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Torino / Perfetto Tannhäuser  - di Mirella Caveggia

Torino / Perfetto Tannhäuser - di Mirella Caveggia

Un Tannhäuser perfetto senza artifizi scenici al Teatro Regio di Torino

Lunedi, 22/03/2010 - Mentre alla Scala di Milano la Fura dels Baus, famoso gruppo teatrale catalano, offriva uno dei suoi tempestosi e controversi allestimenti ispirato al Tannhäuser di Wagner, una bella iniziativa del Teatro Regio di Torino ha proposto con la propria Orchestra e il suo Coro lo stesso melodramma in forma di concerto, prescindendo dalla cornice scenica, dalle luci e dai costumi. Il trionfo, tributato con entusiasmo in un teatro esaurito al direttore russo Semyon Bychkov e ai cantanti, un cast specializzato di altissima qualità, ha provato che qualche volta l’evento clamoroso, la spettacolarità, gli arredi e gli orpelli possono essere accantonati per fare emergere il fulgore di un capolavoro lasciando alla musica e alle voci il privilegio di sollevare un’emozione pura e che anche senza una messa in scena si può realizzare una fusione perfetta dell’azione drammatica con l’apparato sinfonico.

La celebre ouverture, che abbraccia i motivi principali dell’opera, introduce la vicenda ispirata ad antiche leggende della Germania cristiana. Ne è protagonista Tannhäuser, cavaliere e poeta. Irretito e trattenuto sul Monte di Venere dalla dea, il trovatore è combattuto fra l’amore carnale della divinità pagana e quello purissimo di Elisabetta, una giovinetta che offrirà la sua vita per redimere l’eroe incapace di sottrarsi all’abbraccio dei sensi e per questo definitivamente condannato alla pena eterna. Forte nella sua passione, libero nell’affermazione delle sue scelte, il potente eroe romantico dell’opera wagneriana, dopo la redenzione, sfiderà tutto, anche la negazione del perdono papale e la morte stessa. Lo ha impersonato il sudafricano Joahn Botha, un tenore dalla grande personalità. Elisabetta era Ricarda Merbeth, un soprano dalla voce calda e luminosa. A Venere ha prestato il suo timbro scuro il mezzo soprano Michaela Schuster, mentre il coreano Kwangchul Youn, voce affascinante di basso profondo, era il langravio di Turingia che impone al peccatore l’inutile pellegrinaggio di espiazione nella Roma papale.

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