Bartolini Tiziana Lunedi, 22/09/2014 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Ottobre 2014
“Ora che abbiamo spinto l’uso della terra fino ai limiti dell’usura e seppellito il bello sotterrandolo sotto l’utile, davvero possiamo pensare che questa razionalità che non ragiona in termini estetici, ma in termini di utilità, sia un’attrattiva per il mondo degli adolescenti, i quali, maturando, dovrebbero entrare a far parte di questo sistema e collaborare per il suo sviluppo, ipocritamente scambiato per progresso, e per una crescita del tutto ignara dei limiti delle risorse della terra?” Umberto Galimberti parla agli adulti e, asserendo impietosamente che “ormai per l’Occidente si è fatta davvero sera”, lancia un monito: “guardiamoli da vicino questi adolescenti, e invece di preoccuparci, impariamo qualcosa da loro”, (D, Repubblica, 20 settembre 2014). Attingiamo da questa articolata riflessione del filosofo dedicata agli adolescenti e osserviamo che non perde nulla del suo contenuto se la assumiamo in una prospettiva di genere. Un elemento che di per sé meriterebbe un approfondimento, rinviato ad altra occasione. Ci interessa, ora, cogliere l’appello di un acuto pensatore del nostro tempo. L’evoluzione della società postindustriale e tecnologica che abbiamo conosciuto, con accelerazioni e impennate nei processi produttivi, è fuori controllo. I risultati che vediamo sono la devastazione di immense aree del Pianeta e il permanere di squilibri ed ingiustizie. La crescita economica, sinora, non ha prodotto un progresso umano e civile. Oggi siamo di fronte a questo, tutti e tutte, annichiliti/e. Disarmati/e e incapaci di decodificare la realtà e di trovare rimedi o scegliere altre strade. L’Occidente opulento è inchiodato al benessere che ha conquistato e non vuole rinunciare, non sa a cosa rinunciare. Non riesce ad immaginare altre dimensioni ed equilibri. Le giovani generazioni sono figlie anche di questo smarrimento, di questa impotenza. Hanno lottato poco o nulla poiché altri prima di loro hanno demolito architetture gerarchiche e sociali obsolete, hanno spianato la strada ma senza progettare compiute alternative. All’ombra dei ‘grandi padri’ e delle ‘grandi madri’ i nuovi umani hanno poco sperimentato in autonomia, molti si sono adagiati. Pochi intraprendono, e soprattutto nel privato (le start up, l’assegno di ricerca all’estero). Dove è il progetto Politico? Qual è l’ideale in cui riconoscersi come gruppo sociale e che può diventare obiettivo per cui valga la pena di lottare? Questo è il tempo delle passioni leggere e dal respiro corto, che attraversano gli animi superficialmente. È il tempo di campagne con i social, dei flash mob e dei mi piace che costano nulla e valgono altrettanto. Non può sorprendere quindi, se letta così, l’assenza di rotture tra giovani e adulti. Chi dovrebbe lottare e contro chi? per cosa? Pesa sempre di più la crisi, prima finanziaria e poi economica e di sistema, di cui non si intravede la fine e, soprattutto, il modo per uscirne davvero. Certo è che la Storia non si fermerà ad aspettarci e la nostra piccola comunità nazionale (ed europea) vecchia o giovane che sia non ha molto tempo a disposizione per reagire adeguatamente. Fuori, il mondo corre. Molto velocemente. E non sempre, e non ovunque, verso un futuro auspicabile.
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