Tabella di marcia per la parità tra donne e uomini 2006-2010
CHIEDI AL CRASFORM - Testi di legge / 3
Redazione Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Gennaio 2007
Parlamento europeo. Risoluzione 13 marzo 2007: "Tabella di marcia
per la parità tra donne e uomini 2006-2010".
Il Parlamento europeo,
– vista la comunicazione della Commissione intitolata "Una tabella di marcia per la
parità tra donne e uomini 2006-2010" (COM(2006)0092),
– vista la decisione 2001/51/CE del Consiglio, del 20 dicembre 2000, relativa ad un
programma d'azione comunitario concernente la strategia comunitaria in materia di
parità tra donne e uomini (2001-2005), e la risoluzione legislativa del Parlamento
sullo stesso argomento,
– visti gli strumenti giuridici delle Nazioni Unite nel campo dei diritti umani e
specialmente dei diritti delle donne, in particolare la Convenzione per l'eliminazione di
tutte le forme di discriminazione nei confronti delle donne, nonché gli altri strumenti
delle Nazioni Unite in materia di violenza contro le donne, quali la dichiarazione e il
programma d'azione di Vienna, adottati dalla conferenza mondiale sui diritti umani del
14-25 giugno 1993 a Vienna, e la risoluzione del 20 dicembre 1993 sull'eliminazione
della violenza nei confronti delle donne, la risoluzione del 19 febbraio 2004
sull'eliminazione della violenza domestica nei confronti delle donne, la risoluzione del
20 dicembre 2004 sulle misure da adottare per eliminare i delitti d'onore commessi
contro le donne, e la risoluzione del 2 febbraio 1998 sulle misure in materia di
prevenzione dei reati e di giustizia penale per eliminare la violenza contro le donne,
– viste la dichiarazione e la strategia di Pechino adottate durante la quarta conferenza
mondiale sulle donne, il 15 settembre 1995, nonché le risoluzioni del Parlamento del
18 maggio 2000 sul seguito dato alla piattaforma d'azione di Pechino(8) e del 10
marzo 2005 sul seguito della Quarta Conferenza mondiale sulla piattaforma d'azione
per le donne (Pechino+10),
– vista la relazione del Segretario generale delle Nazioni Unite del 6 luglio 2006 dal
titolo "Studio approfondito su tutte le forme di violenza contro le donne",
– vista la relazione finale, del marzo 2005, della 49ma Sessione della Commissione
sullo statuto delle donne dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite,
– visto il Protocollo della Corte africana dei diritti dell'uomo e dei popoli sui diritti delle
donne in Africa, definito anche "Protocollo di Maputo", che è entrato in vigore il 25
novembre 2005 e che fa riferimento tra l'altro alla proibizione di tutte le forme di
mutilazioni genitali,
– vista la risoluzione 1325 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite del 31 ottobre
2000 sulle donne, la pace e la sicurezza, che prevede un maggiore coinvolgimento
delle donne alla prevenzione dei conflitti armati e alla costruzione della pace,
– vista la relazione del maggio 2003 sul Gender Budgeting, elaborata dal comitato
consultivo sulle pari opportunità tra donne e uomini della Commissione,
– viste le conclusioni della Presidenza del Consiglio europeo straordinario di Lisbona,
del 23 e 24 marzo 2000, del Consiglio europeo di Stoccolma, del 23 e 24 marzo 2001,
di Barcellona, del 15 e 16 marzo 2002, di Bruxelles, del 20 e 21 marzo 2003, e di
Bruxelles, del 25 e 26 marzo 2004,
– vista la decisione 2005/600/CE del Consiglio, del 12 luglio 2005, sugli orientamenti
per le politiche degli Stati membri a favore dell'occupazione,
– vista la sua risoluzione, del 19 gennaio 2006 sul futuro della strategia di Lisbona per
quanto riguarda la prospettiva di genere,
– vista la sua risoluzione, del 9 marzo 2004, sulla conciliazione della vita
professionale, familiare e privata,
– vista la sua risoluzione, dell'11 febbraio 2004, sull'organizzazione dell'orario di
lavoro (modifica della direttiva 93/104/CE)(15) ,
– vista la sua risoluzione del 2 febbraio 2006 sulla situazione attuale nella lotta alla
