Kabul/ Aspettando le elezioni - Delegazione delle deputate italiane in Afghanistan: la democrazia non si esporta, si costruisce
Conti Viola Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Giugno 2005
Il rapimento di Clementina Cantoni, (ancora ostaggio dei rapitori al momento in cui qui si scrive, ndr) volontaria italiana dell’organizzazione Care International, ong presente a Kabul, attiva nella ricostruzione del paese, ha destato preoccupazione e sgomento nella Comunità Internazionale e gettato un’ombra sul processo di democratizzazione di un Paese ancora insicuro come l’Afghanistan. Il Governo filo-americano di Hamid Karzai è ancora troppo fragile ed incapace di risolvere il problema della criminalità e dei fondamentalismi da parte dei gruppi religiosi e conservatori del Paese che influenzano negativamente l’avanzamento dello stato di diritto e delle libertà civili. Uno spiraglio di luce, nonostante il clima di paura e di incertezza, si è aperto grazie al fermento presente nella società civile, soprattutto delle donne, in vista delle prossime elezioni politiche di settembre. Le organizzazioni afghane più rappresentative come Rawa, costituita da donne che lottano per una maggiore rappresentatività nella politica e nella società civile, chiedono il sostegno della comunità Internazionale e si rivolgono al mondo alla ricerca di solidarietà e aiuto per non arrendersi alle intimidazioni e alla violenza di quella casta politica che teme l’egemonia dell’Occidente e dei suoi valori. L’Afghanistan è ancora terra di soprusi, dove alle donne non è permesso di uscire liberamente per le strade senza correre rischi. Ne è la prova l’uccisione di Shaima Rezayee giovane conduttrice di un programma musicale sullo stile del canale televisivo Mtv, giudicata “scandalosa” e “antislamica”. La strada dell’emancipazione femminile è lunga e tutta in salita. C’è però la volontà da parte delle donne di non arrendersi, di reagire e farsi spazio nella società per farsi vedere, uscire dall’emarginazione ed esprimere le proprie opinioni. La recente missione a Kabul promossa dal Gruppo di contatto in favore delle donne afghane, a cui hanno preso parte esponenti dei vari gruppi parlamentari è stata una testimonianza sul campo di quello che è lo stato generale del Paese e delle sue emergenze. La missione è stata voluta dalle deputate italiane che già nel 2002 avevano organizzato alla Camera una Conferenza internazionale sulle donne in Afghanistan, a cui avevano partecipato donne rappresentanti delle istituzioni e della società civile. Per la capogruppo, Paola Manzini (Ds), Questore della Camera, il viaggio a Kabul “è stato l’espressione concreta dell’impegno del Parlamento italiano per la riuscita delle prime elezioni del nuovo Parlamento afghano del prossimo settembre. Il Paese è insicuro e segnato da un tragico destino di guerra. La maggioranza delle donne vive ancora isolata senza ogni minima assistenza, molte muoiono di parto, molte sono analfabete. La scolarizzazione e l’assistenza sanitaria sono quindi le emergenze sulle quali siamo intervenute. Grazie infatti al contributo di solidarietà della Camera, due scuole femminili di Kabul sono state dotate di acqua potabile ed energia elettrica e reso più operativo l’ospedale di Herat. Il processo di ricostruzione può partire solo se sono garantiti i diritti ed erogati i servizi essenziali alla persona. I segnali positivi per la democratizzazione del Paese ci sono, molte donne candidate alle prossime elezioni sono consapevoli della propria missione in politica e nella società e ci chiedono sostegno, comprensione e rispetto delle loro radici e identità culturali. La democrazia non si esporta, ma si costruisce passo dopo passo. Vedere donne senza il burqua manifestare pubblicamente con cartelli per la liberazione della volontaria italiana è già di per sé un forte segnale.” Opinione condivisa da Elettra Deiana (PRC), che sottolinea la forza vitale delle donne che sono maggiormente impegnate nella società civile, avendo maggiori responsabilità nella vita quotidiana e maggiori aspettative nel futuro. “C’è una élite attiva in Afghanistan costituita da donne che lavorano nelle istituzioni, nelle scuole, nelle università, nei media con cui abbiamo aperto un dialogo e che sono candidate alle prossime elezioni. Purtroppo l’Afghanistan è ancora un Paese di forti contraddizioni: se da un lato adesso vi è una Costituzione che prevede la presenza femminile in politica con quote pari al 25%, dall’altro non vi è accesso alla giustizia e vige sempre la sharia che condanna le donne alla subalternità rispetto alla comunità maschile. Le donne sono spesso la merce di scambio fra le liti fra uomini, il numero delle bambine che frequentano le scuole è nettamente inferiore a quello dei coetanei maschi. Ci sono inoltre i problemi endemici del Paese, quali il narcotraffico e la situazione economico-sociale drammatica, che non fanno altro che rendere più difficile il processo di stabilizzazione e pacificazione”. Ne è convinta anche Luana Zanella (Verdi): “i signori della guerra non si sono arresi e la stessa Kabul, presidiata dalle forze militari Nato, è scenario di attentati, omicidi, rapimenti. Kabul poi è una città che si sta allargando dove sono in atto speculazioni edilizie da parte dei mullah, che hanno il controllo nella società e in politica. Le prossime elezioni politiche rappresentano la speranza, la voglia di ricominciare dopo il regime talebano. Per le donne sono un’occasione da non perdere, per mostrarsi al mondo e far valere i propri diritti. Ecco perché sono così importanti per un Paese che necessita di ‘costruire’ la democrazia”.
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