Teatri d’Opera - I tagli alla cultura e all’arte musicale comporteranno l’oblio di una tradizione tutta italiana. Intervista a Lorella Pieralli
Zomparelli Ivana Lunedi, 06/09/2010 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Settembre 2010
“È un dato di fatto che i governi di centro destra stiano definanziando da tempo la cultura, e abbiano ormai messo in atto un completo disimpegno. L’obiettivo è di togliere il finanziamento pubblico e devolvere tutto ai faccendieri. Ma bisogna anche dire che le premesse erano state già poste dalla legge Veltroni, nel ’97. Per malinteso riformismo, volendo alleggerire il peso allo Stato, quella legge ha aperto la strada ai privati”. A parlare è Lorella Pieralli, mezzosoprano, corista del Teatro dell’Opera di Roma. Emiliana, dotata di presenza pregnante e voce potente, è segretaria provinciale del sindacato autonomo Fials, che rappresenta i lavoratori dei Teatri d’Opera, molto seguito soprattutto nella categoria dei musicisti, orchestrali, coristi e corpi di ballo. Il definanziamento è tanto grave che potrebbe portare alla chiusura dei Teatri d’Opera.
Una prospettiva così drastica, cosa comporterebbe? “La trasformazione di questi spazi prestigiosi in contenitori vuoti, dove poi immetterebbero produzioni confezionate altrove, sicuramente a basso prezzo. Non più un repertorio dal vivo, ma show televisivi dove si vedrebbe tutto fuorché l’arte musicale italiana. Questo significherebbe non solo abbassare la qualità e licenziare artisti e tecnici, ma significherebbe non fare proprio più l’opera, perché siamo noi, che peraltro sosteniamo concorsi internazionali molto difficili e selettivi, i garanti della prassi esecutiva del repertorio. Siamo noi il patrimonio culturale, i depositari di quel sapere professionale che è maturato in anni di esercizio artistico sul campo, cioè davanti al pubblico”. Qual è la vostra reazione a questa situazione? “Come spettacolo dal vivo in generale, ci siamo opposti in tutti i modi. Abbiamo fatto lotte che si sono molto sentite, qui al Teatro dell’Opera di Roma, a Santa Cecilia, al San Carlo di Napoli, alla Scala, al Carlo Felice di Genova, alla Fenice di Venezia, al Verdi di Trieste, al Massimo di Palermo, insomma un po’ dappertutto. E non ci fermeremo, anzi faremo arrivare la nostra protesta anche fuori dall’Italia. Io sono molto orientata a chiedere un intervento europeo contro il disegno in atto di distruzione del nostro patrimonio culturale”. Qual è stato il ruolo dei Soprintendenti in questa crisi? “I soprintendenti andrebbero cacciati via. Tutti, nessuno escluso. Hanno sfasciato i nostri teatri facendo buchi di bilancio vertiginosi in combutta con le agenzie. Sono degli incompetenti. Infatti non è che vengano sottoposti a concorso per diventare soprintendenti, mentre io per fare la cantante ho dovuto farlo”.
Un concorso che nel 1997 da emigrante al contrario, come si autodefinisce, l’ha portata a Roma dove comunque si è trovata bene e dove, oltretutto, può anche praticare con immenso divertimento il suo sport preferito, il golf, visto che qui i campi sono molto economici.
Prima faceva la corista al Comunale di Bologna, e prima ancora la sindacalista a tempo pieno nella CGIL, un lavoro iniziato per passione subito dopo le scuole superiori, e abbandonato alcuni anni dopo non solo per motivi di dissenso, ma soprattutto per la passione più grande del canto.
“Sono nata cantando, e non ho idea di me senza il canto. Poi con la preparazione e l’impegno è diventato anche il mio lavoro. Mi è sempre piaciuto lavorare in coro. Del resto, una branca importantissima della carriera musicale è proprio quella del corista professionista nei Teatri d’Opera, sebbene in Italia sia trascurata da tutti perché manca la cultura della coralità”.
Con quale stato d’animo lavorate in questo periodo? “In scena lo stato d’animo è inalterabile. Siamo artisti professionisti e teniamo a dare al pubblico sempre lo stesso standard di servizio, il più alto possibile. Grazie al talento, alla fortuna, alla preparazione, e a tanto sacrificio formativo, facciamo un lavoro che amiamo e ci rende felici. È la nostra vita”.
E nella vita di questa artista traboccante di energia, la musica prende anche forme giocose. Con l’oboe che ha suonato per diletto nel passato, con la tromba di cui è innamorata adesso, con i tamburi e la chitarra che adora da sempre. E poi ancora con il coro, ma un’altra prospettiva.
“Quest’anno ho iniziato a dirigere un coro amatoriale femminile alla Casa Internazionale delle Donne di Roma. Sta diventando un’impresa molto stimolante, anche sul piano professionale, con un bel gruppo coeso di donne meravigliose, che si divertono e hanno voglia di stare insieme”.
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