Ortensi Paola Giovedi, 03/12/2015 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Dicembre 2015
Autunno, la terra con le sue zolle spaparacchiate all’aria, riposa. L’agricoltore l’ha girata e rigirata per farla respirare, per prepararla alle nuove semine. È rigenerante osservarla , nelle sue tante sfumature che vanno dal sabbia al ruggine, al marron chiaro, scuro e scurissimo. Colori che ne denotano la composizione, elementi che ne determinano la consistenza, può far percepire la sacralità, il mito che da secoli la fa definire grande madre, generatrice di vita. Non a caso a lei si possono collegare le statuette di divinità femminili primitive ritrovate in tante parti del mondo, come le dee steatopigie, simboli di fertilità e testimoni di come fu immediato, per l’umanità, identificare nella terra l’archetipo stesso della vita.
Ed è la terra, e la sua potenza generatrice, che nell’Olimpo dell’antica Grecia e poi di Roma ha ispirato le divinità. Gaia, e poi Gea e Cibele, Persefone e Proserpina, Cerere e Demetra. Volti uguali e diversi della terra e dei suoi numi tutelari. Ed è a queste divinità che si collega il mito di come vita e morte si susseguano in un ritmo senza sosta, dove la pianta che muore ridarà eternamente attraverso radici e semi - che riposano nell’humus - nuova vita, trasformando ogni residuo in energia.
Terra e Madre dunque, parole unite da un’azione generatrice che è la nascita, la crescita in tutte le sue forme vegetali, animali e umane e nelle sue funzioni di cura, accompagnamento e protezione della vita. Nel miracolo per ogni specie della ricchezza della biodiversità e dell’evoluzione.
Ma la parola Terra possiamo considerarla anche riferita al pianeta di cui siamo ospiti pro tempore e che a noi assicura alimenti, acqua ed energia nelle più svariate forme. Ricchezze di cui dovremmo essere custodi per garantirne l’esistenza alle generazioni future. In un tempo lontanissimo l’umanità, che guardava la terra come divinità misteriosa e potente, madre e matrigna che donava cibo per vivere, praticava anche sacrifici, di animali e non solo, per propiziarne fertilità e abbondanza.
Oggi che del Pianeta e della sua fragilità sappiamo tanto, dovremmo sacrificare l’ansia di rapina dei suoi tesori, ed esercitare quella cura necessaria a mantenerne la fertilità per il futuro, insieme ai suoi fratelli e sorelle: l’acqua, il sole, il vento da cui i filosofi greci presocratici facevano discendere non a caso l’inizio di tutte le cose. Onoriamola con quello spirito che San Francesco ci ha regalato nel “Cantico delle Creature” quando scrive “Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba” e a , c’è da scommettere, si è ispirato papa Bergoglio nella recente “Enciclica sulla cura della casa comune”.
RICETTE in onore di prodotti che sottoterra crescono e maturano.
Patate a olio e aceto. Lessare le patate con la buccia, lasciandole consistenti. Togliere la buccia, tagliare a fette ancora tiepide condendole con aceto in modo che penetri. Quando saranno fredde, olio d’oliva con un battutino di prezzemolo e aglio (se piace).
Cipolle al forno. Cipolle bianche, piatte. Tagliare a metà, lavare, infarinare e molto lentamente al forno solo con olio, sale e tanta pazienza per farle cuocere fuori e dentro fino a vederle rosolate e accasciate su loro stesse.
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