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Terremoti e smottamenti varii... La crisi è del modello di cura patriarcale

Terremoti e smottamenti varii... La crisi è del modello di cura patriarcale

"La deregulation della cura familiare (che le donne hanno cominciato a chiedere fosse redistribuita anche tra gli uomini e lo stato) si è accompagnata alla deregulation della cura patrimoniale da parte degli uomini...."

Lunedi, 13/02/2017 - Articolo pubblicato in http://www.ladynomics.it/



Diciamolo. E’ un periodo storico del cavolo. Terremoti reali o metaforici di ogni tipo, ovunque.

Mentre la parte americana di Ladynomics è ancora tramortita dall’avvento di Trump, qui da noi c’è mezza Italia che crolla oramai ogni giorno, con tante di quelle scosse, slavine e altre piaghe bibliche che non fanno quasi più notizia.



I terremoti sono fenomeni naturali, vero, nessuno ci può fare niente. Però in Giappone le case reggono a magnitudo che da noi fanno invece tabula rasa. Come mai? Perché in Italia abbiamo così poca cura e attenzione per la messa in sicurezza del patrimonio abitativo e per la cura dell’ambiente?



Dateci pure delle fissate, ma qui c’è di mezzo la crisi del modello di cura patriarcale e della distribuzione dei ruoli di genere nella società.



Dall’alba dei tempi, uomini e donne si sono distribuiti infatti il lavoro di cura in modo molto preciso: le donne si prendevano cura delle persone, bambini, anziani, mariti, parenti nell’ambito del matrimonio (mater-moneo, letteralmente il legame della madre), mentre gli uomini si prendevano cura delle “cose”: l’abitazione, la campagna, i boschi, le strade, i palazzi eccetera. Insomma, curavano il patrimonio, sia privato che pubblico (pater-moneo, letteralmente il legame del padre).



Fino a mezzo secolo fa, diciamolo, la cura degli uomini per il patrimonio in Italia, sia privato che pubblico, è stata grandiosa. Pensiamo ai palazzi, alle chiese, strade, ponti, intere città d’arte costruite magistralmente in età antica, spesso a mani nude, senza elettricità, macchinari o cemento.



Mentre nelle nostre famiglie si creava il mito irraggiungibile della grande madre italica i nostri uomini costruivano un paese che è considerato il più bello del mondo. Chapeau.



Ad un certo punto, però è successo qualcosa, per cui l’uomo italico ha mollato. A partire dagli anni '70 circa fino ad oggi non ha più curato il patrimonio. Ha cominciato a costruire case con materiali sempre più scarsi, non ha più creato nessuna bellezza paesaggistica o urbana, non ha più curato i boschi, l’ambiente. Non ha costruito più niente di solido né, tanto meno, come svela il terremoto, si è preso cura del patrimonio esistente lasciatoci in eredità dai tempi antichi.



E’ curioso notare come la crisi e la messa in discussione del ruolo delle donne nella famiglia e nella società italiana degli anni '70 si sia quindi manifestata contemporaneamente alla crisi del ruolo degli uomini nel loro ruolo di costruttori e manutentori delle città e del territorio.



La deregulation della cura familiare (che le donne hanno cominciato a chiedere fosse redistribuita anche tra gli uomini e lo stato) si è accompagnata alla deregulation della cura patrimoniale da parte degli uomini.



Cosa ne è rimasto travolto, alla fine di questo liberi tutti, è il valore morale della cura condivisa.



La cura dei bambini e degli anziani, dopo tanti anni di battaglie, ancora oggi si fa finta di non capire a chi dovrebbe toccare (dovrebbe essere distribuita in parti uguali un po’ per tutti, tra donne, uomini, stato e servizi, nevvero).



La cura del patrimonio e delle cose è anch’essa rimasta orfana, e non si capisce bene neanche qui a chi dovrebbe toccare. Gli uomini non si prendono più cura come una volta delle città e delle case; le donne, nonostante l’impegno delle eroiche architette, urbaniste ed ingegnere, non paiono in generale ansiose di occuparsene; lo Stato, ancora governato soprattutto dagli uomini, men che meno. Anche qui, forse, dovrebbe essere una cura distribuita in parti uguali un po’ per tutti?



La crisi di identità maschile che tutti richiamano sempre in relazione ai mutati rapporti tra donne e uomini si arricchisce dunque anche di questa differente prospettiva. Cosa c’è infatti di più virile e identitario per gli uomini del costruire case, palazzi e città? Il fatto che negli ultimi 50 anni lo abbiano fatto in modo così svogliato, superficiale e menefreghista cosa significa?



Ma soprattutto: ora che si fa? Torniamo al focolare per le donne e al mattone per gli uomini? Non è una via percorribile, la storia sta andando in un’altra direzione. D’altronde, non si cambia un ordine sociale di millenni in 50 anni, ci vuole del tempo.



L’importante è però avere una certa lucidità e consapevolezza di cosa siamo e di dove stiamo andando, o vorremmo andare. Ricordandoci sempre che al centro di tutto, sia per le donne che per gli uomini, ci deve essere il valore morale della cura condivisa che, alla fine, rappresenta l’espressione più alta, vera e profonda dell’amore.

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