violenza contro le donne ed eventuali azioni future,
– vista la sua risoluzione del 17 gennaio 2006 sulle strategie di prevenzione della
tratta di donne e bambini, vulnerabili allo sfruttamento sessuale,
– vista la sua risoluzione del 24 ottobre 2006 sull'immigrazione femminile: ruolo e
condizione delle donne immigrate nell'Unione europea,
– vista la dichiarazione ministeriale della Conferenza dei ministri responsabili delle
politiche di pari opportunità adottata il 4 febbraio 2005 in Lussemburgo,
– visto il Patto europeo per la parità di genere adottato dal Consiglio europeo il 23 e
24 marzo 2006 a Bruxelles,
– visto il piano di azione per l'uguaglianza dei generi 2005-2015, adottato dal
Commonwealth,
– visto l'articolo 45 del suo regolamento,
– vista la relazione della commissione per i diritti della donna e l'uguaglianza di genere
e i pareri della commissione per lo sviluppo, della commissione per l'occupazione e gli
affari social, della commissione per l'industria, la ricerca e l'energia e della
commissione per le libertà civili per la giustizia e gli affari interni (A6-0033/2007),
A. considerando che la dichiarazione di Vienna ribadisce che "I diritti umani delle
donne e delle bambine sono parte inalienabile, integrale e indivisibile dei diritti umani
universali", e l'uguaglianza tra donne e uomini è un diritto e un principio fondamentale
dell'UE, riconosciuto dal trattato che istituisce la Comunità europea e dalla Carta dei
Diritti Fondamentali dell'Unione europea; considerando che, nonostante i significativi
progressi effettuati in tale campo, continuano a sussistere molte disuguaglianze fra
donne e uomini;
B. considerando che la violenza contro le donne è la più diffusa violazione dei diritti
dell'uomo, senza limiti geografici, economici o sociali, e che nonostante gli sforzi
messi in opera a livello nazionale, comunitario ed internazionale, il numero di donne
vittime di violenze è allarmante,
C. considerando che l'espressione "violenza contro le donne" comprende tutti gli atti di
violenza contro il genere femminile che si traducono, o possono tradursi, in lesioni o
sofferenze fisiche, sessuali o psicologiche per le donne, incluse le minacce di tali atti,
la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica che nella
vita privata,
D. considerando che il rischio di povertà colpisce in maggior numero le donne, ivi
comprese quelle che lavorano, e soprattutto le donne in età avanzata, le donne
capofamiglia di famiglie monoparentali, le madri minorenni e le donne che lavorano in
imprese familiari, per la persistenza di discriminazioni di genere e disuguaglianze nella
formazione, nei servizi alla persona, nell'accesso al lavoro, nelle responsabilità
familiari, nei diritti pensionistici nonché nelle protezioni giuridiche in caso di
separazione o divorzio, in particolare per le donne economicamente dipendenti,
E. considerando che l'insieme di principi e di valori culturali e sociali dell'Unione
europea e degli Stati membri, quali il rispetto dei diritti umani, la dignità della
persona, la libertà, l'uguaglianza, il dialogo, la solidarietà e la partecipazione sono un
patrimonio di tutti i cittadini e residenti dell'Unione europea, la cui integrazione è una
priorità per l'UE ed un fattore che contribuisce all'emancipazione e all'integrazione, in
particolare per le donne e le bambine che si trovano in situazione di isolamento a
causa di barriere linguistiche, culturali o religiose;
F. considerando che il Gender Budgeting dovrebbe essere tenuto in maggiore
considerazione ai fini di un'efficace governance delle politiche di pari opportunità, e
che le conoscenze ed esperienze in merito a livello europeo, nazionale o regionale
permetterebbero senza ulteriori ritardi un'applicazione al bilancio ed ai programmi
comunitari, nella loro fasi di elaborazione, di implementazione e di valutazione,
G. considerando che l'articolo 3, paragrafo 2, e gli articoli 13 e 152 del trattato CE
