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Torino / Il dramma di un uomo ... 'romantico'  - di Mirella Caveggia

Torino / Il dramma di un uomo ... 'romantico' - di Mirella Caveggia

Con un allestimento congiunto, il Teatro Stabile e il Teatro Regio di Torino presentano "Manfred" con una partitura verbale di Byron e una musicale di Schumann

Lunedi, 14/06/2010 - Non si può immaginare nulla di più aderente al romanticismo del dramma lirico “Manfred”, un intreccio complesso e quanto mai affascinante di parole, musica e canto.

Un uomo fatale, ribelle e tenebroso, dal volto pallido trasfigurato dalla passione e dal rimorso per una colpa inconfessabile; un’anima ribelle che rifiuta la salvezza; e sullo sfondo un paesaggio alpino sublime, abissale, terrificante. Se si aggiunge una partitura verbale di Byron e una musicale di Schumann il quadro romantico è completo.

Con un allestimento congiunto, il Teatro Stabile e il Teatro Regio di Torino hanno affrontato la difficilissima esecuzione di questo poema in musica con Valter Malosti interprete, Andrea De Rosa regista e Gianandrea Noseda alla direzione dell’orchestra e del coro del teatro Regio. Al loro fianco un gruppo di solisti (citiamo il soprano modenese Cristina Barbieri) e di attori (Marco Cavicchioli coprotagonista, Milvia Marigliano e Caterina d’Arienzo). La magnifica ouverture evoca il giovane protagonista che in completa solitudine si aggira nell’immensità di uno scenario di montagne lanciando come sfida alle divinità dei ghiacciai la confessione della colpa che lo opprime: l’amore incestuoso per la sorella Astarte il cui corpo giace sempre nudo e senza vita davanti ai suoi occhi. Schiantato dal rimorso per averne causato la morte, Manfred fra singhiozzi, scatti, invocazioni e sconforto evoca le potenze infernali e spiriti dei monti struggendosi in una vana ricerca dell’oblio che lo porterà alla propria distruzione.

Si può affermare che, anche se lievemente algido, sia ben riuscito questo nuovo allestimento di un dramma in musica raramente rappresentato per le difficoltà che presenta (lo aveva portato in scena Carmelo Bene nel 1979). Rimarrà in mente, sia per la raffinatezza della scenografia di Sergio Tramonti, sia per l’efficacia delle suggestioni scaturite dalla splendido accompagnamento musicale che rappresenta il vertice dell’ispirazione schumanniana, e soprattutto per l’ottima recitazione di Valter Malosti, che nel prorompere disordinato di istinti confusi si fa perfetto portatore di una maledizione distruttiva. Impeto, irrequietezza esuberanza in lui si alternano a momenti di tenero abbandono e di fluida eleganza. Più che l’arroganza e l’orgoglio smisurati del protagonista, l’attore sembra metterne in luce la fragilità e l’umana, trepidante vulnerabilità. Posto a confronto con un testo non facile (la traduzione è di Enzo Moscato) l’attore si trova perfettamente a suo agio; si destreggia anche molto bene nell’alternanza di pagine recitate o cantate, e riesce perfettamente ad armonizzare la sua recitazione con la sovrapposizione della musica. E quando l’elaborazione del lutto del protagonista sfoga tutta la sua violenza in un finale intenso e drammatico, arriva a creare un momento spettacolare di commozione che fa dimenticare l’impressione di una certa freddezza e le piccole suggestioni artificiose rilevate nello spazio ristretto del Teatro Carignano in una realizzazione di alto livello che troverà un orizzonte e un respiro più vasto e più propizio nell’immenso palcoscenico del Regio.



Prima nazionale. 11- 16 giugno al Teatro Carignano - Dal 19 al 23 giugno al Teatro Regio



Foto delle prove di Bepi Caroli

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