Rosa M. Amorevole Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Ottobre 2006
La stragrande maggioranza di chi ha risposto (70%) ha indicato che occorre manifestare chiaramente il proprio dissenso per questi fenomeni. Informazione e promozione di politiche, un lavoro a 360 gradi è ciò che serve. Per il 15% sono necessarie leggi più severe, che facciano da deterrente e che puniscano i colpevoli. La violenza è un fenomeno che riguarda uomini e donne ed entrambi debbono essere coinvolti nell’azione di contrasto. Per il 4% invece prevale la sensazione che il fenomeno sia sempre esistito, soltanto oggi se ne parla solo di più di quanto non si facesse in passato. Il rimanente 4% suggerisce alle donne di stare più attente, specie quando escono alla sera o se frequentano particolari zone della città.
E’ possibile, anzi “doveroso” costruire sul tema un lavoro comune e trasversale delle elette in Parlamento, ma forse non basta. Non solo si deve aspirare ad azioni trasversali per ideologia politica (“deputate di destra e di sinistra dovrebbero unirsi”), anche la trasversalità tra i generi: “si debbono coinvolgere anche gli eletti”, promuovere “tavoli di lavoro trasversali per raccogliere spunti di riflessione, indicazioni, proposte e sollecitazioni dalle associazioni femminili e dalle donne che si occupano da anni di violenza” da “portare in Parlamento”, andrebbe infatti effettuato un “lavoro comune sia delle elette che degli eletti perchè la violenza, anche se coinvolge soprattutto le donne, direttamente o indirettamente coinvolge anche gli uomini”.
Alcune risposte appaiono più pessimiste perché, affermano che talvolta le “parlamentari sono forse troppo coinvolte” in immagini stereotipate della donna che la vorrebbero in casa. O perché ricordano che abbiamo leggi troppo permissive e che non esiste un vero investimento finanziario a supporto delle azioni di emersione e contrasto di tale problematica.
I commenti su cosa disturba di più quando si legge o si sente di violenze alle donne sono vari ed articolati. Per la maggior parte quello che secca di più è il sentire “se l’è cercato”, il modo più rapido per addossare alla vittima la colpa di quanto le è successo, assolvendo così gli uomini tutti. Oppure la “ricerca della notizia sensazionale” anche “apportando particolari macabri” in articoli retorici come solo certi “pezzi di colore” sanno essere; o legando la causa al “delitto passionale”, all’amore, come se questo fosse un gesto supremo motivato – e giustificato - da una forte passione.
L’attacco alla minigonna è “puramente strumentale”, come se “nel ‘500 le donne non subissero violenza solo perché portavano gonnelloni”. Dal genere maschile, sensibile al nostro domandone tanto da rispondere (ringraziamo), una grande verità “potrebbe succedere a mia moglie, mia madre o mia sorella” e in questo modo “indirettamente” anche gli uomini fanno parte “del gioco”.
Pur tra le righe arrabbiate si coglie la percezione di crescente timore che la cosa “possa interessare anche me” tanto che – provate – se chiedete a qualche amica cosa farebbe/cosa ha fatto trovandosi a camminare da sola su di un marciapiede nel vedere uno sconosciuto che proviene in senso contrario, la maggior parte dirà “attraverso la strada!”.
Gli approfondimenti richiesti al giornale riguardano le esperienze straniere, le buone prassi attivate, le violenze domestiche e le molestie, sul come prevenirle e combatterle, su come fortificare soprattutto psicologicamente le donne. Ci viene richiesto di portare le testimonianze anche anonime di chi ha subito mobbing sessuale sul lavoro, su come ha fatto a superare il problema. Le iniziative sul territorio, siti e volumi interessanti sul tema. La dimensione del fenomeno e come si articola, chi sono i violentatori/molestatori effettivi o tentati, i riferimenti sul territorio per chi si trovi in stato di necessità.
Sicuramente Noidonne saprà rispondere a queste richieste. Ai gruppi, alle associazioni delle donne rinviamo le sollecitazioni raccolte in alcune risposte, di organizzare una grande manifestazione affinché le donne possano rendersi visibili e testimoniare il loro no alla violenza.
Per concludere una piccola riflessione: in un paese in cui si promuovono da anni le statistiche più varie sui comportamenti di donne e uomini, bambine e bambini, quelle sulla violenza hanno impiegato molti anni prima di essere implementate (del resto non sono “obbligatorie” e costano soldi). Pertanto il tema, e in particolare la violenza in famiglia, è ancora poco studiato e assolutamente sottostimato pur colpendo milioni di donne. Raramente queste raccontano cosa è successo loro e ancora più raramente denunciano alla polizia la violenza subita o cercano aiuto nei centri antiviolenza o presso i servizi sociali. Di conseguenza ciò significa che le statistiche di fonte amministrativa sono assolutamente insufficienti per misurare il fenomeno.
Per conoscere la dimensione del fenomeno della violenza contro le donne, la sua entità e la sua natura e il numero delle vittime e dei reati è necessario ottenere le informazioni direttamente dalle donne, per chiedere della loro vita. Solo un'indagine specifica sulla violenza e sul maltrattamento familiare può raggiungere questo scopo.
Nel 2001 l'Istat e il Dipartimento delle Pari opportunità, all’interno di un progetto, hanno iniziato ad affrontare lo studio - che coinvolge 30.000 donne - della violenza e della peculiarità del contesto nazionale, inserendo anche un modulo sulle molestie e sulle violenze sessuali.
Nello specifico, il questionario indaga:
- l’incidenza e la prevalenza dei differenti tipi di violenze (psicologica, economica, fisica, sessuale) con un'attenzione specifica verso la violenza domestica subita dal partner attuale e/o da quello precedente;
- le caratteristiche delle vittime e degli autori della violenza;
- le caratteristiche, le conseguenze ed i costi della violenza;
- i diversi fattori di rischio relativi agli individui e all'ambiente socio-demografico.
I risultati della prima rilevazione, molto interessanti anche per una lettura di non esperte/i, sono rintracciabili sul sito www.istat.it, e rappresentano la prima descrizione del fenomeno emerso e sommerso in Italia che esprime un quadro alquanto raccapricciante.
RETE DEI CENTRI ANTIVIOLENZA E DELLE CASE DELLE DONNE
Elenco degli indirizzi: http://www.women.it/centriantiviolenza
(25 ottobre 2006)
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