L'ossessione dei (sedicenti) dotti per le donne come oggetto di studio è sempre dovuta al solito bisogno degli uomini di possedere e di controllare il mondo
Martedi, 18/10/2016 - Nel suo saggio più famoso “Una stanza tutta per sé ” Virginia Woolf, la più grande scrittrice dell'avanguardia femminista, dice: “Avete idea di quanti libri si scrivono sulle donne? Avete idea di quanti sono scritti da uomini? Sapete di essere forse l'animale più discusso dell'universo? (…) La semplice lettura dei titoli suggeriva innumerevoli professori, innumerevoli ecclesiastici che salivano sulle cattedre e sui pulpiti e dissertavano con una loquacità che superava di gran lunga l'ora assegnata su questo genere di argomento”.
L'ossessione dei (sedicenti) dotti per le donne come oggetto di studio è sempre dovuta al solito bisogno degli uomini di possedere e di controllare il mondo, allo scopo soprattutto di depredarlo, dilapidarlo e distruggerlo. Ma con le donne questo esercizio di violenza intellettuale non è ancora riuscito perché tentare di ridurre a uno schema certo e assoluto l'identità femminile è come cercare di prendere al laccio la luna! Del resto, gli uomini non sono riusciti a mettersi d'accordo sulle opinioni, percezioni, proiezioni e pregiudizi che esprimevano ed esprimono sulle donne.
Per i padri della chiesa la donna era soltanto sesso, seduzione diabolica e strumento di dannazione: le storie dei santi medioevali sono gremite di tentazioni in cui il diavolo appare sotto forme femminili per tentare la castità e la virtù del pio eremita.
Del tutto antitetiche le posizioni degli stilnovisti e soprattutto di Dante che vedono la donna come strumento di salvezza: è lei la strada maestra che porta al bene assoluto.
Nell'arte troviamo la stessa discordanza, mi vengono in mente due opere eccelse e lontanissime tra loro: la nascita di Venere di Botticelli e il giudizio universale, di Luca Signorelli, che possiamo ammirare nel duomo di Orvieto, entrambe opere rinascimentali ma profondamente diverse tra loro.
La prima, quella del Botticelli segue uno schema piramidale che culmina con Venere, la donna è l'espressione più alta della creazione! Nel giudizio Universale di Orvieto vediamo una bella donna nuda a cavalcioni di un demonio dal ghigno terrificante! La dea che domina e governa il mondo con la sua bellezza e la dannata che ha sedotto e portato alla perdizione tanti uomini!
Questa impossibilità di trovare la chiave, la parola magica, l'immagine sublime che possa dischiudere e svelare il mistero femminile è la logica conseguenza della riduzione femminile a creatura praticamente inventata dai desideri maschili! Come si fa a riconoscere qualcuno che non esiste?
Ma ecco irrompere nel mondo della cultura la filosofa francese Simone de Beauvoir, esponente di spicco dell'esistenzialismo che nel 1949 pubblica “Il secondo sesso”. Questo libro suscitò un grande scandalo ma ebbe anche un grande successo. La sua tesi rivoluzionaria è la seguente: la donna in realtà è un'invenzione del desiderio maschile. “Donna non si nasce, si diventa. Nessun destino biologico, psichico, economico, definisce l'aspetto che riveste in seno alla società la femmina dell'uomo; è l'insieme della storia della civiltà a elaborare quel prodotto intermedio tra il maschio e il castrato che chiamiamo donna”. Ecco l'inizio del libro: un pugno allo stomaco!
Indi passa in rassegna i ruoli che il pensiero maschile attribuisce alla donna: la madre, la prostituta, la vergine, la casalinga e tocca anche un argomento ritenuto per quei tempi difficile e spinoso come quello dell'omosessualità.
L'opera è ormai un classico del pensiero filosofico del Novecento.
Quale varco può aprire la donna per uscire dalla sua prigione e ritrovare la propria identità? A differenza di Sartre, la libertà dell'uomo non è un di più, un peso insopportabile, un destino tragico, ma una risorsa responsabile, un'opportunità che la donna può esercitare per cessare di essere lo specchio, l'altro rispetto all'uomo, e diventare veramente donna quale essere umano autonomo protagonista della propria vita e di quella del mondo. Questo libro di respiro universale libera dunque la donna dallo stato di minorità e le indica una via di emancipazione Nel divenire della sua coscienza che si riverbera nella realtà esterna, scuola, politica, società, famiglia.
Malgrado la soggettività che le è stata e che, purtroppo, le è ancora riconosciuta, sia quella di vivere in una costante donazione e in un costante annullamento di sé, essa è riuscita, grazie alle opere di cultura e alle azioni del femminismo a operare una sorta di partenogenesi, a ricreare se stessa da ogni punto di vista: biologico, sociale, psicologico, filosofico e politico.
A questo proposito è necessario citare un altro testo fondamentale che ha contribuito a cambiare la prospettiva filosofica con cui ci si relaziona con il pensiero maschile: “Sputiamo su Hegel” della filosofa femminista Carla Lonzi. La sua prima affermazione è netta e categorica, il suo libro è scaturito dalla sua esperienza femminista, dalla sua presa di coscienza dalla primavera del 1970 ai primi del 72: “Quando né rivoluzione né filosofia né arte né religione godevano più della nostra incondizionata fiducia, abbiamo affrontato il punto centrale della nostra inferiorizzazione, quello sessuale”.
Cosa vuole dire la Lonzi? Che le donne sono state sottomesse e oppresse per il semplice fatto di appartenere a quello che con attributo ingiurioso è stato definito “il sesso debole”, e che è stato loro negato il diritto alla gestione del proprio corpo e perfino del piacere sessuale.
La filosofia hegeliana con la certezza che ciò che è reale è razionale, afferma che qualunque tipo di potere, anche il più scellerato può essere giustificato dalla ragione! Ma per la filosofa femminista questo è inammissibile, da qui l'invettiva: “Sputiamo su Hegel”, ovvero sulle ideologie patriarcali che hanno sempre ridotto la donna ad una dimensione di oggetto:
“Dietro ogni ideologia noi intravediamo la gerarchia dei sessi”.
“Il femminismo è stato il primo momento politico di critica storica della famiglia e della società”.
”Non salterà il mondo se l'uomo non avrà più l'equilibrio psicologico della nostra sottomissione!”
Ebbene, gli uomini uccidono le donne perché non accettano di avere accanto un soggetto autonomo, riprendendo la metafora dello specchio non si riconoscono più, lo specchio è vuoto come il cuore di quell’uomo arso d'invidia e di rancore da reuccio spodestato!
Lei non gli ripete più: sei il più bello del reame, il più simpatico, il più intelligente, perché lo vede semplicemente come essere umano limitato, imperfetto e immaturo come un bambino viziato e capriccioso, e tuttavia lo guarda anche con amore e benevolenza: con occhi di madre.
Ma lui, cieco e vile, incapace di trovarsi davanti a se stesso e ai suoi limiti, la uccide e non si accorge che uccidendo lei, distrugge la sua umanità.
Con il femminismo finalmente il talento e l'esigenza creativa della donna è stata liberata e resa legittima e necessaria come il respiro e il cibo.
A cura di:
Prof. Angela Adamo direttrice della biblioteca di genere “Ipazia”
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