The Old Oak: torna Ken Loach, cineasta degli ultimi, a raccontare le donne e i migranti
Presentato a Cannes 2023, l’ultimo film del regista inglese, affronta temi estremamente attuali, affidando ad una giovane eroina e fotografa siriana il messaggio di speranza dei popoli rifugiati, dei migranti e della convivenza fra culture diverse
Mercoledi, 06/12/2023 - Lo sguardo di Ken Loach, ispirato cantore anglosassone della working class, dei diseredati e dei più deboli, contro il neo-liberismo ed il capitalismo sfrenato che annientano persone e modi di vivere più umani, si è da sempre posato con attenzione e impegno (sociale e civile) nei confronti delle donne: molte delle sue protagoniste, infatti, sono madri single o vedove, donne che lottano per un lavoro e un salario, per portare avanti famiglie difficili, per salvare i propri figli da situazioni a rischio, donne che si oppongono alle molestie dei ‘padroni’, o giovani donne migranti che cercano di sopravvivere fra mille difficoltà.
Basti pensare a film come ‘Ladybird, Ladybird, ‘La canzone di Carla’, ‘Bread and Roses’, ‘Terra e Libertà’, ‘In un mondo libero’, solo per citarne alcuni, e gli ultimi ‘I, Daniel Blake’ (Palma d’Oro a Cannes 2019) e ‘Sorry we missed you’, molti dei quali vincitori di premi e riconoscimenti a Festival internazionali. Senza mai perdere la tenerezza, l'occhio benevolente verso i giovani e la denuncia degli sfruttatori, Loach racconta vicende dure e terribili, ma sempre con un occhio alla solidarietà, all’amicizia possibile, alla speranza che, quasi sempre, è affidata alle donne.
Nonostante i suoi 87 anni compiuti, Loach sa cogliere i problemi dell’attualità come pochi altri, dipingendo l’evoluzione del mondo contemporaneo a partire dal microcosmo che più conosce, la sua Gran Bretagna. Proprio qui, in un paesino ex-minerario povero e sperduto, è ambientato il suo ultimo film, ‘The Old Oak’, presentato al Festival di Cannes 2023 ed ora nelle sale, sceneggiato dal fedele Paul Laverty e prodotto dalla produttrice Rebecca O’Brrien, due punti di riferimento politici e cinematografici imprescindibili per il regista.
“Abbiamo ascoltato le storie di quello che è successo quando le prime famiglie di siriani sono arrivate in un paesino del Nord-Est - racconta il regista - e abbiamo cominciato a pensare che quella era la storia che avremmo dovuto raccontare. Ma prima bisognava comprendere: due comunità che vivono fianco a fianco, entrambe con problemi enormi, una delle quali composta da individui traumatizzati per la fuga da una guerra crudele fino all'inverosimile, distrutti dal dolore per coloro che sono morti e terribilmente preoccupati per quelli che sono rimasti lì. Stranieri in terra straniera. Possono convivere questi due gruppi? In tempi così difficili dove trovare la speranza? Paul, Rebecca ed io abbiamo ritenuto di dover andare in cerca di una risposta. Abbiamo parlato molto del contesto generale e abbiamo pensato di incentrare la storia su un pub, 'The Old Oak' ed il suo proprietario, TJ, avrebbe rappresentato tutte le contraddizioni, con un passato da attivista nella comunità e ora afflitto dai problemi quotidiani. Le storie richiedono delle relazioni tra personaggi, e allora Paul ha scritto di una donna siriana che ha imparato l'inglese nei campi profughi lavorando con i volontari delle associazioni internazionali ed è diventata anche una fotografa, imparando da autodidatta; queste esperienze hanno ampliato la sua prospettiva sul mondo che la circonda. La sua amicizia con TJ è il cuore della storia. Altri due ruoli chiave sono quello di Laura, una delle poche donne nel villaggio ad accogliere positivamente i nuovi arrivati fin dall'inizio, e Fatima, la madre di Yara e dei suoi tre fratelli minori.”
‘The Old Oak’ è un posto speciale: non solo è l'ultimo pub rimasto in un ex-villaggio minerario del Nord-Est (dove già Loach ha ambientato due film) ma è anche l'unico luogo pubblico in cui la gente può incontrarsi in quella che un tempo era una fiorente località mineraria e che oggi attraversa momenti molto duri, dopo 30 anni di ininterrotto declino. Il proprietario del pub, TJ Ballantyne (un grande Dave Turner, attore amato dal regista per la sua presenza scenica) riesce a mantenerlo a stento, accogliendo persone più o meno amabili, e la situazione si fa ancora più precaria quando ‘The Old Oak’ diventa territorio conteso dopo l'arrivo dei rifugiati siriani trasferiti nel villaggio.
Fin dal primo giorno in cui un pulmino dei Servizi sociali fa scendere alcune famiglie che saranno sistemate nel villaggio, un’ondata di razzismo e di rabbia atavica si scatena contro gli ‘invasori’ e, già da subito, uno dei più facinorosi oppositori dell’arrivo dei pericolosi stranieri, rompe la macchina fotografica di Yara, la ragazza siriana ventenne che sarà la protagonista del film: il proprietario del pub, TJ, che conserva molte antiche fotografie della cittadina mineraria in una stanza del pub, e che non tollera la violenza, stabilisce a poco a poco una vera amicizia e si lega alla giovane siriana Yara (una brava e intensa Ebla Mari), offrendosi di farle aggiustare la macchina fotografica.
“Per Yara la fotografia significa molto – racconta Ebla Mari, l’interprete siriana nei panni della protagonista Yara - Innanzi tutto è una cosa che ama ma, visto che la macchina fotografica le è stata regalata da suo padre, è anche un modo per vedere la vita attraverso i propri occhi e quelli di lui. Si sforza di scorgere la speranza oltre le brutture e le ingiustizie del mondo. La macchina fotografica le dà speranza. Ken ed io abbiamo parlato di speranza: Yara cerca di vedere il buono e il bello in alcune situazioni e di catturarle come se fosse un modo per trovare la speranza. Inoltre fare foto è anche un modo per resistere. Aspetta che suo padre torni per potergli mostrare le sue foto più belle. Quindi la fotografia per lei significa tre cose: documentare, resistere e sperare. Queste cose sono importanti anche per me.”
Poco a poco, tra ostacoli prevedibili e drammi imprevedibili, le due comunità dovranno trovare un modo di comunicare, attraverso l’apertura di una mensa gratuita multiculturale, o mediante l’uso delle fotografie come strumento di aiuto reciproco, o con la partecipazione a un funerale non previsto da parte dell’intera comunità. Riusciranno le donne, inglesi e siriane, a unire o quantomeno avvicinare le due comunità? Ci sarà sempre chi boicotterà la convivenza e la speranza ma ciò che conta è isolarli e coltivare la vita: ‘The Old Oak’ è un dramma che tocca tutti noi, parlando di perdite, di paure e della difficoltà di ritrovare la speranza.
“Un giorno – conclude il regista - dovremo essere così organizzati e determinati da fare in modo che la solidarietà possa porre fine alla sofferenza e alla necessità di ricorrere alle lotte. Abbiamo già aspettato troppo a lungo”.
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