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Teatro come libertà di essere

Teatro come libertà di essere

Intervista a Donatella Massimilla - Attrice e regista, è fondatrice in Italia del movimento Edge e direttore artistico del Festival

Emanuela Irace Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Agosto 2006

Stanze senza specchi. Sbarre alle finestre. C’è il vuoto e l’attesa di giornate sempre uguali. Sono i luoghi del disagio: ospedali psichiatrici e carceri dove il dolore è più forte se si è donna e la sofferenza fisica e mentale puoi toccarla e vederla nei corpi negati, nelle pance dilatate e nei visi gonfi che di umano mantengono poche tracce.
Si chiamano con nomi esotici. Alcune hanno la pelle colorata e famiglie troppo lontane per aiutarle. Altre, per non dimenticare, tatuano il nome dei figli su mani senza anelli. Sono invisibili. Recluse. Con loro da venti anni lavora Donatella Massimilla, attrice e regista. Allieva di Grotosky. Pioniera e fondatrice in Italia del movimento Edge, una rete di donne che ha portato il teatro a S. Vittore e Rebibbia. Un movimento sperimentale che attraverso il gioco, lo psicodramma, il canto e la danza trasforma la sofferenza femminile elaborandola fino a farne una forma d’arte che ha prodotto spettacoli di successo presenti nella seconda edizione dell’Edge Festival (www.edgefestivalnetwork.org). Un evento sponsorizzato dall’Università di Roma Tre e dal Comune Capitolino e presentato lo scorso maggio in forma itinerante nei luoghi storici della Capitale. "L’elaborazione del dolore è una capacità tutta femminile, dice Donatella, è un percorso di trasformazione quasi magico che solo le donne sanno compiere".

Nei luoghi di reclusione si creano relazioni e gerarchie, amicizie saffiche. Il corpo è uno strumento di potere, anche tra donne?
Si, ma lo psicodramma smaschera le gerarchie ridisegnando le relazioni di potere. La leader può diventare gregaria e viceversa. Improvvisando, sulla scena, si compie un lavoro profondo che alla fine ritorna con un feedback capace di modificare i rapporti esistenti.

Il teatro come cura, dunque, ma da chi è formata questa rete di donne?
Siamo professioniste. Ci sono autrici di video, registe, attrici e pedagoghe, sia italiane che straniere. Alcune, come Sharone che viene dalla Gran Bretagna hanno alle spalle un percorso di reclusione.

Cosa prepari per il futuro?
Stiamo lavorando alla terza edizione dell’Edge Festival, ci saranno tante sezioni, intrecci e contaminazioni. Abbiamo coinvolto l’Università di Mancestern e abbiamo contatti con quella di Londra, Edimburgo e Sorbona. Il mio sogno è essere in tante.. ognuna con il proprio linguaggio.
(8/8/2006)

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