Mercoledi, 21/10/2020 - Mai come quest’anno “Alice nella Città” offre ritratti indimenticabili di personaggi al femminile (e non solo), reali o immaginari, che evidenziano caratteristiche differenti ed uniche, tratteggiati con umanità, poesia ed originalità in altrettante opere.
Con l’opera prima al lungometraggio del regista Nicolangelo Gelormini, “Fortuna”, ci troviamo catapultati nell’orrore della cronaca - la storia vera della piccola Nancy (la piccola attrice Cristina Magnotti), cresciuta in un quartiere disagiato della periferia napoletana e soggetta a ripetuti abusi con un finale tragico nel 2016 - attraverso una scelta estetica e narrativa ellittica, che fa capire senza vedere, intuire la violenza attraverso i silenzi e gli incubi della bambina, schiacciata fra una madre distratta e una psicoterapeuta (Valeria Golino nella parte) che a stenta ad entrare nel vivo del problema. Sono i compagni di gioco della bambina a soprannominarla Fortuna ma il segreto inconfessabile che la bambina porta con sé rivelerà un mondo nero di adulti senz’anima. “A stento si trattengono le lacrime giungendo alla fine del film - afferma Eliana Ariola, membro della commissione nazionale valutazione - Non perché si assista a immagini disturbanti, anzi, il regista con delicatezza accenna ma non mostra, dirotta altrove la macchina da presa. È quel non detto, quel dolore misto all’orrore che si annida nelle zone buie del racconto, che rende tutto difficile, soffocante, intollerabile”.
Altri film del concorso ci portano invece in mondi immaginari, ma non per questo elementari o di ‘facile approccio’: pensiamo a “Wendy”,(trailer) ultimo film del regista newyorkese Benh Zeitlin (già noto per “Re della Terra Selvaggia”), storia di Peter Pan rivisitata in veste caraibica, dove Wendy è l’elemento femminile determinante, costruttivo, generativo che conduce i bimbi perduti all’Isola che non c’è (da una madre subacquea) e li riconduce a casa dalla vera madre in carne ed ossa, dopo esperienze di formazione che hanno condotto tutti verso il mondo adulto, sottolineando l'importanza di non perdere i propri sogni per non invecchiare precocemente.
Nel film “Slalom” di Charlène Favier, interpretato da Jérémie Renier Noée Abita, è messa in luce la forza dello sport come mezzo per indagare il mondo delle pulsioni, spesso tenuto nascosto, che mostra tutte le ambivalenze e le ambiguità dei contesti adulti, mentre l’opera “Nadia, Butterfly” lascia emergere la necessità, ad un certo punto della vita, di abbandonare le richieste sociali e gli obblighi familiari, per diventare artefici del proprio destino. Di nuovo l’eplorazione del ‘corpo’ nell’adolescente assume un significato fondamentale, spesso rimosso del nostro cinema, che sembra talvolta inibito a raccontare l’innocenza e il turbamento della pubertà.
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