Venerdi, 07/10/2011 - IL comitato norvegese ha assegnato il premio Nobel per la pace 2011 a tre donne: Ellen Johnson Sirleaf, presidentessa della Liberia, Leymah Gbowee, avvocato liberiana e Tawakkul Karman attivista yemenita. La motivazione recita: "Per la loro lotta non violenta a favore della sicurezza delle donne e dei loro diritti verso una partecipazione piena al processo di costruzione della pace" ma da Oslo hanno anche ricordato che “non possiamo raggiungere la democrazia e una forma di pace duratura nel mondo se le donne non possono ottenere le stesse opportunità degli uomini nell’influenzare lo sviluppo della società a tutti i suoi livelli”.
Ellen Johnson Sirleaf, è attuale presidente della Liberia e prima donna a rivestire questo incarico nel continente africano; si è impegnata per lo sviluppo del suo paese e per i diritti delle donne. E' ricandidata alle prossime elezioni in Liberia che si svolgeranno la prossima settimana. Eletta nel 2006 dopo aver battuto alle presidenziali la star del calcio George Weah Johnson-Sirleaf ha settantadue anni, quattro figli e otto nipoti. Economista formatasi ad Harvard, già ministro delle Finanze dei presidenti William Tubman e William Tolbert negli anni '60 e '80, paladina dei diritti umani del suo popolo (ha collaborato anche alle campagne internazionali di Emma Bonino) e con un passato all'Onu e e la Banca Mondiale ha da subito messo al centro della sua azione governativa “la pace e la sicurezza”. Parole magiche in un paese in gran parte distrutto, senza strade, senza elettricità, telefoni nè una rete idrica adeguata. Un paese dove resta drammatico il problema del reinserimento nella vita civile dei combattenti delle milizie contrapposte e dei tanti bambini rapiti dai signori della guerra e trasformati in feroci guerriglieri. Fin dalla sua elezione ha avviato una campagna di sforzi presso le istituzioni finanziarie internazionali per attirare investimenti per la ricostruzione della Liberia.
E’ liberiana anche Leymah Gbowee, attivista pacifista che ha lavorato a lungo con le donne dei differenti gruppi etnici e religiosi della regione per la pace. Si è battuta anche per il diritto di voto alle donne e per aumentare il peso e l’influenza delle donne in molte aree dell’Africa Occidentale. Gbowee è leader del movimento pacifista Women of Liberia Mass Action for Peace e di altre organizzazioni di donne e ha contribuito a mettere fine alla guerra civile in Liberia nel 2003, aprendo la strada all'elezioni della prima donna presidente di un Paese africano, Ellen Johnson Sirleaf, che oggi ha ricevuto lo stesso prestigioso riconoscimento. Nel 2002 cominciò la sua lotta non violenta alla guerra invitando le donne a pregare e a cantare per la pace, vestite di bianco. Il suo movimento diventò sempre più ampio, fino a costringere l'ex presidente Charles Taylor (anche grazie allo "sciopero del sesso" delle donne liberiane) ad includerlo nei negoziati di pace in Ghana, dove Gbowee guidò la sua delegazione. Operatore sociale e madre di sei figli, Gbowee ha sempre lavorato per il recupero degli ex bambini soldato dell'esercito di Taylor. "Niente dovrebbe spingere la gente a fare quello che hanno fatto ai bambini della Liberia", drogati e fatti diventare macchine da guerra, ha spiegato lei stessa in un documentario 'Pray the devil back to hell' del 2008. Gbowee ha preso parte nella Commissione verità e riconciliazione della Liberia.
Tawakkul Karman è un’attivista, che si è impegnata e che abbiamo imparato a conoscere nel corso della Primavera Araba nello Yemen. Si batte per i diritti delle donne nel suo paese, e per la pace e la democrazia. Lo scorso gennaio era stata arrestata con l’accusa di propaganda contro il governo durante i gravi conflitti sociali e politici che scuotono lo Yemen. Liberata dopo due settimane e, intervistata dalla CNN, confermò l’impegno contro il regime del presidente Ali Abdullah Saleh. "Dedico questo premio Nobel ai giovani della 'Primavera araba', e in particolare ai giovani rivoluzionari dello Yemen". Questo quanto affermato da Tawakkul Karman. Intervistata telefonicamente dalla tv araba 'al-Jazeerà la attivista ha spiegato: "La mia battaglia è in favore della democrazia nel mio paese e altrove, per questo premio oggi è felice tutto il popolo yemenita, perché tutto il mondo può ascoltare la voce dei giovani yemeniti che chiedono dignità e giustizia sociale". Secondo la Karman "la protesta pacifica è l'unica via per combattere le dittatura ed è quello che vogliamo fare".
