Mercoledi, 14/03/2018 - E’ finito il tempo del silenzio, quel silenzio che l’apostolo Paolo imponeva:”Le donne tacciano in assemblea”. Le donne hanno preso la parola, e che parola! “Noi suore, basta essere schiave dei preti”. Non si tratta di un grido rabbioso echeggiato sui social, ma di una denuncia circostanziata contenuta nell’inserto mensile “Donne, chiesa, mondo” de L’osservatore romano. Vi si legge che, nelle case di presuli e prelati, diverse religiose “svolgono un servizio domestico decisamente poco riconosciuto”. Si alzano all’alba per preparare la colazione e vanno a dormire dopo aver servito la cena, riordinato la casa, lavato e stirato la biancheria, senza un orario regolamentato e raramente, si aggiunge “sono invitate alla tavola che servono”. Una situazione di forte disagio e – si è detto – di “abuso di potere” che muove da radici profonde. Secondo suor Joan Chittister, columnist dell’Huffington Post, “la Chiesa, che predica l’eguaglianza, è ancora uno degli ultimi baluardi della discriminazione sessuale”. Quale prezzo hanno, dunque, dovuto pagare le donne a causa di una tradizione religiosa fondata su una cultura patriarcale che ha influenzato profondamente, oltre agli orientamenti religiosi, anche gli assetti sociali? Come riconsegnare alle donne la dignità del proprio essere al mondo? – si chiede la teologa Adriana Valerio ne “Le ribelli di Dio. Donne e Bibbia tra mito e storia”, intraprendendo un percorso di scoperta e di riconoscimento del ruolo femminile nella Chiesa. Si riflette su quanto ‘femminista’ sia stato il messaggio di Cristo – basti pensare alla ‘scandalosa’ compagnia femminile che lo segue - e quanto le donne siano state fondamentali per la diffusione e il radicamento del cristianesimo. Resta il fatto che, come emerge dai dati raccolti nel volume “Papa Francesco e le donne”, le autrici, Giulia Galeotti e Lucetta Scaraffia, rilevano che “nella Chiesa le donne ci sono, sono molte e fanno tantissimo, eppure non contano nulla”. In Vaticano – si lamentano – non ci consultano mai. Ma forse qualcosa sta, sia pur lentamente, cambiando e un passo decisivo in questa direzione è stato compiuto, a mio avviso, dal Papa. Dinanzi a una suora che non aveva il coraggio di leggere fino in fondo la sua denuncia sul suo stato di servitù, il Pontefice è intervenuto: “Io, voi, noi, siamo al servizio dei poveri. Ma il servizio non è servitù”. Parole di esemplare chiarezza nella loro semplicità, che evocano il linguaggio privo di sotterfugi a cui invita il Vangelo. In effetti, Bergoglio sta manifestando una nuova attenzione per la questione femminile che è ormai, grazie anche alla vasta produzione teologica dedicata alle donne, al centro del campo in cui si confrontano politica e società, cultura e religione. La sua stessa affermazione secondo cui “chiamando la donna alla maternità, Dio le ha affidato in una maniera del tutto speciale l’essere umano” dovrebbe naturalmente ricomprendere – secondo le Autrici – anche l’essere umano che è formato dalla Chiesa e dal clero. Forse anche per la Chiesa è venuto il momento di condividere le parole di Alfred de Vigny: ”Dopo aver riflettuto bene sul destino delle donne di tutti i tempi e in tutti i paesi, ho finito per convincermi che ogni uomo dovrebbe dire ad ogni donna, in luogo di “Buongiorno”, un “Perdona!”, perché i più forti hanno fatto la legge”. Articolo pubblicato nè Il Secolo XIX giovedì 8 marzo 2018
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