Giovedi, 29/11/2012 - A distanza di diversi anni, torna sulle scene romane dell’Auditorium Parco della Musica, il gruppo irlandese The Cranberries, che ha fatto sospirare i propri fan con un appuntamento posticipato. Sì, perché il concerto, già programmato per il ‘Luglio suona bene’ era saltato per non meglio precisati problemi personali della front-woman, Dolores O’Riordan, che lo aveva reso noto attraverso un sobrio comunicato diffuso sui social network. Il che ci fa comprendere la dimensione cui appartiene questo piccolo grande gruppo, che ha scelto di interrompere la propria attività per un lungo decennio (l’ultimo disco pubblicato era Wake Up and Smell the Coffee), in concomitanza con l’avvio della parallela carriera solista dell’infaticabile Dolores, senza però cedere alla pulsione distruttiva di molte band, conservando il nome originale e riproponendosi al momento giusto.
Questo ci fa intuire che, forse, persino nello star-system è possibile anteporre altri valori a quelli del successo a tutti i costi. Dunque nella Sala Santa Cecilia dell’Auditorium Parco della Musica, i Cranberries hanno dato vita ad uno show in cui hanno saputo rinnovare l’entusiasmo degli appassionati italiani, grazie soprattutto alla solida presenza scenica (energia, cambi d’abito, contatto) ed alla voce robusta della O’Riordan, vera mattatrice della serata: si capisce dall’entrata in scena, preceduta dal resto del gruppo, rispetto al quale è ben più che la semplice cantante: incessantemente percorre il palco in tutta la sua lunghezza, per essere vicina a tutti i settori di pubblico, con cui è solita avere uno stretto rapporto fatto di ringraziamenti, ammiccamenti, strette di mano, scambio di bigliettini, bandiere, fiori e altri oggetti che diventano immediatamente feticci. Ad un certo punto, viene scaraventata sul palco una spaesata bambina con un omaggio floreale per Dolores, lei la prende per mano senza smettere di cantare, poi la restituisce al buio della platea sempre aggrappata ai suoi fiori…
Sul piano musicale, la perfetta sintonia tra la cantante ed i musicisti, guidati dai fratelli Noel e Mike Hogan, si traduce in un flusso pressoché ininterrotto di note, in un crescendo che non può non avere il suo culmine nel brano che ha proiettato i Cranberries nell’iperspazio della celebrità planetaria, Zombie, dedicato alla tragedia del conflitto settario che ha insanguinato l’Irlanda per troppi anni.
Prima del climax, tanti pezzi che sono altrettante perle del pop-rock confezionato da Dolore O’Riordan & soci: dalla spensierata Just my imagination alle dolenti Ode to my family e No need to argue, la musica di questi ex giovani (quarant’anni e tre figli per Dolores) è fortemente caratterizzata da un sound costruito intorno alla voce della cantante, al tempo stesso tempo ruvida e raffinata, caratterizzata dai noti vocalizzi spezzati con cui usa chiudere le frasi, e da una sontuosa facilità nella scrittura.
I brani dei Cranberries sono torch songs pensate per infiammare potenziali working class heroes, proprio come l’eroina del gruppo, settima di sette figli, o almeno per dar loro qualcosa da sognare durante i lunghi periodi di disoccupazione.
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