Mercoledi, 08/11/2017 - Si è chiusa un’edizione davvero interessante della Festa del Cinema, con pochi fronzoli e buona sostanza, diciamo una ricetta forse non per palati raffinatissimi ma sicuramente adatta allo scopo: coinvolgere il grande pubblico e produrre intrattenimento di qualità, cinematografico, in primis, ma non solo. Tante storie attente alle questioni di genere, al femminile, alle adolescenze, ai rapporti fra generazioni, alle difficoltà della vita, e tanti racconti di ingiustizie, violenza e razzismo. Ma anche, come preannunciato in conferenza stampa, diversi film di ambito sportivo, fra i quali, da segnalare, il bellissimo “I, Tonya”, storia della controversa vita della pattinatrice di fama mondiale Tonya Harding.
Proprio ad un film sullo sport è stato assegnato il ‘Premio del Pubblico BNL’ della dodicesima edizione della Festa del Cinema di Roma: si tratta di “Borg McEnroe”, del regista danese Janus Metz Pedersen. Gli spettatori hanno espresso direttamente le proprie preferenze, rispetto ai film della Selezione Ufficiale, utilizzando myCicero, l’app ufficiale della Festa del Cinema ed attraverso il sito www.romacinemafest.org. Il film sulla storica querelle sportiva fra i due famosi campioni di tennis Bjorn Borg e John McEnroe, ha raccolto il maggior numero di voti ed arriverà nelle sale nei prossimi giorni. Svelando la vita dei due tennisti fuori e dentro il campo - l’algido e quasi meccanico svedese Bjorn Borg e l’irascibile e sanguigno americano John McEnroe - la pellicola rappresenta un affresco al tempo stesso avvincente ed intimo di due indiscussi protagonisti della storia del tennis, rivali sul campo sportivo ed entrambi decisi a conquistare il titolo di campione mondiale, come evidenziato nel racconto quasi epico della finale di Wimbledon 1980, entrata nella leggenda.
“Per me ‘Borg McEnroe’ - racconta il regista - è la versione ambientata nel mondo del tennis di ‘Toro scatenato’: racconta di due ragazzi, ognuno in lotta per dimostrare di essere il migliore, per sentirsi qualcuno. Imprigionati nella loro rivalità – una delle più spettacolari nella storia dello sport – i due hanno finito col fare i conti con loro stessi e con i propri demoni. Per esplorare il tumulto interiore di Bjorn e John, il film fa uso di una fotografia cruda, utilizzando molto la camera a mano e la steady-cam per trasmettere un senso di immediatezza e realismo, con sequenze che mirano a suggerire l’importanza storica degli eventi, rievocando un’era dello sport in cui i giocatori di tennis erano delle “rock star”. Il film parla di uno scontro tra titani: non si trattava solo di due uomini che giocavano a tennis ma dello scontro tra due continenti, comportamenti, caratteri opposti messi uno di fronte all’altro”.
I più importanti premi della competizione di Alice nella città, la sezione indipendente e autonoma della Festa del Cinema di Roma, sono stati assegnati a due splendidi film che ruotano intorno a donne e ragazze che vivono situazioni di limite e cercano, in modi diversi e non sempre adeguati, di ritrovare il proprio uno spazio nel mondo.
