UDI nazionale - Intervista a Stefania Guglielmi, avvocata di Ferrara nell’Udi dal 2003. Autrice, insieme a Milena Carone, della proposta di legge 50E50
Colanicchia Ingrid Mercoledi, 08/04/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Aprile 2009
Intervista a Stefania Guglielmi
In occasione del passaggio della Staffetta a Roma, l’Udi nazionale ha organizzato il Convegno “Simboli e diritto: cambiamo le regole”. Qual è la riflessione da cui siete partite?
Dal 25 novembre scorso l’Italia è attraversata da un evento simbolico importante: la Staffetta di donne contro la violenza. La grandezza di questa idea è resa chiara dal numero impressionante di donne e associazioni di donne che, a conferma della necessità di rendersi protagoniste del cambiamento culturale, hanno dato la propria adesione e che contribuiscono, con la propria creatività, intelligenza e libertà, a lasciare il segno del passaggio. È sul percorso dell’anfora che si colloca il Convegno del 12 marzo scorso, pensato come un momento di fusione e sintesi dei significati della Staffetta con la riflessione sul diritto: a dimostrare che simboli e diritto non sono né concetti né temi separabili ma, all’opposto, si collocano sullo stesso piano, entrambi equamente responsabili della cultura nella quale viviamo e della quale la violenza sulle donne si nutre. Il Convegno stesso è stato organizzato come la Staffetta: dopo l’apertura dell’Udi, che l’ha pensato e organizzato, la parola è stata lasciata alle altre donne, rappresentanti di Istituzioni o di Associazioni di donne, affinché la riflessione fosse il frutto di un lavoro corale.
L’Udi ha richiamato più volte l’attenzione sulla necessità di rivedere la nostra legislazione permeata dal concetto di donna quale soggetto da tutelare. Perché? Quali sono le conseguenze di questa impostazione?
Questa impostazione, tipica degli ordinamenti patriarcali repressivi – non per niente la tutela del lavoro delle donne e dei fanciulli risale all’inizio del XX secolo e trova la massima espressione in epoca corporativa – è stata in Italia teoricamente superata dalla legislazione sulla parità, prima, e sulle pari opportunità, poi, estendendosi dal rapporto di lavoro ad altri contesti del vivere sociale. A ben vedere, però, anche la più recente normativa rivela una filosofia protettiva soprattutto in sede applicativa, laddove cioè viene interpretata e vissuta come legge per le donne o, addirittura, a favore delle donne. L’effetto che ne consegue è, infatti, il consolidamento dello squilibrio, nel senso che la c.d. ‘legislazione sulle donne’ è frutto di un’azione politica che non nasce dagli uomini e dalle donne ma nasce dagli uomini e si rivolge alle donne. Ogni legge che poggerà su tale vizio d’origine sarà, di conseguenza, una legge poco efficace ai fini di un vero cambiamento. È chiaro, pertanto, che questo ragionamento si intreccia con il 50E50, ovvero l’altra nostra grande campagna per la presenza paritaria di donne e uomini nelle assemblee legislative e, in generale, nei luoghi in cui si decide. Solo se le leggi nasceranno da donne e uomini in egual misura, infatti, potranno dirsi leggi di tutte e tutti a favore di tutte e tutti.
Analizzando il tema della violenza sessuata ci si rende conto di come sia frutto di un intreccio culturale, giuridico, politico, religioso. Quali mosse consideri più urgenti?
In una società democratica la politica dovrebbe tradurre in diritto la cultura proveniente dalla società. Se così fosse, oggi avremmo un diritto laico basato sull’autodeterminazione delle donne e degli uomini. Ma è ben noto che così non è. Assistiamo, infatti, soprattutto negli ultimi anni, ad un utilizzo strumentale, da parte della politica, di una presunta tradizione culturale cristiana al fine di chiudere sempre più la società in nome di una esacerbata difesa di valori e principi che non provengono dalle donne e dagli uomini ma sono imposti da chi ambisce alla conservazione del potere. Di questo clima si alimenta la cultura sessista e violenta di cui è intrisa questa società e che trova espressione, in primo luogo, nella vergognosa rappresentazione mediatica della donna, nella bassissima presenza delle donne nei luoghi decisionali, sia politici sia economici, e nella costante sottoretribuzione delle donne nei luoghi di lavoro. La nostra azione credo debba andare diritta ai poteri politici, poiché solo da lì può provenire l’impulso decisivo ed efficace per combattere ogni forma di violenza sessuata. Solo quando l’annientamento della violenza alle donne sarà posto al vertice dell’agenda politica di tutti i partiti e solo quando la classe politica assumerà seriamente la responsabilità della violenza di genere - invece di limitarsi a proporre un aggravamento delle pene, dando rilievo alle sole violenze commesse dagli immigrati - potremo confidare in un vero cambiamento della società tutta.
La Staffetta continua…
La Staffetta di donne contro la violenza, dopo aver lasciato il Lazio - dove si è fermata per un mese -, il 28 marzo è arrivata in Abruzzo. Qui resterà fino al 4 aprile quando l’Umbria, con la città di Gubbio, raccoglierà il testimone con un Tavola rotonda e uno spettacolo teatrale dell’autrice e regista Laura Masielli. L’8 aprile l’Anfora passerà a Spoleto prima di partire alla volta delle Marche. Per saperne di più sul programma delle iniziative consultate il nuovo sito www.staffettaudi.org.
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