Stupri / 1 - Riflessioni sul ‘problema vero’ attraverso alcune delle migliaia di parole che sono giunte alla redazione di noidonne in queste ore: Lea Melandri, Bruna Baldassarre, Elena Valvo, AFFI, CIF...
Ribet Elena Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Gennaio 2009
Tra poche ore Leuca accoglierà l’Anfora per la Staffetta contro la violenza sulle Donne.
Intanto, in seguito ai recenti stupri, da destra e da sinistra, come osservano le donne dell’ UdiMacareSalento, sulla pelle delle donne si sprecano commenti che sottolineano la vera emergenza culturale.
È inutile continuare a fare finta che lo stupro non sia quello che è, cioè un delitto di genere. Ma cosa significa?
Tredici stupri al giorno nel 2007. Tre arrestati su quattro sono italiani, uno su venti è romeno. Ma nel caso di violenze sessuali più gravi, stupri e tentati stupri, appena il 5,3% delle vittime ha denunciato. Nel Rapporto sulla criminalità in Italia 2007, si può leggere, nella tabella sui Delitti denunciati e reati registrati dalle Forze di polizia (tassi per 100.000 abitanti), che i delitti relativi a VIOLENZE CARNALI/SESSUALI sono passati dall’1,5 nel 1994, al 4,1 nel 2000. Tra il 2004 e il 2006 il tasso è cresciuto dal 6,8 al 7,7!
Delitto di genere vuol dire allora, per usare le parole di Lea Melandri, che la violenza è fatta da uomini, in quanto tali, sulle donne, in quanto tali.
Le voci delle donne non possono restare ancora inascoltate. Giornali e televisioni ignorano il vero problema, nonostante siano moltissime le parole di indignazione nella ‘rete’, intesa sia come rete virtuale che come realtà concrete, fatte appunto di corpi, quali la rete femminista nazionale, i collettivi e le associazioni, i centri antiviolenza.
Eppure il vero problema è qui, sotto lo sguardo di tutti e di tutte. E noi donne continuiamo a parlarne, nonostante la rimozione dei fenomeni e la barbarie dilagante.
Ed è fondamentale riferire anche le parole dei pochi uomini che si interrogano sul fenomeno, come il gruppo maschile plurale, che già più di due anni fa produceva il documento “La violenza contro le donne ci riguarda: prendiamo la parola come uomini”.
Più recenti le parole del presidente della Provincia di Roma Nicola Zingaretti, che lo scorso 23 gennaio ha dichiarato: "Esprimo orrore e solidarietà verso le due nuove vittime di violenza, una ragazza e un ragazzo aggrediti questa notte a Guidonia. Credo più che mai che sia necessario mettere in campo una poderosa operazione di prevenzione insieme alla necessaria repressione che deve essere durissima e senza sconti. Credo che questi temi non debbano essere strumentalizzati dalla politica. La destra sbagliò a strumentalizzare l'omicidio Reggiani contro Veltroni. Ricordo che quando una violenza si verificava a Milano si dava la colpa a Prodi, se avveniva a Roma a Veltroni. Per contrastare simili fatti serve invece prevenzione, una rivolta culturale dei maschi, e la lotta ai 'non luoghi' della città nelle zone grigie e territoriali, attraverso il recupero delle aree degradate dove servono strutture e cultura. E' giusto punire i colpevoli ma è ancora più giusto e sacrosanto evitare che il delitto si compia".(Adnkronos)
Infine, ecco il problema vero, attraverso alcune delle migliaia di parole che sono giunte alla redazione di noidonne in queste ore.
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“ormai non passa giorno senza la notizia di uno stupro a Roma o in provincia.
Dire Basta! non basta più. Ne siamo consapevoli e lo abbiamo scritto. Perché non vogliamo né possiamo restare in silenzio in attesa che qualcosa accada.
Presidenza AFFI
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VIOLENZA E STUPRI: E’ URGENTE RECUPERARE VALORI E TENSIONE MORALE
Con orrore le donne del Centro Italiano Femminile apprendono del nuovo tragico episodio di violenza e stupro accaduto a Roma ai danni di una giovane coppia.
E’ chiaro che la vicenda non può essere semplicemente considerata uno dei tanti casi, poiché tali eventi si ripetono con inquietante frequenza nel nostro Paese e in particolare nella capitale.
E’ urgente che da una parte la politica tutta e dall’altra parte l’amministrazione comunale, esprimano con forza sdegno per quanto accaduto e mettano in atto provvedimenti esemplari per combattere una cultura abietta e violenta nei confronti delle donne che sembra crescere nella nostra società in modo estremamente pericoloso.
Non si può essere indifferenti a quanto accaduto, non si può sottovalutare il fenomeno. E’ necessario che il nostro Paese recuperi valori e tensione morale.