Il Premio per il Miglior Film è stato assegnato a ‘The best of all worlds’ (Die Beste Aller Welten), diretto dal regista austriaco Adrian Goiginger e proveniente dai successi della Berlinale 2017. Tratto dall’omonimo romanzo di Goiginger (forse autobiografico), il film racconta in modo crudo e senza troppe concessioni allo spettatore, una storia vera, quella di Adrian, un bambino di sette anni che vive con la madre tossicodipendente, Helga, e con la sbandata comunità dei suoi amici, alle prese con il quotidiano consumo di droghe e alcool e con le mille invenzioni per nascondere, al figlio ed ai Servizi sociali, la realtà dei fatti. In una Salisburgo anni Novanta della marginalità e della periferia - solo in una scena sotto la pioggia s’intravede il bellissimo centro della cittadina austriaca avvolto da una fitta nebbia - Helga tira avanti con lavoretti saltuari ma il suo immenso amore per il figlio ed il desiderio di offrirgli una vita ‘normale’ la spingono a fare dei tentativi disperati per uscire dalla dipendenza e vivere una vita più ‘ordinaria’, nonostante le ricadute causate dalla convivenza con Gunter, un compagno amorevole ma totalmente dipendente da droghe pesanti e dalla frequentazione abituale con personaggi loschi e pericolosi quali ‘il Greco’, lo spacciatore locale che un giorno, sotto l’effetto di sostanze, aggredisce il bambino costringendolo a bere vodka. L’immaginazione e le storie di esploratori, mostri ed eroi, aiuteranno madre e figlio a sopravvivere (il bambino ha terribili incubi che prevedono però un cavaliere buono che combatte i misteriosi demoni della grotta), aprendo una luce di speranza e redenzione future.
La giuria, formata da ragazzi delle scuole, nell’assegnare un Premio coraggioso ad un film tutt’altro che facile, ha fornito la seguente motivazione: “un’opera ruvida, una matura dichiarazione d’amore di un figlio nei confronti della madre. Un racconto potente che, con fantasia e speranza, non racconta ai bambini che i mostri esistono, ma che possono essere sconfitti”.
Come film vincitore del Premio Camera d’Oro Taodue di Alice nella Città, è stato scelto l’originale ‘Blue My Mind’, lungometraggio di esordio della regista ed attrice svizzera Lisa Brühlmann, una magnifica metafora dell’adolescenza. Chi di noi non ricorda il misto di rabbia, vergogna e solitudine profonda che l’età adolescente porta con sé, il sentirsi perennemente inadeguati, il rifiuto dei cambiamenti fisici, la voglia di esserci ma al tempo stesso l’incapacità di comunicare? Il film ‘Blue my mind’ racconta questa storia, con una vena fantasy. La protagonista, Mia, è una quindicenne inquieta e sospinta dal desiderio quasi inconscio di vivere continuamente esperienze forti: dopo il suo trasferimento in un quartiere periferico di Zurigo, rifiutando l’amicizia di coetanee più tranquille, si unisce ad un gruppo di spregiudicate ragazze jugoslave, sue compagne di classe, attratta dalle modalità distruttive con cui la piccola comitiva porta avanti le giornate, fra droghe, sesso, festini, menzogne, piccoli furti e trasgressioni ad ogni regola. Il mondo adulto è piuttosto assente, a parte la madre di Mia che, sinceramente partecipe e preoccupata, cerca invano un dialogo con la figlia. Ma un giorno cominciano ad accadere strani fenomeni fisici, dei quali Mia è intimamente terrorizzata: è in atto un mutamento, una mutazione più propriamente, che non può in alcun modo essere contrastata, fino all’inevitabile, in certo modo liberatorio, epilogo, verso un destino ignoto e misterioso. “Lavorare con gli adolescenti è un'esperienza intensa e gratificante - afferma la regista - e senza dubbio il film si è arricchito dell’universo personale ed emotivo degli adolescenti con i quali ho lavorato. Al tempo stesso le incertezze e lo smarrimento sono strettamente legati a questo periodo della vita, e ricordo molto bene come ci si sente a quell’età; è difficile, specialmente per una ragazza, liberarsi dalle costrizioni della società, andare per la propria strada e piacersi anche se ci si sente diverse”.
Il Premio della Roma Lazio Film Commission, per la sezione Panorama Italia di Alice nella Città, è andato a “Metti una notte”, di Cosimo Messeri “per aver saputo rappresentare una Roma diversa, ricca di personaggi fiabeschi ma reali al contempo, in un’atmosfera tra l’onirico ed il reale, grandi attori si muovono sotto una direzione leggera ma calibrata”. “La mia vita da zucchina”, infine, del regista ed illustratore computer graphic Claude Barras, è stato il film più amato dai ragazzi del Liceo ‘Amaldi’ di Tor Bella Monaca, che gli hanno assegnato il premio come Miglior Film, fra le opere vincitrici del Premio Lux.
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