di Adriana Moltedo esperta di Comunicazione e Media
The Square di Ruben Östlund ha vinto la 70esima edizione del festival di Cannes. A Diane Kruger il premio come miglior attrice e a Joaquin Phoenix il premio come miglior attore. trailer
Palma d'oro a Cannes, The Square è un film che per via del suo ironico sguardo sul mondo mercificato e vacuo dell'arte contemporanea poteva rischiare la trappola dell'intellettualismo; e invece è una commedia umana intelligente, inquietante e spiritosa. Lo spunto della storia nasce da un'installazione, The Square del titolo, creata nel 2014 a Varnamo, Svezia, dal regista stesso Ruben Ostlund
Christian (Claes Bang) è il direttore di un grande museo di arte contemporanea di Stoccolma che si prepara a lanciare una nuova opera/installazione intitolata The square. Si tratta di un quadrato tracciato per terra all’interno del quale ci si deve comportare secondo regole precise: “Il quadrato è un santuario di fiducia e amore, entro i cui confini tutti abbiamo gli stessi diritti e gli stessi doveri”. Neanche il tempo d’inaugurare l’installazione che Christian si troverà in una serie di situazioni che mettono in discussione il suo atteggiamento, il suo senso civico, la sua capacità di interagire con il mondo che lo circonda.
Una mattina, sulla strada per il lavoro, soccorre una donna in pericolo e si scopre derubato del telefono e del portafoglio. Al museo, intanto, lui e la sua squadra stanno lavorando all'inaugurazione di una mostra, che prevedere l'installazione dell'opera "The Square"
Su suggerimento di un collaboratore, Christian scrive una lettera in cui reclama i suoi averi rubati, innescando una serie di conseguenze che spingono la sua rispettabile ed elegante esistenza in una vertigine di caos.
Östlund riprende la riflessione, già presente in passato sulla difficoltà di agire realmente secondo i propri valori nella solidale e storicamente egualitaria Svezia.
Un paese avanzato ma tragico. L’incontro con Anne, mostra il rapporto altamente superato tra uomo e donna. Non solo Anna dirige e sceglie come avere il rapporto erotico con Christian, ma lui anche se inizialmente si oppone poi cede sereno di fronte alla nuova maniera di esser donna, senza subire.
La crisi della responsabilità individuale, che Östlund illustra con toni "dogmatici" nella feroce scena della cena di gala - durante la quale nessuno si alza per aiutare i malcapitati di turno e tutti si chiudono in se stessi sperando che "non capiti a loro" - è un seme tematico che, piantato all'inizio del film, germoglia a più riprese, fino a sfociare nel disperato discorso di scuse di Christian a un ragazzino, che diventa sproloquio auto assolutorio, elegia del senso di colpa collettivo.
Come l'oggetto dell'arte contemporanea, The Square è anche un film aperto all'interpretazione che il pubblico vorrà dare di lui, e questa, forse, è la sua caratteristica più preziosa
Östlund conferma il suo talento con un film sullo squilibrio sociale e culturale, a sua volta squilibrato, aperto alla libera interpretazione.
The square è un film particolare. Mostra con originalità fresca e mai banale temi ricorrenti. Sviluppa una trama fluida, narrandola con spezzoni tra loro separati. Come un gioco di scatole cinesi - quadrate - in cui ogni spezzone tratta un tema e tutti insieme compongono il racconto. La scenografia è riuscita e per tutta la proiezione lo spettatore è accompagnato dalla presenza costante di immagini
C'è una dimensione apocalittica nel cinema d'autore europeo di questi anni.
In questo The Square il direttore del museo svedese, pronto a far l'amore con la bella giornalista straniera, improvvisamente vede comparire una scimmia, che caracolla per la stanza come se fosse a casa sua.
Arte contemporanea e cinema d'autore, dunque. Sono due mondi che si parlano. O non c'entrano nulla l'uno con l'altro? Chissà.
The Square parla anche di questo, sebbene possa passare per una lunga e talvolta sfinente satira sulle ipocrisie del mondo dei musei e dell'arte d'élite. In verità, il progetto di Ostlund è ben più ampio.
Soprattutto è necessario far uscire le contraddizioni del nostro presente, e a provarci è proprio un film, che conosce così bene il proprio oggetto da provare a sfidarlo sul suo terreno.
The Square è un’opera d’arte dentro un’opera d’arte, è un museo in cui sono esposte opere d’arte ma allo stesso tempo archetipi quotidiani moderni: dal direttore giovane, brillante e radical chic (Claes Bang, eccezionale) ai social media manager spregiudicati, dal potere in frac a quell’arte contemporanea che è sempre al limite della disonestà intellettuale e creativa ma anche capace, nel suo essere spuria, di intervenire nel dibattito politico, etico, morale con una forza spesso lacerante, di essere eversiva nei confronti delle ipocrisie dei benestanti.
Östlund alza l’asticella della sfida: il fattore scatenante è un banalissimo furto che induce il protagonista, esempio di una certa apparente perfezione da salotto, a tirar fuori la “bestia”, quella voglia ancestrale di prevalere e sanare il torto subito con una vendetta spropositata.
Ne nasce un percorso narrativo kafkiano dove si fa largo una dialettica più profonda tra ciò che si è e ciò che si pretende di essere, tra gli obblighi di chi vuole essere un giusto e ciò che si ritiene giusto, tra l’arte che si prende ogni tipo di libertà, ma poi non è capace di sopportarla quando questa gli si rivolta contro.
The Square è una riflessione straordinaria su chi siamo, su ciò che può provocare la volontà di essere altro e non riconoscere ciò che abbiamo dentro. Una confessione al cellulare, solitaria, diventa così la sintesi tragicomica di chi vorrebbe illuminare di bello il mondo, ma scopre di essere spento dentro.
A far scattare la molla è un furto per la strada di cui è vittima Christian a cui vengono rubati il cellulare, il portafogli e un paio di gemelli a cui era molto affezionato (erano di suo nonno). La sua reazione e le conseguenze della sua reazione sono punteggiate dalle normali attività di Christian come curatore del museo e come padre separato di due bambine, eventi pubblici, una conferenza stampa, una festa esclusiva, riunioni di lavoro, la presentazione di una performance e privati, una notte di sesso con una giornalista americana, lo shopping insieme alle bambine.
Evidente l’intento di Ruben Östlund di vedere come Christian e non solo lui, reagisca in una situazione di debolezza e di incertezza. Ma anche di coinvolgere il pubblico mettendoci di fronte alle sue e alle nostre contraddizioni.
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