Barbara Frittoli - Esotismo, lussuria e spiritualità al Regio di Torino per la soprano milanese nel dramma di Jules Massenet
Mirella Caveggia Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Dicembre 2008
Una rete dorata di esotismo, di lussuria e di spiritualità, tessuta dal giovane regista Stefano Poda per la Thaïs di Jules Massenet al Regio di Torino avvolge Barbara Frittoli. Il soprano milanese dalle bellissime qualità vocali, in questo dramma lirico di fine Ottocento impersona una cortigiana di Alessandria d’Egitto, donna bellissima e dominata dalle sfrenatezze del vizio, che trascina la sua città verso la perdizione. Un monaco che l’ha incontrata in casa di un amico, nell’intento di liberarla dai veleni del peccato e di redimerla, la spinge a una penitenza stremante. Il cammino nel deserto la trasformerà in una santa; ma a prezzo della morte, che sopraggiungerà quando il monaco pentito della propria spietatezza, le confessa disperato e ormai inascoltato il suo amore.
Delle pagine di quest’opera della maturità del compositore francese, il direttore dell’orchestra del Regio Gianandrea Noseda con un’esemplare direzione ha messo in luce la suggestiva ambientazione drammatica e lirica e la forza di una costruzione musicale modernissima. Stupefacente, invasa da un clima onirico, irreale e senza tempo, si spalanca la visione del regista, il quale non solo ha portato in scena una meraviglia scenografica da cui sgorgano sorprese spettacolari, ma ha anche distribuito alla moltitudine dei personaggi, costumi di una sontuosità e di una fantasia inimmaginabili e ha ideato una pioggia di luci, ora abbaglianti, ora infernali , ora lattiginose.
La parte di Thaïs, donna irresistibile che passa dalla lussuria più spinta al misticismo e all’ascesi, è assegnata a Barbara Frittoli, un’artista al colmo di una carriera di prim’ordine, che vanta ha un repertorio molto esteso: da Verdi e Puccini a Mozart e Cilea, da Bizet a Strauss e ha cantato diretta dai migliori maestri: Zubin Metha, Riccardo Muti, Claudio Abbado, Lorin Mazel, Colin Davis. La sua interpretazione drammatica e vocale della creatura fatale e ieratica la fa uscire trionfante dall’impresa ardua di muoversi fra accenti opposti in un clima che si trasfigura dal profano al sacro. Accanto a lei, molto espressivo, il baritono georgiano Lado Ataneli nell’opera in scena fino al 21 dicembre interpreta la parte del monaco tutto d’un pezzo che cerca la verità nel deserto; mentre il tenore Alessandro Liberatore, voce chiara e giovane, ricopre il ruolo dell’amico che dialoga con lui di temi filosofici.
In questo spettacolo a presa sicura, spesso monumentale e statico, o appena increspato da movimenti lentissimi, non mancano gli inserti coreografici, le provocatorie intrusioni cariche di simboli, gli impertinenti accenni anticlericali. Il regista che si è fatto carico di tutto - regia, scene, costumi, coreografie, luci, danze - dà prova con il suo stile giovane e spettacolare di una tale originalità che talvolta la musica, ricca di sottigliezze e di preziosità (celebre è la ricorrente meditazione un capolavoro armonico e melodico) cede il passo alle visioni strabilianti, ma questa Thaïs di lusso con la sua protagonista fatale e ieratica merita un viaggio.
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