Centro Italiano Femminile
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Lettera aperta "Violenze a Roma".
Sono profondamente colpita e amareggiata da quanto sta accadendo in questi giorni nella nostra città e non solo (come ben sappiamo la violenza più frequente contro di noi è purtroppo all'interno della stessa famiglia e non parliamo poi di cosa accade nel mondo...). […] L'anno è iniziato male con la violenza carnale del 31/12/08 alla Fiera di Roma e mi sembra il giorno dopo con un'altra violenza (carnale) nei pressi di Roma, fino a quella di Primavalle e quella di Guidonia. Altri episodi di inaudita, efferata violenza erano accaduti (sig.ra Reggiani, coniugi olandesi) e sembrava che sarebbero stati presi provvedimenti tali da scongiurare il ripetersi di episodi tanto gravi. Eravamo con un sindaco di "sinistra" ed ora con un sindaco di "destra", che ha vinto le elezioni con lo spauracchio della sicurezza, ma è di tutta evidenza che gli episodi si vanno ripetendo con una frequenza a dir poco preoccupante. Già 4 episodi da inizio anno (se ho tenuto bene questa triste contabilità ) e siamo solo al 23 gennaio!” […]
Elena Valvo
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La violenza che si fa e non si dice da http://www.aprileonline.info
Tutti quelli che si sono affrettati a commentare con sdegno l’uscita di
Berlusconi su stupri e misure di sicurezza –“ci vorrebbero tanti soldati
quante sono le belle donne- sembrano dimenticare o far finta di non
sapere che in questa, come in altre volgari, irresponsabili ‘battute’
del presidente del consiglio, si esprime quel sentire comune, largamente
diffuso, quanto meno tra gli italiani (e sicuramente anche tante
italiane), che gli ha creato finora un indiscusso –e altrimenti
inspiegabile- consenso. La sua sfrontatezza e impunità è evidentemente
liberatoria per tutto ciò che si pensa, si fa, e ipocritamente non si
dice. Bisogna allora riconoscergli, in questo caso, di aver portato allo
scoperto, col suo ‘maschilismo da bar’ –l’attribuzione alle donne della
provocazione sessuale- l’aspetto più evidente e paradossalmente più
rimosso dell’aggressione che ha per oggetto il corpo femminile, e cioè che la violenza è fatta da uomini, in quanto tali, per cui ogni
tentativo di stornarla su problemi di sicurezza e immigrazione, è
vergognosamente falso. Se ci indigna che esca dalla bocca di una delle
più alte cariche delle stato il pregiudizio antico su cui ancora si
regge il dominio maschile –che le donne sono o ‘madri’ o ‘puttane’-, non
di meno dovrebbe risultarci intollerabile che l’intera classe politica
di questo paese, i suoi organi di informazione, i suoi ceti
intellettuali, i suoi professionisti della cultura, nonostante siano
stati resi pubblici ormai da anni dati numericamente impressionanti
sulla violenza domestica – che si tratti di stupri, omicidi o
maltrattamenti-, nonostante le manifestazioni, gli scritti, le prese di
posizione di gran parte del femminismo italiano, ancora abbiano
l’arroganza ipocrita di parlare d’altro, di mascherare una verità che è
sotto gli occhi di tutti. Tor di Quinto non ha insegnato nulla, la
parola ‘sessismo’ non entra nel lessico politico né della destra né
della sinistra, del maschio che aggredisce, stupra e uccide, non è il
sesso che conta ma l’appartenenza etnica, la patologia, lo statuto della
trasgressione o della delinquenza. Si spinge l’attenzione pubblica a
tener fermo lo sguardo su strade, città, campagne, ad accanirsi
inutilmente su opzioni sicuritarie di cui si sa già l’inefficienza,
perché a nessuno venga in mente di farsi le domande più razionali e più
semplici: perché gli uomini uccidono? Perché il luogo primo della
violenza maschile, anche di quella che si manifesta all’esterno delle
mura domestiche, è la famiglia? Quanto conta l’ambiguo ‘potenza’ e
‘seduzione’ che viene attribuita ai corpi femminili che partoriscono,
alimentano, curano figli, mariti, fratelli, nel perdurare di una
‘virilità’ confusa col potere, col controllo, o con l’aggressione?
Quanto contribuisce a mantenere l’ignoranza del rapporto tra i sessi una
scuola che ignora corpi, sentimenti, pulsioni, sogni e incubi ereditati
dall’infanzia, dai primi rapporti col mondo adulto, con la cultura
dominante? I movimenti che quarant’anni fa hanno provato ad avviare
processi formativi e pratiche di una politica capace di ‘andare alle
radici dell’umano’, partendo dalla famiglia e dagli asili, sono stati
cancellati persino dalla memoria della sinistra, moderata e
‘rivoluzionaria’, e non c’è da meravigliarsi che sia oggi la maggioranza
al governo a ricordarsene e a tentare di eliminarne persino le tracce.