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UN NOBEL "DELLA" PACE
di Giancarla Codrignani
Vorrei che memorizzassimo la motivazione: Ellen Johnson Sirleaf, Leymah Gbowee e Tawakkul Karman hanno ricevuto il "Nobel per la pace 2011" <<per la loro lotta nonviolenta.... a favore del processo di costruzione della pace>>. Presidente rieletta della repubblica liberiana la prima, avvocata pacifista (presiede un organizzazione femminile interafricana per la sicurezza e la pace) e promotrice dello sciopero del sesso che indusse il regime a chiamare le donne al tavolo delle trattative la seconda, giornalista islamica di un partito conservatore e fondatrice di "giornaliste senza catene" la terza (che ha già dedicato la nomination a tutti i "militanti della primavera araba") si segnalano per essere donne che, pur ristrette nell'ambito delle tradizioni maschili e maschiliste dei loro paesi, hanno fatto politica rendendola concretamente nuova per il rigore e il coraggio con cui hanno praticato (e non solo predicato) la nonviolenza e la pace.
Forse non è il "Nobel alle donne africane" che molte organizzazioni sostenevano, ma è davvero notevole il valore che esce da scelte non facili. Premi "per la pace" ne abbiamo visti molti, esemplari o discutibili; ma in genere si trattava di nobili (o meno nobili) negoziatori dietro i quali non c'era una seria attività di negazione di fatto della guerra. Le donne sanno comportarsi come gli uomini e, infatti, alcune partecipano alle azioni militari più violente; ma ai nostri giorni appare più chiaro alla logica femminile, anche a livello di responsabilità istituzionali e partitiche, che la violenza sperimentata nelle famiglie (Ellen non ha mai nascosto di aver subito maltrattamenti da parte del marito) produce disastri privati, ma è la stessa che rende insanabili i conflitti sociali e di potere e che si rivela non solo pura follia, ma spreco delle risorse dei popoli. La sapienza dolorosa delle donne produce una nuova cultura fatta di ostinazione: nel mondo che chiamiamo civile nonostante l'incapacità di controllare egoismi, istinti predatori, sete di potere, le donne restano ancora incapaci di accettare fino in fondo l'irrimediabilità della violenza, che conoscono fin troppo bene sul loro corpo.
E' un tempo straordinario, perché non siamo ancora omologate fino in fondo dal sistema che globalizza gli standard del modello unico gerarchico e competitivo. Ed è straordinario che siano "politiche" fino in fondo le storie di queste donne che ci diranno di sé a Stoccolma nei loro discorsi rituali, ma che rappresentano davvero una politica più "di genere" di quanto non sempre riusciamo a fare noi: impegnate "a favore della sicurezza delle donne e dei loro diritti", hanno tutte agito per il bene comune del loro paese, hanno praticato la resistenza a regimi dispotici, sono state incarcerate, ritenute traditrici, ma anche sostenute dai loro popolo, soprattutto delle donne, senza arrendersi. La Liberia ha subito una guerra civile durata quattordici anni che ha prodotto 250.000 morti (i liberiani sono circa quattro milioni) ed Ellen (master in economia ad Harvard: non dimentichiamo che non conosciamo assolutamente la realtà dei paesi che chiamiamo in via di sviluppo e in cui emergono donne dotate di grandi competenze) è riuscita a guidare il paese fuori dalle rovine. Probabilmente ai poteri costituiti (e a molti uomini anche dei loro partiti) darà fastidio questo riconoscimento e sono prevedibili le accuse di cedimento all'Occidente, di trasgressione, di tradimento. Ma quelle parole: nonviolenza e pace restano a segnare obiettivi perseguiti con coerenza. Un esempio anche per noi. Donne e uomini.
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