descrivono il ruolo della Comunità nella realizzazione dell'uguaglianza di genere nelle
politiche rivolte a tutelare la salute umana,
H. considerando che il raggiungimento degli obiettivi di Lisbona in materia di
occupazione femminile necessita di ulteriori azioni nell'ambito del metodo aperto di
coordinamento e basandosi sulle buone prassi esistenti a livello nazionale o regionale,
che tengano conto in particolare dell'interdipendenza tra politiche di formazione e di
accesso al lavoro, politiche di conciliazione, servizi e promozione della partecipazione
delle donne ai processi decisionali, e considerando che, in tale prospettiva, dovrebbe
essere effettuato uno sforzo particolare per garantire una coesione socioeconomica,
per porre fine alla separazione digitale tra i generi e per promuovere il ruolo delle
donne nella scienza,
I. considerando che, nonostante la normativa comunitaria e le disposizioni nazionali in
tema di parità di retribuzione, il divario di retribuzione fra i due sessi continua in gran
parte a persistere, dal momento che le donne nell'UE guadagnano in media il 15% in
meno degli uomini, differenza questa che viene a ridursi a un ritmo molto più lento
rispetto alla differenza dei tassi di occupazione dei due sessi,
J. considerando che le donne godono spesso di diritti pensionistici inferiori rispetto agli
uomini sia a causa dei salari più bassi sia a causa di una carriera professionale di
livello inferiore e caratterizzata da interruzioni a causa dei loro crescenti obblighi
familiari,
K. considerando che le politiche di conciliazione fra vita familiare e vita professionale
debbono indirizzarsi sia alle donne che agli uomini e che necessitano pertanto di un
approccio complessivo che tenga conto delle discriminazioni nei confronti delle donne
e consideri le nuove generazioni come un beneficio per l'intera società,
L. considerando che le donne rappresentano il 52% della popolazione europea ma tale
proporzione non si riflette nei luoghi di potere sia nel momento dell'accesso che in
quello della partecipazione; considerando che la rappresentatività dell'intera società è
un elemento che rafforza la governance e la pertinenza delle politiche rispetto alle
attese della popolazione; considerando inoltre che esiste una varietà di soluzioni a
livello nazionale (leggi, accordi o iniziative politiche) per concretizzare la
rappresentanza delle donne nei luoghi decisionali,
M. considerando che il quadro strategico "2010" (società europea dell'informazione
per la crescita e l'occupazione 2010) proposto dalla comunicazione della Commissione
(COM (2005)0229) mira tra l'altro al miglioramento della qualità della vita tramite la
partecipazione di tutti alla società dell'informazione,
1. prende atto della volontà della Commissione di proseguire la strategia in materia di
pari opportunità in una prospettiva multiannuale, poiché ciò permette di perseguire
una strategia a lungo termine, di promuovere le pari opportunità a livello di UE, ma
sottolinea che la tabella di marcia non specifica le responsabilità della Commissione e
degli Stati membri per quanto riguarda l'attuazione e l'informazione dei cittadini o i
finanziamenti che saranno destinati all'esecuzione delle sue raccomandazioni;
2. riconosce il doppio approccio per la promozione della parità tra i generi, basato
sull'integrazione della dimensione di genere in tutte le politiche e sulla contemporanea
applicazione di specifici provvedimenti in tal senso;
3. chiede alla Commissione di elaborare un quadro complessivo per la valutazione
delle politiche e dei programmi di sostegno all'uguaglianza di genere, comprese le
politiche nazionali; in particolare chiede una valutazione approfondita della Strategia
Quadro comunitaria per la parità tra donne e uomini (2001-2005)(22) , nonché una
analisi sull'implementazione delle direttive sulle pari opportunità, in particolare le
