La manifattura torinese nata nel 1919 e divenuta famosa nel mondo. Una parobola in mostra nella Sala del Senato di Palazzo Madama nel capoluogo piemontese
Venerdi, 04/06/2010 - Provenienti da una fabbrica rinomata per il gusto e l’abilità dei suoi artigiani e per la mano felice di suoi artisti, le ceramiche d’arredo Lenci fanno bella mostra di sé a Torino nella Sala del Senato di Palazzo Madama. La manifattura torinese, nata nel 1919 ad opera di Enrico Scavini e della moglie Elena König, divenne famosa nel mondo non solo per le sue incantevoli bambole d’arte, gli arazzi e i cuscini di panno dalla schietta vivacità cromatica, ma anche per le piccole sculture eseguite dalla Scavini stessa e da noti artisti dell’epoca. Di quel patrimonio sottratto alla dispersione dal collezionismo privato, la mostra offre un centinaio di pezzi, sfavillanti in grandi vetrine e collocati in un dinamico e spensierato girotondo. Le statuine sono illustrate da disegni, gessi, bozzetti, e innestate in una cornice storica che ci porta negli anni Venti–Trenta, all’epoca di Gramsci e Gobetti, Agnelli e Gualino, Lionello Venturi e Casorati, quando malgrado il clima dittatoriale, una energica carica di vitalità sosteneva la creazione industriale e artistica.
“Ludus est nobis constanter industria, il gioco è per noi costante lavoro”. Annunciata da questo motto latino, la casa Lenci dal 1928 avvia la produzione di ceramiche, lanciate un anno dopo in una mostra allestita alla Galleria Pesaro di Milano da Ugo Ojetti.
Da allora sfilano in catalogo un’infinità di belle statuine che allietano i salotti della buona borghesia del Ventennio, indirizzandone il gusto. La parabola creativa della manifattura si conclude nel ’33, quando la scultura di arredo che doveva rendere eleganti e alla moda le case ai tempi del fascismo si è ormai esaurita. Anche lo scoppio della seconda guerra mondiale investe pesantemente la Lenci. La sede, dove lavorano 600 dipendenti, è bombardata sette volte. Si susseguono difficoltà di bilancio, produzioni ripetitive, fallimenti, rinascite e tramonti con passaggio di consegne a proprietari diversi, fino alla vendita all’asta nel 2003 di molti oggetti, che oggi sono divenuti pezzi da collezione ricercati in tutto il mondo.
Che le ceramiche Lenci siano piccoli capolavori lo attesta questa mostra, promossa dalla Fondazione Torino Musei e dalla Consulta per la valorizzazione dei beni artistici e culturali della città, e curata da Valerio Terraroli da Enrica Pagella con catalogo Allemandi. Nella passeggiata, “divertente e leggera”, si incontrano le note figurette femminili, flessuose e sofisticate, frigide e signorili di Elena Scavini, che colte da un colpo di vento o nell’atto di incipriarsi i nasetti, richiamano le “signorine grandi firme” di Dudovich e Bocassile. Ci sono gli animali bizzarri di Felice Tosalli, le maschere e altre ceramiche di Mario Sturani, i nudi dalla castigata malizia di Gigi Chessa, fecondo artista aperto ai suggerimenti di Arturo Martini. E se nella molteplicità dei linguaggi si colgono influssi esotici e cinematografici, spinte caricaturali, tratti graziosi vagamente kitsch, non sfugge l’esaltazione dell’umile e semplice umanità dei campi. Sandro Vacchetti, Giuseppe Porcheddu, Abele Jacopi, Claudia Formica, Paola Bologna, Nillo Beltrami…Sono numerosi e tutti ammirevoli gli artisti partecipi dell’avventura della Lenci, un marchio investito dal respiro innovativo europeo che ha saputo mettere d’accordo tutti i gusti, dai più popolari ai più esigenti.
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