Nello spettrale e claustrofobico padiglione XVII, le quattro “agitate” si raccontano, riescono a creare un forte legame di complicità, ascolto e solidarietà che serve a lenire almeno in parte le violenze inflitte dal sistema psichiatrico
Nello spettrale e claustrofobico padiglione XVII, le quattro “agitate” si raccontano, riescono a creare un forte legame di complicità, ascolto e solidarietà che serve a lenire almeno in parte le violenze inflitte dal sistema psichiatrico, dall’immobilizzazione forzata all’isolamento, l’elettro-shock e le altre forme di terapia invasiva e rudimentale, senza dimenticare le umiliazioni e colpevolizzazioni inferte dallo staff, fino ad arrivare alla violenza fisica e all’abuso vero e proprio.L’esperienza del/la paziente psichiatrico/a era completamente disumanizzante: a chi finiva al Santa Maria della Pietà era vietato possedere anche solo un gessetto e non poteva indossare nemmeno un paio di occhiali. La vita all’interno dell’istituzione era un susseguirsi di ore vuote, di terapie dolorose e inutili, di soprusi che spesso facevano deteriorare la condizione fisica, mentale ed emotiva del/la paziente, trasformando in croniche le patologie pre-esistenti o inducendo sofferenza psichica da cui scaturivano nuove forme patologiche.
In scena dal 9 al 13 aprile sul palcoscenico più inclusivo e attento alle tematiche di genere della Capitale, lo spettacolo, per la regia di Orazio Rotolo Schifone che ha anche scritto il testo insieme a Luisa Casasanta, è stato interpretato da un cast d’eccezionale bravura: Masaria Colucci, Luisa Casasanta, Aura Ghezzi, Laura Mazzi, Edoardo Purgatori, Mattia Teruzzi e Elena Vanni. Il pubblico romano ha applaudito calorosamente questo riuscito tentativo di rendere omaggio alle vittime del sistema psichiatrico italiano, invitando a ricordare chi è rimasto impigliato nelle maglie strette di vere e proprie discariche sociali ed è stato troppo a lungo dimenticato.
Lascia un Commento