direttive 86/613/CEE(23) , 89/391/CEE(24) , 92/85/CEE(25) e 2003/41/CE(26) , al
fine di stabilire, per la presente tabella di marcia, un ciclo coerente di
programmazione, attuazione, monitoraggio e valutazione che poggi su dati e
statistiche affidabili; ritiene, a questo effetto, che la rapida costituzione dell'Istituto
europeo per l'uguaglianza di genere sia indispensabile al monitoraggio costante dei
progressi della tabella di marcia;
4. chiede alla Commissione di adottare un approccio della politica sull'uguaglianza di
genere non solo in quanto priorità dell'UE ma anche e soprattutto come esigenza
imprescindibile di rispetto dei diritti della persona; tale approccio dovrebbe tradursi in
uno sforzo di coordinamento e rafforzamento delle misure europee e nazionali per la
protezione giuridica della donna e dei bambini, in particolare:
- in caso di riduzione in schiavitù delle donne o nei casi di crimini commessi in nome
dell'onore o della tradizione, di violenza, di traffico degli essere umani, di mutilazioni
genitali femminili, di matrimoni forzati, di poligamia nonché di atti di privazione
dell'identità (ad esempio l'imposizione del burqa, del niqab o di maschere), mirando
ad una tolleranza zero;
e invita la Commissione:
– ad effettuare ricerche sulle cause sottostanti alla violenza connessa al genere, a
mettere a punto indicatori sul numero delle vittime e, determinando preventivamente
una base giuridica, a presentare una proposta di direttiva sulla lotta alla violenza
contro le donne;
– a raccogliere al più presto dati confrontabili e affidabili sul traffico di esseri umani, in
modo da poter fissare obiettivi per la riduzione del numero delle vittime, nonché ad
effettuare uno studio sulla correlazione causale tra la legislazione sulla prostituzione
ed il traffico ai fini dello sfruttamento sessuale e la diffusione delle migliori prassi,
comprese le azioni adottate in materia di domanda;
ed invita gli Stati membri:
– ad introdurre la registrazione obbligatoria degli atti di mutilazione genitale femminile
effettuati da personale sanitario e a ritirare la licenza dei medici che li praticano;
5. chiede agli Stati membri che non l'hanno ancora fatto di ratificare senza ulteriori
ritardi il protocollo per prevenire, combattere e punire il traffico di persone,
specialmente donne e bambini, che integra la Convenzione delle Nazioni Unite contro
la criminalità organizzata transnazionale ("protocollo di Palermo") e la Convenzione
del Consiglio d'Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani, nonché a dare
attuazione alla direttiva 2004/81/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, riguardante il
titolo di soggiorno da rilasciare ai cittadini di paesi terzi vittima della tratta di esseri
umani o coinvolti in un'azione di favoreggiamento dell'immigrazione illegale che
cooperino con le autorità competenti(27) ;
6. considera che il rispetto dei diritti delle donne è un requisito fondamentale, al pari
degli atri diritti umani, nell'ambito dei negoziati di adesione con i paesi candidati;
chiede pertanto alla Commissione di monitorare e comunicare al Parlamento europeo
ed al Consiglio i dati relativi agli atti di discriminazione e violenza di cui sono vittime le
donne in questi paesi nonché di favorire attivamente la partecipazione dei paesi in via
di adesione ai programmi comunitari PROGRESS e DAPHNE;
7. sottolinea che il rispetto dei diritti delle donne deve essere una condizione
essenziale delle politiche di vicinato, estera e di sviluppo dell'UE; in tale contesto:
– raccomanda che, nel quadro di tali politiche, l'UE dia prova di un impegno più
marcato nei confronti di un dialogo politico con i paesi terzi e di un sostegno
finanziario collegato allo sviluppo, al fine di promuovere le pari opportunità;
– sottolinea la specificità della femminilizzazione della povertà e insiste sul fatto che la
realizzazione degli Obiettivi di sviluppo del millennio (OSM) passa necessariamente
