire anche avere una Festa di liberazione che dura più giorni. A Modena il 22 aprile, qui a Tricesimo (Ud) il 2 maggio. A Tricesimo il testimone ai ragazzi per portare i valori della Resistenza oltre la "

Sabato, 03/05/2014 - Tricesimo (Udine), 2 maggio 2014 anniversario della Liberazione



Il tempo ci ha concesso una mattinata asciutta, adesso piove a dirotto quasi a voler lavar via chissà che cosa. Mi sono tolta la maglietta che riporrò con cura fino alla prossima occasione di indossarla. Una maglietta scomoda. Anche questa mattina qualcuno mi ha detto qualcosa in proposito, ma le parole “Partigiani sempre”scritte sulla bandiera italiana, hanno per me un significato che va oltre la storia, oltre le date, oltre le emozioni. A quel qualcuno, che portava una camicia rossa rispondo che sì, io non c’ero quando lui rischiava la vita, ma ci sono adesso per ricordarmi e portare avanti la gratitudine per quello che lui e tanti altri hanno fatto. Lo ringrazio per quella camicia rossa…chi mi conosce sa il motivo.

Lo ringrazio per aver combattuto anche per la mia libertà.

Io spero di non dover mai prendere nessun’arma in mano e di non dover piangere vedendo un figlio partire, ma credo che posso usare le parole come arma contro il dimenticare e posso usare i gesti quotidiani come antidoto all’apatia. Posso relazionarmi con gli altri cercando di essere coerente con i miei valori che nascono da quelli per i quali lui, PARTIGIANO, ha combattuto.

Essere partigiani, per me, vuol dire oggi tenere la mente e gli occhi aperti perché la Libertà ha fragili ali di farfalla, basta un niente per romperle. Ci sono volute molte vite spezzate per lasciarla volare, ci vuole molta attenzione per non tarparle il volo. Essere partigiani oggi, per me, vuol dire anche cercare di leggere la storia raccontata senza dimenticare che ogni storia personale ha un suo risvolto collettivo, che ogni situazione e ogni gesto è un mondo a sé, pur essendo un pezzo di quel puzzle tragico e coraggioso che ha portato alla nostra Costituzione. E' difficile, soprattutto quando la manipolazione politica o il rancore di pancia attaccano quelle che definisco "le mie radici", è difficile, ma non impossibile.

Aspetto una mail. L’aspetto per passarvela perché anche voi possiate sapere quanta saggezza questa mattina è uscita dal microfono posto davanti al monumento alle vittime civili di Tricesimo, quando quel microfono è stato affidato al futuro.

Parole…parole di ragazzi di terza media che, partendo dalla poesia che incollo sotto tratta da “Pagine Corsare” di Pier Paolo Pasolini mi hanno fatto ascoltare riflessioni che mai altri mi avevano regalato in nessuna delle tante commemorazioni della Liberazione alle quali ho partecipato (non me ne voglia Orazio di Camposanto ma sempre qualcosa sposta un po' più in là il confine del sentire) E sono tante, la prima era a Parma, 50 anni fa . Avevo 7 anni, non capivo il perché ero lì ma mio padre col vestito della domenica e il fazzoletto rosso nel taschino era un buon motivo per fare festa e cantare "Fischia il vento" con i grandi e la foto ingiallita di mio zio Luciano, morto deportato a 19 anni, concretizzava quella canzone. Adesso ne ho quasi 58, i ragazzi hanno cantato più volte Bella Ciao facendola loro anche se non ne conoscevano le origini (come non conoscevano le Mondine perché da queste parti c'erano le Portatrici Carniche) e sono qui aspettando una mail di una professoressa di Tricesimo. Con le sue colleghe ha fatto un ottimo lavoro: ha dato la parola a chi può portare nel domani i valori della Resistenza, e può farlo solo conoscendoli e interpretandoli per quanto oggi stanno alla nostra vita e non trascinando rancori del passato o riflessioni nostalgiche.

Partigiani Sempre è questo: passare il testimone a chi ha un campo di futuro, a me ne resta un fazzoletto (rubo l’immagine a un amico poeta di Sarajevo: Izet Sarajlic) e spero di essere sempre LIBERA di legarmelo al collo.



Di Pier Paolo Pasolini:



Così giunsi ai giorni della Resistenza

senza saperne nulla se non lo stile:

fu stile tutta luce, memorabile coscienza

di sole. Non poté mai sfiorire,

neanche per un istante, neanche quando

l'Europa tremò nella più morta vigilia.

Fuggimmo con le masserizie su un carro

da Casarsa a un villaggio perduto

tra rogge e viti: ed era pura luce.

Mio fratello partì, in un mattino muto

di marzo, su un treno, clandestino,

la pistola in un libro: ed era pura luce.

Visse a lungo sui monti, che albeggiavano

quasi paradisiaci nel tetro azzurrino

del piano friulano: ed era pura luce.

Nella soffitta del casolare mia madre

guardava sempre perdutamente quei monti,

già conscia del destino: ed era pura luce.

Coi pochi contadini intorno

vivevo una gloriosa vita di perseguitato

dagli atroci editti: ed era pura luce.

Venne il giorno della morte

e della libertà, il mondo martoriato

si riconobbe nuovo nella luce...

Quella luce era speranza di giustizia:

non sapevo quale: la Giustizia.

La luce è sempre uguale ad altra luce.

Poi variò: da luce diventò incerta alba,

un'alba che cresceva, si allargava

sopra i campi friulani, sulle rogge..

Illuminava i braccianti che lottavano.

Così l'alba nascente fu una luce

fuori dall'eternità dello stile...

Nella storia la giustizia fu coscienza

d'una umana divisione di ricchezza,

e la speranza ebbe nuova luce.

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