Il fatto che Berlusconi abbia associato lo stupro alla bellezza, ben
sapendo che purtroppo la violenza sessista non ha queste premeditazioni
estetiche, è un lapsus a cui si può dare una spiegazione. La cultura di
massa, volgare e sbracata come le sue esternazioni, passa attraverso uno
schermo televisivo che elargisce anatomie femminili in abbondanza e a
ritmo continuo, corpi esposti, offerti, sia pure virtualmente. Offerti a
che cosa? Al desiderio maschile, all’invidia femminile, all’imitazione o
anche, perché no, al possesso violento, a odi nascosti, inconsapevoli,
di quelli che vediamo ‘normalmente’ come teneri figli, padri, amanti,
mariti? Alcuni giorni fa, non ricordo più su quale delle reti di
Mediaset, in un grazioso salottino di composte signore e signori si
giocava a uno strano indovinello: su uno schermo passavano culi, tette e
labbra e i presenti dovevano indovinare a chi appartenevano. Per essere
riconosciuti si dava per scontato che questi frammenti anatomici fossero
stati più volte esposti, sottolineati dallo stesso sguardo voyeuristico
come parti per l’intero. Perché un bambino, bersagliato da corpi
femminile ammiccanti non dovrebbe crescere con l’idea che le donne sono
essenzialmente corpo e non persone, oggetti da comprare, consumare come
le merci con cui vengono identificate? La barbarie del violentatore,
dell’assassino di donne, è la stessa che le ha espulse dalla vita
pubblica, che ancora le tiene lontane dai luoghi in cui si pensa, si
discute e si decide sulla comune convivenza, che le vuole madri o
seduttrici o comunque subalterne al sapere e ai linguaggi dell’unico
sesso che si è fatto protagonista della storia. L’emancipazione
femminile purtroppo oggi parla quasi esclusivamente al ‘neutro’, attenta
a quelle “oscure carriere”, di cui già si rammaricava Virginia Woolf
all’inizio del ‘900, o costretta, quando ha opinioni proprie, a
sopportarne la marginalità, l’insignificanza pubblica.
Conforta il pensiero che il movimento delle donne, sempre dato per
morto, continuerà ad avere sussulti, irruzioni improvvise, finchè il
sessismo non sarà riconosciuto come tale.
Lea Melandri
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Violenza: quale giudizio?
La violenza, un tema purtroppo attualissimo e datato. Ci si addolora sempre per queste brutture e si comprendono con amarezza le parole del padre della ragazza violentata la notte di Capodanno, perché è sempre più difficile immedesimarsi nella parte di chi ha subito tali brutalità.
Quando gli esseri umani non riescono ad interpretare la Legge, ma si attengono alla pedissequa applicazione della stessa, per poter riscattare la dignità di tutti è forse arrivato il momento di modificare qualcosa. Esistono delle Comunità per tossicodipendenti ed è lì che un ragazzo drogato forse potrebbe finire in attesa di processo, e non a casa, come uno scolaretto dopo una semplice nota di demerito per cattiva condotta. Qui si tratta della vita, di preservare l’Io della persona. Quando si parla di Io si parla di coscienza e di valori culturali, etici delle persone e di una società.
Da chi giudica a chi non vuole giudicare, come il noto cantautore Gino Paoli, chiamato a rispondere sul tema della pedofilia. Comprensibile la reazione delle donne e della Commissione parlamentare per l’infanzia, nonostante il talento dell’artista. Molti cantautori italiani hanno parlato della violenza, della guerra, della devianza: l’arte è avanguardia, e per sua natura, anche trasgressiva. Forse cantare questo tema esecrabile è voluto per svegliare la coscienza della gente? Al di là delle descrizioni surreali (nessuna bambina concluderebbe un assalto con una carezza), delle motivazioni inconsce o delle esigenze artistiche che hanno spinto Paoli a comporre “Il pettirosso”, ora sembra imporsi l’esigenza di schieramento rispetto al senso del messaggio. Forse è giunto il momento di parlare seriamente di cosa sia bene o male per l’infanzia, perché distinguere il bene dal male permette al bambino di diventare un adulto sano. Intanto sarebbe utile parlare a largo spettro di programmi preventivi e protettivi del minore: giochi, TV, cultura, perché stimoli spesso inadeguati sono tra i maggiori responsabili di un’infanzia negata.
Prima del bambino è l’adulto che sceglie la gerarchia di valori che dovrà essere seguita nella propria vita, nella famiglia, nella società.
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