per la promozione della parità dei sessi in tutte le fasce di età,
– chiede di accordare un'attenzione particolare agli OSM 2 e 3 e di promuovere
l'insegnamento a tutti i livelli per le bambine, nonché di promuovere un accesso
paritario a programmi di formazione orientati verso attività produttive gestite dalle
donne, in particolare le piccole e medie imprese (PMI), quale mezzo per ridurre la
povertà, migliorare le condizioni di salute e di benessere, nonché contribuire ad uno
sviluppo reale e sostenibile;
– chiede che vengano adottate iniziative per impedire che le donne siano
marginalizzate nei programmi di sviluppo, garantendo loro parità di accesso ai mercati
del lavoro, a un'occupazione permanente e di migliore qualità e ai mezzi di
produzione, come la terra, il credito e la tecnologia;
– esorta la Commissione e gli Stati membri a prendere, nel quadro delle loro politiche
di cooperazione allo sviluppo, misure adeguate per favorire una migliore
rappresentanza delle donne, badando a che le donne abbiano le stesse possibilità
degli uomini e favorendone la partecipazione alle associazioni professionali e alle
istanze di pianificazione e decisione politica;
– invita la Commissione e gli Stati membri, nel quadro dei loro programmi di sviluppo,
ad esaminare metodi preventivi per la lotta contro la violenza sessuale e la tratta di
esseri umani in vista del loro sfruttamento sessuale, di scoraggiare la violenza nei
confronti delle donne e di garantire assistenza medica, sociale, legale e psicologica sia
alle donne sfollate a seguito di conflitti che alle altre migranti;
– invita la Commissione a procedere ad una valutazione quantitativa e qualitativa
delle spese e dei programmi d'aiuto allo sviluppo nei paesi terzi;
8. chiede alla Commissione di prendere misure per garantire alle donne i diritti alla
salute, compresa la salute sessuale e riproduttiva; ribadisce che è essenziale, in
particolare per la lotta contro l'HIV/AIDS, ampliare l'accesso alle informazioni relative
alla salute sessuale e riproduttiva e ai servizi sanitari;
9. riconosce che le ragazze sono particolarmente esposte alla violenza e alla
discriminazione e chiede sforzi più incisivi per proteggerle da ogni forma di violenza,
compresi lo stupro, lo sfruttamento sessuale e l'arruolamento forzato nelle forze
armate, nonché per incoraggiare politiche e programmi intesi a promuovere la tutela
dei diritti delle ragazze nelle situazioni di conflitto e post-conflitto;
10. chiede alla Commissione di rispettare l'impegno a presentare una comunicazione
su "una visione europea della parità tra donne e uomini nella cooperazione allo
sviluppo";
11. invita la Commissione ad assicurare il coordinamento tra l'UE e l'ONU per quanto
riguarda le politiche in materia di pari opportunità e diritti delle giovani; ribadisce
l'importanza di promuovere una stretta collaborazione con le istituzioni europee e
internazionali, regionali e/o bilaterali, compresi gli organi delle Nazioni Unite, al fine di
armonizzare, per quanto riguarda il genere, le impostazioni nei settori della
cooperazione allo sviluppo e dell'aiuto umanitario, in particolare rafforzando il legame
tra la piattaforma d'azione di Pechino e il programma d'azione del Cairo, la
convenzione per l'eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti delle
donne e il suo protocollo facoltativo e gli OSM;
12. chiede alla Commissione che, nelle politiche a favore dell'Africa e nelle strategie di
sviluppo nazionali dei paesi africani, si promuovano la ratifica e l'attuazione del
Protocollo di Maputo in tutti i paesi africani, con un'attenzione particolare all'articolo 5,
che prevede la condanna e la proibizione di tutte le forme di mutilazioni genitali;
13. si compiace per l'impegno della Commissione a promuovere l'attuazione della
summenzionata risoluzione 1325 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e ad
elaborare linee direttrici sull'integrazione della dimensione di genere nelle attività di
