La donna del mese - Attivista per i diritti delle donne e prima Presidente del Forum delle Donne Mozambicane
Silvia Vaccaro Lunedi, 18/01/2010 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Gennaio 2010
Durante il lancio della Campagna per l'assegnazione del Nobel per la Pace alle donne africane, promossa da CIPSI e ChiAmal'Africa, ho incontrato a Roma Terezinha Da Silva, attivista per i diritti delle donne. Prima Presidente del Forum delle Donne Mozambicane fino al 2002, poi Direttore Nazionale dell’Azione Sociale del governo, ha insegnato in prestigiose università, in Africa e negli Stati Uniti; attualmente lavora per il Centro di Formazione Giuridica del governo mozambicano come consulente e fa parte dell’associazione WLSA (Women and Law in Southern Africa), che cura campagne di comunicazione e sensibilizzazione sui temi di genere. Si tratta di un'associazione dichiaratamente femminista, come precisa Terezinha: “C'è un’enorme ignoranza su queste cose nel mio paese. In molti credono che noi di WLSA odiamo gli uomini! Invece dovrebbe passare il messaggio che essere femministe significa riconoscere che esistono dei rapporti di potere sbilanciati che vanno corretti. Per me essere femminista significa occuparmi di diritti umani.”
WLSA basa la sua azione su quattro punti fondamentali: ricerca, formazione, sensibilizzazione sui diritti sessuali e riproduttivi delle donne e creazione di reti internazionali. La ricerca avviene tramite inchieste, indagini e interviste e ha come scopo quello di trasformare le donne vittime di violenze e abusi in agenti di cambiamento per se stesse e per altre donne.
È altrettanto necessario, afferma Terezinha, formare agenti di polizia specializzati sulle molteplici forme che la violenza contro le donne può assumere, in modo da creare un dipartimento apposito in ogni stazione di polizia del paese (attualmente ne esistono 89). Oltre a questo, l'associazione crede fortemente nella sensibilizzazione sui diritti riproduttivi e sessuali delle donne, importante strumento nella lotta contro gli abusi (causa inoltre di un'enorme diffusione dell'AIDS) e contro le gravidanze indesiderate (l'aborto è ancora illegale e la mortalità materna è tristemente presente). “Le donne devono poter decidere dei loro corpi, questa è la vera sfida che dobbiamo affrontare”, afferma l'attivista. E quando le chiediamo di darci la sua opinione sul rapporto Europa-Africa, lei parla della creazione di reti internazionali per favorire il confronto tra donne mozambicane e realtà degli altri continenti: questo aumenta l’azione di pressione che associazioni come WLSA mettono in atto sulle istituzioni del loro paese. “La società civile e gli enti locali conoscono, meglio dei governi centrali, i problemi delle persone. La loro opera è più efficace ma servono risorse e serve un'attenzione maggiore da parte delle istituzioni. Il dialogo tra i vari attori sociali è il modo più efficace per ottenere dei cambiamenti. Il movimento delle donne nel mondo ha bisogno di grande autonomia e di uno spazio pubblico dedicato ad attività che mettano le donne in primo piano come agenti e come soggetti che usufruiscano di speciali progetti e piani di azione. […] Un grosso ostacolo all'emancipazione delle donne in Mozambico è la cultura, intesa come tradizione patriarcale, secondo cui la donna è inferiore e quindi deve essere subordinata. Secondo me invece la caratteristica fondamentale della cultura è la dinamicità: i tempi cambiano e le tradizioni non dovrebbero in alcun modo andare contro i diritti ormai acquisiti. Invece le conquiste delle donne sono ancora adesso vanificate da una cultura machista.”
Migliaia di mozambicane tra i dodici e i quattordici anni sono costrette a sposare uomini anche di quarant'anni più vecchi e la poligamia, nonostante sia stata resa illegale dal governo, resiste come pratica culturale, espressione di quella staticità che non vuole adeguarsi ai riconoscimenti mondiali della dignità della donna. La legge contro la poligamia è stata discussa per oltre otto anni nel Parlamento Mozambicano che l’ha infine approvata, anche grazie a una massiccia presenza delle donne nei posti di governo: le donne nel Parlamento sono circa il 32% e il 21% nell’esecutivo, tra cui spicca la Presidente del Governo, Luisa Diogo. Terezinha riconosce che negli ultimi decenni si è assistito a una crescita di empowerment delle donne africane.
Ma c'è ancora molto da fare. Terezinha crede che l'assegnazione del Nobel possa costituire una spinta importante: “Questo Nobel potrebbe dare grande visibilità e riconoscimento alle donne africane, che innanzitutto sono il 75% dei produttori di cibo del continente e trasportano la merce attraversando frontiere e controlli, correndo pericoli enormi, per garantire la sopravvivenza delle famiglie. Eppure quasi sempre non decidono del denaro che guadagnano, di cui si appropria velocemente il marito o il maschio di turno. Come dimenticare poi il loro ruolo di educatrici o il ruolo chiave nella risoluzione dei gravi conflitti come il caso del Darfur e del Burundi. È intollerabile che alle donne non venga mai riconosciuto l’impegno costante e totale, sopratutto nei contesti di guerra in cui si occupano dei bambini abusati, dei bambini orfani e dei bambini soldato. A loro è affidata la riconciliazione tra comunità: perché durante una guerra anche gli assassini sono vittime, e solo le donne se ne prendono cura.”
Terezinha ci saluta, pronta a sostenere i numerosi impegni che la aspettano nei giorni a venire.
La sua fiducia in questo Nobel e più in generale nel potere di cambiamento che le donne africane possono esercitare sulle loro vite e sull'intero continente, ci lascia ben sperare che ci sia davvero un futuro migliore che potrebbe partire da Oslo.
Lascia un Commento