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Tra pasta e labbra a canotto

Tra pasta e labbra a canotto

Idee -

Iori Catia Lunedi, 12/04/2010 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Aprile 2010

Ho letto da qualche parte tornando da Londra che in Italia essere donne è dolore, pasta, maternità e banche chiuse. Non so perché ma l’affermazione così stentorea, tipicamente british, mi ha folgorata. Io, da italiana, vedo più donne nude sulle copertine dei giornali, più teen agers che aspirano a diventare ballerine o showgirl. Comunque la si guardi, non è un bel vedere. E la cosa più assurda è che anche le parlamentari, le giornaliste più quotate ed intelligenti cercano di assomigliare a pin up evergreen. Credo che non ci sia niente di male a sentirsi bene nella propria pelle, ma da qui a rifarsi le labbra, atteggiarsi a dive e tentare di mostrare vent’anni di meno ce ne passa. Di donne che valgono ce ne sono, però l’unico modello davvero vincente proposto dalla tv sono le veline. La nostra classe politica, come gran parte del management di punta economico finanziario è vecchio, di età e di testa e non si rende conto del costo sociale che deriva dal mettere da parte metà delle potenziali risorse di un paese. Bellezza, casa e lavoro: una grande trappola da cui facciamo fatica a stare fuori. Il vero problema, come diceva qualche tempo fa Chiara Saraceno, è che i guardiani del potere vero sono ancora uomini e le donne sono costrette ad adeguarsi. Siamo un Paese che si riempie la bocca di paroloni sulla dignità femminile, sull’intelletto delle donne, su commissioni e pari opportunità ma senza risultati concreti. Detto questo, le donne si dividono in tre categorie: quelle affaticate e spettinate perché non aiutate dalle istituzioni, quelle “fisicate” che facendo foto o mostrando il gluteo guadagnano di più che con una laurea e un calvario di contratti a termine e le cosiddette donne con gli attributi che non hanno il coraggio di tirarsi fuori dalle cordate, temendo di perdere qualcosa. Forse l’identità, forse la carriera. Insomma qualcosa di loro stesse. Serve qualcosa di diverso. Perché i giornali non cominciano a parlare di storie di donne interessanti? Secondo me venderebbero alcune decine di copie in più.



(12 aprile 2010)

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