formazione alla gestione delle crisi;
14. chiede agli Stati membri e alla Commissione di adottare iniziative concrete per
promuovere l'emancipazione e l'integrazione socioeconomica delle donne immigrate,
in particolare, nell'ambito del programma quadro comune per l'integrazione dei
cittadini di paesi terzi e delle azioni di sostegno alla conoscenza della lingua, dei diritti
e doveri che discendono dall'acquis comunitario, dagli accordi internazionali, dai
principi e dalle leggi vigenti nel paese d'accoglienza (tra cui il divieto di poligamia
nell'ambito del ricongiungimento familiare) e dei valori fondamentali dell'Unione
europea, elaborando politiche di formazione specifica in materia di pari opportunità, di
non discriminazione in base al sesso e di intervento da una prospettiva di genere,
mettendo a punto programmi di lotta contro la discriminazione nell'accesso al lavoro e
sul luogo di lavoro, sostenendo progetti imprenditoriali di donne immigrate volti a
mantenere e diffondere la ricchezza culturale dei loro paesi d'origine e creando e
favorendo spazi pubblici di partecipazione per le donne immigrate in cui esse siano
rappresentate attivamente;
15. raccomanda agli Stati membri e alla Commissione di prevedere il finanziamento
dei programmi volti a fornire nei paesi d'origine informazioni sui requisiti per l'entrata
e il soggiorno degli immigranti nell'UE, nonché sui pericoli che comporta
l'immigrazione irregolare;
16. chiede alla Commissione di avviare i primi progetti pilota sull'integrazione della
dimensione di genere nel bilancio generale dell'Unione europea e nei programmi
comunitari, in particolare i fondi strutturali, il Settimo programma quadro di azioni
comunitarie di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione (2007-2013), il
programma d'azione comunitaria in materia di salute e tutela dei consumatori (2007-
2013) ed il programma d'azione comunitario nel campo della sanità pubblica (2003-
2008); ritiene che tali progetti pilota dovrebbero contemplare l'impatto del bilancio
generale dell'Unione europea sulla parità di genere (approccio orizzontale), l'efficacia
di riserve specifiche per le donne o progetti proposti da donne nonché l'analisi delle
difficoltà incontrate dalle donne per partecipare a tali programmi (approccio specifico);
17. chiede agli Stati membri di integrare o rafforzare i propri piani nazionali per
l'occupazione e l'integrazione sociale al fine di inserirvi misure volte a favorire
l'accesso delle donne al mercato del lavoro in situazione di pari dignità e di pari
retribuzione per pari lavoro e a promuovere l'imprenditoria femminile, nonché à
identificare e promuovere nuove opportunità di lavoro nel settore socio-sanitario e nei
servizi alla persona e alla famiglia, dove la forza lavoro è prevalentemente composta
di donne, mettendo in rilievo il valore economico e sociale di tali lavori e prevedendo
un contesto normativo atto ad assicurare la qualità dei servizi, il riconoscimento dei
diritti sociali e la dignità degli operatori, nonché a contribuire alla riduzione del rischio
di povertà; ritiene che, a causa della loro sfavorevole posizione in campo sociale ed
economico, caratterizzata da indici di disoccupazione più elevati e retribuzioni inferiori
a quelle maschili, le donne siano maggiormente esposte allo sfruttamento;
18. invita gli Stati membri ad applicare strategie concrete in materia di rafforzamento
dell'imprenditorialità femminile, utilizzando, ad esempio, le opportunità offerte dalle
TIC, e misure di agevolazione dell'accesso delle imprenditrici al credito e ai servizi
bancari, soprattutto per quanto riguarda i microfinanziamenti e le misure a sostegno
delle reti di imprenditrici;
19. rileva che le difficoltà che gli Stati membri e l'UE devono affrontare nel settore
dell'uguaglianza di genere sono sempre più rilevanti, a seguito dell'intensificata
