La donna del mese - Le sue canzoni derivano dall'elaborazione di una modalità canora tipica del popolo Inuit detta Katajjaq
Silvia Vaccaro Lunedi, 05/09/2011 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Settembre 2011
“Nella cultura Inuit si pensa che molti animali e fenomeni naturali abbiano un'anima o uno spirito, e la figura autorevole che governa questo mondo è lo sciamano, spesso di sesso femminile, perché le donne, straordinariamente legate alla terra, custodiscono la chiave di accesso all’ultraterreno, a quello che non è visibile ma che, allo stesso tempo, è presente e denso”. Sono parole di Tanya Tagaq, professione cantante, invitata dalle organizzatrici del convegno “Women’s Worlds” per deliziare le partecipanti con la sua splendida voce durante la cerimonia di apertura.
Ci sono occasioni imperdibili, a cui vale la pena di partecipare, anche se si va solo per osservare e ammirare. “Women’s Worlds”, che tratta le tematiche di genere con un approccio interdisciplinare, aprendosi ad attiviste e ricercatrici di tutto il mondo, è uno di questi appuntamenti. Nato nel 1981, si volge ogni tre anni sempre in un paese diverso. Per la celebrazione dei primi 30 anni, è stato scelto il Canada (il convegno si è svolto dal 3 al 7 luglio a Ottawa) come paese ospite, concentrando la riflessione sulla globalizzazione e le conseguenti inclusioni ed esclusioni che ne derivano; se è vero che un maggior flusso di informazioni ha permesso a numerosi gruppi di donne di connettersi tra loro, è pur vero che la globalizzazione ha marginalizzato economicamente diverse comunità e ha aumentato le disparità sociali, colpendo i più poveri, ancora in gran parte donne del sud del mondo, spesso indigene.
Tanya Tagaq è di etnia Inuit, viene dalla regione del Nunavut, a nord del Canada, territorio abitato per l’80% da nativi. A seguito di un referendum tra la popolazione, che per anni ha subito il razzismo dei canadesi discendenti dai coloni inglesi e francesi, nel 1999 il territorio è stato riconosciuto indipendente. Tanya si è imposta all'attenzione internazionale nel 2005 con il suo album d'esordio Sinaa, arrivando anche a collaborare con cantanti del calibro di Bjork. Le sue canzoni derivano dall'elaborazione di una modalità canora tipica del popolo Inuit, detta Katajjaq, canto di gola, che viene solitamente eseguita da due donne. Lei ha creato una forma particolare di questo canto, per cui non ha bisogno di una partner. Assistere a una sua performance dal vivo è un’esperienza unica e irripetibile.
“Ho iniziato a cantare a 27 anni - ci ha raccontato - e sin da subito ho cercato di rompere la tradizione e di creare qualcosa di nuovo, utilizzando la mia voce e la mia espressività per esaltare il canto del mio popolo, ma a modo mio. È straordinario poter condividere la mia arte con le tante donne splendide arrivate da tutto il mondo per discutere del futuro. Raramente mi sono sentita così al sicuro e protetta.” Tanya, che porta in giro per il mondo la cultura Inuit con l’arte del canto, ha parlato anche degli anni pesanti degli abusi perpetrati sui nativi, che hanno colpito singolarmente migliaia di persone e hanno prodotto una vera e propria rimozione della cultura.
“Gli Inuit hanno subito sia un razzismo feroce, sia un processo di colonizzazione etnogiuridica pesante. Sono stati cancellati usi e costumi, costringendo le popolazioni, nomadi da sempre, a diventare sedentarie. Tanta gente è stata convinta ingannevolmente a barattare le preziose pellicce con oggetti inutili o pericolosi come l'alcol. Tanti sono stati arrestati e lasciati morire nelle carceri canadesi. Ma la cosa più atroce sono stati gli abusi fisici e sessuali subiti dai bambini all'interno delle scuole federali. Questo tema mi brucia dentro forte come una ferita”.
La cultura Inuit però, soprattutto dal 1999, gode di miglior salute. Non potendo cancellare anni di abusi e di orrore, il governo canadese ha varato da alcuni anni piani di intervento per il recupero della cultura indigena e Tanya Tagaq, con il suo lavoro, è un’esponente della rinascita di questa cultura millenaria che, similarmente ad altre culture native, ha esaltato la donna e la sua capacità di vivere “tra due mondi”. Con il suo ottimismo e la sua voglia di fare e con questo canto che viene dalle cavità più profonde del suo corpo è la testimonianza vivente della possibilità di esaltare una tradizione, quasi ignorata, con uno sguardo rivolto al futuro e alla contaminazione delle culture.
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