Domenica, 06/03/2016 - Esce in Italia in questi giorni di preparazione all'8 marzo, fatidica Festa della Donna per antonomasia, a 70 anni dal diritto di voto per le donne della penisola tricolore - avvenne nel 1946, persino la Turchia ci aveva preceduto, in compenso la civile Svizzera 'arrivò' dopo! - Suffragette, il bel film di Sarah Gavron con Helena Bonham Carter, Carey Mulligan, Meryl Streep, Brendan Gleeson.
Bello è aggettivo generico, un po' banalizzante, ma, in questo caso, non è così. Si riempie di un significato che permane, che dà soddisfazione nel capire che la pellicola ben descrive il clima inglese di quegli anni - datata, pertanto, al 1912 quando le lotte delle donne del popolo e delle donne cosiddette colte, si uniron per far fronte comune contro l'ottusa società inglese maschilista, convinta della propria inscalfittibile ragion d'essere ( e di rimanere tale ).
Ma anni dopo anche la monarchia sarà sorretta da una donna - esempio ancor più calzante - lo è ancora oggi ed è 'quasi' certo che quando the Queen alle soglie ormai dei 90 anni deporrà, in qualche modo, lo scettro, molto anche per le donne sarà perduto nel villaggio globale che è oggi anche la Gran Bretagna pur con regole e leggi di convivenza ben diverse dalle nostre italiane.
Intense le interpretazioni di Helena Bonham Carter, Carey Mulligan, regale il cameo di Meryl Streep, nei panni della Parkhurst, matura intellettuale sobillatrice del neo-movimento. Ma la bellezza del film comprende l'ambientazione, le scenografie, la fotografia, le inquadrature sempre impeccabili, solo apparentemente semplici, ma quanto, al contrario, squisitamente e filologicamente perfette, anche dal punto di vista emotivo.
La musica, glossa sonora sempre discreta, corollario marginale mai invadente, è dell'ottimo Alexandre Desplat, Leone d'Oro alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia di pochi anni fa.
Un'ultima nota finale: la figura davvero più sciatta, meschina la fanno proprio i personaggi maschili, persone senza carattere, spesso pusillanimi, vili: il marito che non riesce da solo a crescere un figlio e lo dà in adozione, disconoscendolo - una donna non lo farebbe mai, a costo della sua stessa sopravvivenza o i poliziotti che bastonano selvaggiamente donne disarmate, riescono, è duro dirlo, a raffigurare molto bene anche la società odierna dove ancora i femminicidi avvengono per vigliaccherìa, per paura, da parte del maschio, di dover affrontare ciò che la donna in cuor suo ha già deciso, dopo aver sopportato l'inverosimile.
Si direbbe, per certi versi, solo, certo, ma...molto ancora dev'esser fatto e non tanto poi è veramente cambiato da quei giorni di violenza maschile solo cattiva, priva di coscienza e di personalità, senza nerbo, a testimoniare, se mai fosse necessario, l'ennesima impotenza dell'uomo a riconoscere la donna come essere almeno suo pari.
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