concorrenza economica mondiale e della susseguente domanda di una forza lavoro
sempre più flessibile e mobile; sottolinea che le donne continuano a subire
discriminazioni sociali, lavorative e d'altro tipo e che le suddette esigenze rischiano di
avere un impatto maggiore sulle donne che su gli uomini; ritiene che non si dovrebbe
permettere che tale situazione pregiudichi l'uguaglianza di genere e i diritti riproduttivi
delle donne;
20. chiede agli Stati membri di nominare un responsabile nazionale per l'uguaglianza
di genere nell'ambito dell'attuazione della Strategia di Lisbona, con il compito di
partecipare all'elaborazione e alla revisione dei rispettivi piani nazionali nonché al
monitoraggio della loro attuazione, al fine di favorire l'integrazione della dimensione di
genere segnatamente nel bilancio, per le politiche e gli obiettivi definiti in tali piani;
21. deplora che il divario retributivo tra i sessi ammonti tuttora al 15%; chiede alla
Commissione di rivedere in via prioritaria la direttiva 75/117/CEE del Consiglio, in
particolare gli elementi attinenti agli ispettorati del lavoro e ai mezzi di ricorso
disponibili in caso di discriminazioni; invita inoltre la Commissione a garantire che tale
direttiva non comporti discriminazioni per le donne che si sono dedicate ai figli e
hanno quindi una scarsa esperienza lavorativa;
22. chiede alla Commissione, in collaborazione con gli Stati membri e le sue parti
sociali, di incoraggiare la creazione di politiche di conciliazione fra vita familiare e vita
professionale, segnatamente:
- assicurando che il costo della maternità e della paternità sia a carico della
collettività, al fine di sradicare comportamenti discriminatori in seno alle imprese e di
contribuite al rilancio demografico, nonché di agevolare l'occupazione femminile;
- conducendo una campagna di sensibilizzazione e varando progetti pilota per
facilitare una partecipazione equilibrata di donne e uomini alla vita professionale e
familiare,
- nel quadro degli obiettivi di Barcellona, rendendo più accessibili e flessibili i servizi di
assistenza destinati a persone non autosufficienti (bambini, persone con disabilità o
malattie croniche e anziani) definendo requisiti di minima in materia di assistenza, tra
cui strutture aperte anche di notte, al fine di far fronte alle esigenze familiari e
lavorative;
- incoraggiando attivamente i padri e i conviventi maschi ad avvalersi delle opzioni di
orario flessibile e ad assumere la responsabilità dei compiti domestici e di quelli
connessi alla famiglia, ad esempio istituendo una prima forma di congedo di paternità
ed avviando l'attesa revisione della direttiva 96/34/CE del Consiglio;
- definendo sistemi alternativi per assicurare la copertura pensionistica delle donne nei
casi in cui la loro carriera professionale non preveda una pensione adeguata a causa di
una minore durata o di una interruzione determinate dai loro crescenti obblighi
familiari;
23. chiede alla Commissione di garantire che si tenga adeguatamente conto
dell'analisi d'impatto di genere nella revisione o nell'elaborazione della legislazione
comunitaria, come ad esempio la direttiva 93/104/CE e di intervenire nei modi
opportuni quando è prevedibile un impatto di genere negativo, come nel caso della
direttiva suddetta; chiede al Consiglio di porre fine alla possibilità di derogare alla
suddetta direttiva, che è più pregiudizievole per le donne che per gli uomini e rende
più difficile una conciliazione tra lavoro e vita di famiglia;
24. invita la Commissione a tenere conto dell'esito della Conferenza sugli uomini e la
parità di genere, organizzata dalla presidenza finlandese dell'Unione, e del ruolo degli
uomini nel conseguimento della parità di genere;
25. chiede alla Commissione, utilizzando i lavori dell'Istituto europeo per l'uguaglianza
tra uomini e donne e basandosi sui progressi monitorati dalla Banca dati sul decisionmaking
(30) , di valutare le buone prassi esistenti a livello internazionale, nazionale o
