In un servizio televisivo, andato in onda lo scorso 3 giugno su Rai 2, si sono accesi i riflettori e gli amplificatori musicali sulla canzone PAS, con tanto di discutibili dichiarazioni esplicative
Martedi, 08/06/2021 - Quando si tratta del servizio pubblico radiotelevisivo si fa riferimento ad un servizio di trasmissioni radiotelevisive, prodotto dallo Stato o da una impresa concessionaria, che garantisce imparzialità e completezza d’informazione, nonché la tutela delle varie componenti della società del proprio Paese. In Italia la concessione dell’erogazione del servizio pubblico radiotelevisivo avviene mediante un Contratto tra la Rai, l’azienda erogatrice del suindicato servizio, ed il Ministero dello Sviluppo Economico, azionista al 99,56% della suddetta azienda. Attualmente è in vigore il Contratto di Servizio per il periodo 2018-2022. Tra i principi generali ivi enunciati, l’azienda assicura un’offerta di servizio pubblico improntata al rendere disponibile e comprensibile, su diverse piattaforme, una pluralità di contenuti di diversi formati e generi, che rispettino l’imparzialità, l’indipendenza e il pluralismo, con riferimento a tutte le diverse condizioni sociali, culturali e politiche.
Proprio in virtù della specifica tipologia di offerta radiotelevisiva, sarebbe da domandarsi che genere di servizio pubblico abbia offerto la Rai in occasione della trasmissione televisiva “Tutto il bello che c’è-Tg2”, andata in onda lo scorso 3 giugno. Già, la domanda corre d’obbligo, solo a visionare un reportage televisivo, ove si sono date “parole e musica” ad uno psicoterapeuta, definendole pillole di neuropsicofonia. Cosa si è ascoltato? Una canzone intitolata PAS -acronimo inglese che sta per Parental Alienation Syndrome (Sindrome da alienazione parentale)- che, a detta delle due giornaliste presenti in studio, “danneggia la mente e la salute dei bambini, quando diventano oggetto di controversia tra i genitori”.
L’ospite invitato, precisamente uno psicoterapeuta, con il sottofondo della sua canzone suonata con il violoncello, ha spiegato che “la sindrome da Alienazione parentale si manifesta quando un bambino viene in qualche modo spinto a non avere idee autonome dai propri genitori, quando c’è un genitore che parla male dell’altro e quindi crea un’idea distorta che va a confliggere con il bisogno che ha il bambino di avere un legame con entrambi i genitori”, con l’effetto di provocare nel bambino uno “stato d’ansia che poi va a deporre tutta una serie di difficoltà nell’apprendimento scolastico”.
Lo specialista, a specifica domanda sul come aiutare questi bambini, ha risposto che “occorre calmare i loro stati di agitazione attraverso la somministrazione della canzone-terapia che stimola la produzione di endorfine, quella morfina che produce il nostro corpo e che ci permette di calmarci”. Tralasciando lo spot promozionale sull’attività dell’esperto in questione, la Rai è a conoscenza che la PAS, come sindrome, non esiste? Eppure gli autori di suoi programmi potrebbero consultare Wikipedia, ove è scritto quanto segue.
“Allo stato, il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM) non riconosce la PAS come sindrome o malattia: nella quarta edizione del Manuale, la PAS non è nemmeno menzionata e neppure nella più recente edizione (DSM-5) del 2013, in ragione della sua ascientificità a causa della mancanza di dati a sostegno, segnalata già nel 1996 dall'APA. Tentativi per chiederne l'ammissione nel DSM-5, sono stati rigettati; il portavoce del gruppo di lavoro che si sta occupando della revisione del Manuale, dott. Darrel Regier, ha detto che riguardo alla PAS «non vi sono sufficienti prove scientifiche che ne giustifichino l'ammissione nel DSM»”.
Che dire poi al riguardo della circostanza per la quale la Rai, evidentemente, per il tramite dei suoi giornalisti, non sa che neppure un mese fa la Cassazione, con l 'Ordinanza n. 13217/2021, ha frenato sulla Sindrome da alienazione parentale (PAS), decidendo lo stop a "sillogismi implausibili". Come potrebbero essere quelli tanto decantati e cantati dallo psicoterapeuta intervistato su di una rete radiotelevisiva pubblica, allorché questi dichiara che “quando c’è un genitore che parla male dell’altro….. occorre calmare gli stati di agitazione” del bambino. Riflessioni non tanto peregrine solo a guardare quanto accade di questi giorni, relativamente al caso Massaro.
È stato, difatti, emanato, il giorno successivo a quello in cui veniva divulgato questo servizio televisivo, un decreto del Tribunale per i minorenni di Roma che prevede l’allontanamento del figlio di Laura Massaro, la decadenza dalla responsabilità genitoriale per la mamma e la sospensione di ogni rapporto tra il bambino e sua madre, in virtù dell’utilizzo della pseudoscientifica alienazione parentale e affini, per togliere, come è avvenuto anche in altri casi, i minori al genitore accudente, quasi sempre la madre. Con la menzionata ordinanza della Cassazione i giudici hanno riconosciuto l’infondatezza di una teoria «molto contestata dalla comunità scientifica e che però viene troppo spesso usata nei tribunali contro donne e bambini, soprattutto nei casi di violenza domestica».
Nell’immediatezza di tale pronuncia la sottosegretaria all'Economia, Maria Cecilia Guerra, è scesa in campo per commentare con favore la decisione della Cassazione, auspicando che su questo tema si consolidi una giurisprudenza sempre più rispettosa delle garanzie e della tutela dei bambini, vere vittime di allontanamenti immotivati. In fondo si tratterrebbe di fare entrare nelle aule di giustizia quanto l’Oms ha formalizzato nel settembre del 2020, ossia l’esclusione dell’alienazione parentale dall’elenco delle patologie riconosciute. Difatti, nel cosiddetto Icd 11, la lista delle malattie, la PAS non ha diritto di cittadinanza, stessa scelta fatta dal Dsm 5, la “bibbia” della psichiatria mondiale.
C’è da chiedersi, ordunque, come sia possibile che la Rai, al proposito di un dibattito su tale argomento che va avanti da anni, non si sia aggiornata, visto che tra i suoi compiti istituzionali v’è l’offrire un’informazione imparziale, di modo che i telespettatori si formino un’adeguata consapevolezza su quanto divulgato per il tramite delle sue trasmissioni. Consapevolezza che parrebbe essere negata proprio dal servizio televisivo andato in onda lo scorso 3 giugno, allorquando si sono accesi i riflettori e gli amplificatori musicali sulla canzone PAS, con tanto di discutibili dichiarazioni esplicative.
Sussisterebbero gli estremi per configurare da parte dell’Agcom (Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni), una volta chiamata in causa, una violazione del Contratto di servizio da parte della Rai, concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, ma, qualora si attesti tale violazione, le conseguenze le pagherebbero tutti gli utenti. Difatti la successiva multa ricadrebbe su di loro, visto che sono azionisti della Rai attraverso il Governo. Doppiamente beffati, quindi, perché deprivati di un’informazione imparziale e depauperati di quanto necessario alla Rai per onorare la multa. Della serie, veramente al peggio non c’è mai fine.
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