Sabato, 06/03/2010 - Serve poco per cambiare un punto di vista. Serve qualcuno che indichi, semplicemente, qualcosa che non stavamo guardando, o che racconti improvvisamente una storia.
Magari qualcuno fa un viaggio che poi diventa un'esperienza, indimenticabile, di quelle che aspettava dentro, da tanto, e che quindi cadono al momento giusto, quando si è pronti ad accogliere il segnale.
E il segnale dice: dai un senso a quello che hai visto, fa' che duri. Dopo, quando torni a casa.
Edoardo Marino è un viaggiatore che porta una storia al suo ritorno. Storie che sono trame. E bambini, e donne, e un popolo intero. Trame vissute.
Li ha visti, i bambini, dai 10 ai 12 anni, e altri, che non sanno nemmeno l'età che hanno.
Stanno chini sui telai, gli occhi spalancati, prigionieri sotto una tettoia che si infuoca al caldo torrido dell'estate.
Sono i piccoli artigiani che intrecciano i fili di quelle terre che chiamiamo Afghanistan, fingendo anche noi che sia un Paese unico e non un caos di gente costretta a una convivenza che non è appartenenza.
Intrecciano fili e fanno nodi, i bambini, ma non sono solo tappeti i loro manufatti. Sono strumenti di propaganda, sono storie illustrate di elicotteri e granate, di bandiere straniere imperanti, di colombe della pace che non portano pace, di torri gemelle attaccate da aerei.
Intrecciano trame di guerra, i bambini, i tappeti di guerra.
E sono orfani d'infanzia.
Non le ha conosciute le donne, Edoardo il viaggiatore, che pure sentiva vociare negli interni delle case afghane, perché quando entrava nelle stanze, invitato da un uomo - il padrone di casa - le donne non c'erano e quelle voci di un istante prima erano solo miraggi: gli echi intrappolati nelle mura domestiche di una metà del cielo che non conta nulla.
Aveva una donna come interprete in questo viaggio tra telai e case, nodi e divieti; una donna che non poteva salutarlo rispondendo alla sua stretta di mano, così, semplicemente, in pubblico, all'aria aperta, perché il cielo dell'Afghanistan – anche se azzurro – non è di tutti.
La legge legittima lo stupro nella vita familiare della gente, povera. Lo sapete?
I signori della guerra hanno fatto dell'Afghanistan una Raffineria di oppio. Lo sappiamo?
I tappeti, quelli che la gente usa per coprirsi, per stendersi sopra, i tappeti della vita comune e quotidiana sono manifesti di belligeranza, di intolleranza. Di ideologia. Non raccontano fiabe, non dicono più la tradizione millenaria di una popolazione nel tempo. Ci riguarda?
Qui, sulle trame, il tempo è scandito dalle invasioni e dalle guerre: 1989. 2002.
Sono i manifesti di una violenza senza fine. E sono i bambini a intrecciarne i fili, quei bambini che non sanno che età hanno, ma intrecciano i fili della Storia.
Un locale di San Lorenzo, un locale dove la gente di sera beve un bicchiere e stuzzica l'happy hour di moda. Un locale alle cui pareti pendono appesi da ieri sera, pezzi di Storia che sono le storie di bambini senza nome e anni, di donne chiuse nel silenzio, di un popolo privato del senso delle sue origini etniche.
Un libro raccoglie queste storie e le immagini di questi tappeti, stupendi. Arte povera.
In un locale di San Lorenzo, tra gente che studia, giovane, tra gente che viene da tante parti del mondo, la Storia silenziosa, quella vera, ha i suoi manifesti, di fili e di nodi, appesa.
Se entrate sentirete – è rimasta – la voce di Edoardo che, tappeto per tappeto, racconta come a volte basta un viaggio per capire davvero il senso di ciò che serve, il senso da riportare a casa e decidere di dedicarsi a un progetto per liberarsi forse il cuore, forse. Dall'impotenza.
Il libro che ha voluto è lì tra gli scaffali delle pubblicazioni di Donne di carta. "Tappeti di guerra".
Edoardo Marino. Ginevra Bentivoglio (Gb EditoriA). Ginevra, un'editora fuori dal coro.
Ieri sera quando due persone libro dell'Associazione Donne di carta si sono alzate in piedi e hanno detto a memoria passi della Prefazione del libro, tutti, compreso Edoardo il viaggiatore, abbiamo ascoltato con la certezza che quel dono di voci non era per noi, riuniti un po' per caso nella sala, no, non era per noi, quel dono.
Andavano ben oltre quelle voci. Andavano sotto una tettoia, infuocata. Andavano dentro le mura senza voce delle case, dove le donne non esistono.
La Mostra rimane a disposizione all'interno delle due sale del Tuma's per una settimana.
Poi i tappeti, come tradizione merita, prenderanno il volo.
Altre tappe: il 14 marzo nella sede di Gb EditoriA (vicolo Savelli 9 - piazza Navona), nello scenario di una manifestazione di protesta e di conferma dei diritti umani. Dalle ore 18.00: Italia, Afghanistan, Iran insieme.
Poi ancora più in là, fuori delle mura romane.
Perché così, almeno, su questi tappeti, quei bambini senza età e quelle voci di donne potranno vedere il mondo.
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