regionale, che consentono la partecipazione delle donne ai processi decisionali e di
promuoverne la conseguente diffusione ed adozione, segnatamente sostenendo una
rete di donne coinvolte nel processo decisionale;
26. invita gli Stati membri a individuare e perseguire obiettivi e termini chiari per
l'aumento della partecipazione delle donne a tutte le forme di presa di decisioni e il
potenziamento della loro rappresentanza nella vita politica;
27. ritiene importante promuovere la partecipazione delle donne nelle carriere
scientifiche e nella ricerca; a tal fine occorre prevedere politiche e strumenti che
insieme assicurino equilibrio tra gli uomini e le donne ed eccellenza in queste carriere;
28. ritiene che la presenza delle donne nelle carriere scientifiche vada incoraggiata
anche attraverso la previsione di soluzioni contrattuali tipo borse di studio o lavoro
part-time per favorire la conciliazione tra vita familiare e vita lavorativa;
29. ritiene che la diffusione di esempi positivi, attraverso i media, sia del ruolo delle
donne nella società che dei successi da esse ottenuti in tutti i settori che devono
essere promossi per creare un'immagine positiva delle donne e per incoraggiare la
partecipazione di altre donne e uomini alla realizzazione dell'uguaglianza di genere e
alla conciliazione fra vita familiare e vita professionale sia uno strumento efficace per
la lotta agli stereotipi negativi che devono affrontare le donne; chiede, pertanto, alla
Commissione di incoraggiare iniziative, ad esempio nell'ambito del programma Media
2007, mirate a sensibilizzare i media attraverso, ad esempio, l'istituzione di tavoli di
consultazione permanenti con gli operatori del settore, sugli stereotipi veicolati nonché
a promuovere le pari opportunità, soprattutto per l'informazione e la sensibilizzazione
delle giovani donne e dei giovani uomini;
30. incoraggia gli Stati membri ad adottare misure per eliminare gli stereotipi di
genere, in particolare sul mercato del lavoro, e a promuovere la presenza degli uomini
in settori e posizioni occupati prevalentemente da donne, ad esempio nelle scuole
elementari e nelle strutture di assistenza;
31. esorta la Commissione a inserire nella tabella di marcia i diritti dei transessuali e i
problemi da questi affrontati, in linea con le recenti sentenze della Corte di giustizia
delle Comunità europee;
32. invita la Commissione a introdurre una formazione in materia di integrazione della
dimensione di genere e di sensibilizzazione alla tematica uomo-donna per i
Commissari e i funzionari di massimo livello come pure nell'ambito di tutti i corsi di
formazione al management destinati ai funzionari europei;
33. invita la Commissione a promuovere in tutti i documenti ufficiali e per
l'interpretazione in tutte le lingue ufficiali dell'UE, una terminologia non sessista e
capace di raggiungere tutte le culture interessate;
34. invita le istituzioni e le agenzie europee a promuovere la parità di genere a livello
amministrativo e a mirare alla parità tra donne e uomini nelle assunzioni e nelle
nomine, in particolare per le posizioni ad alto livello;
35. invita la Commissione a dedicare alla tabella di marcia un capitolo distinto
nell'ambito della relazione annuale sulle pari opportunità per le donne e gli uomini
nell'Unione europea e a riferire in tale capitolo circa i progressi compiuti relativamente
alla tabella di marcia;
36. chiede alla Commissione di informare regolarmente la o le commissioni
competenti del Parlamento sul monitoraggio dei progressi della tabella di marcia, tra
l'altro mediante relazioni per paese accessibili al pubblico;
37. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla
Commissione, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni,
nonché agli organi esecutivi ed elettivi competenti per le pari opportunità a livello
locale, regionale e nazionale.
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