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Su quali fronti lavorare nel 2017? L'agenda possibile

Su quali fronti lavorare nel 2017? L'agenda possibile

Uguaglianza salariale, violenza e stalking e la conquista della scienza: i tre obiettivi per il 2017 'Le idee di Catia Iori'

Venerdi, 13/01/2017 - Ma una femminista, nel 2017, cos'è? O una donna attenta ai diritti delle donne, oggi dove sta? Lì dove l’economia ti strangola tra lavoro e occupazione, là dove la fragilità maschile si scatena in efferati atti di violenza repressiva, là dove i media urlano una ritirata silenziosa e quasi rassegnata dell’universo femminile in tanti ambiti sociali mentre un giornalista affermato come Cazzullo titola il suo libro 'Le donne erediteranno la terra'?

Non so, si sono persi i confini: lo sguardo è smarrito sui percorsi possibili e anche il lavoro fatto fino a tutto il 2009 prima che esplodesse la Grande Depressione economica dalle Consigliere di Paritàpare sepolto sotto coltri di obsolescenza istituzionale.

Io credo che il 2017, al di là dell’impietosa cronaca, debba risorgere con atteggiamenti di audacia palese e non da posizioni di puro vittimismo: il rispetto dei diritti va preteso e agito. E se non si è capacidi autoaffermazione, si chiede aiuto. Le istanze del nuovo femminismo sono molteplici e urgenti come urgenti sono le sfide che il nuovo millennio pare scatenare da ogni parte, senza riserbo alcuno.

E non è vero che negli anni Ottanta e Novanta non è successo niente - diverse lotte sono state portate avanti in collettivi territorialmente distanti e a volte meno inclusivi. Si è lavorato sui diritti delle donne migranti, sono stati aperti i consultori e i centri per la violenza sulle donne che hanno poi via via perso i fondi per sostenersi.

Il problema è che non si sa molto di quello che è stato fatto e le nuove generazioni rischiano di ripartire da zero.

Credo che uno dei problemi sia stato quello di fermarsi al piano della pura emancipazione: sicuramente su questo ha pesato un ventennio di politica berlusconiana rivolta all'effimero e che ha costruito una certa rappresentazione delle donne nei media, tutte“tette e lacrime”.

Ma ancora più pericoloso è quando questo femminismo un po' di facciata, quello che io chiamo "femminilismo" si applica in politica: tutti gridano al miracolo perché il governo Renzi ha messo il 50 percento delle ministre nel governo—ma se guardo le nostre ministre mi viene da pensare che le pari opportunità in sé non bastano, se non sei capace di un pensiero autonomo.

In effetti, da un certo punto di vista queste "quote rosa" sono un po' una barbarie.

Sono uno strumento utile dal punto di vista simbolico, ma poi rischiano di essere solo una concessione, e fermarsi al bilancino numerico rischia di non dare valore alla ricerca di contenuti. Non basta essere donne per dirsi realizzate.

Io comunque scelgo quattro istanze, per me prioritarie e fondamentali.

Il primo obiettivo è la rivendicazione di uguaglianza salariale. A parità di meriti le donne possono e debbono guadagnare quanto i loro colleghi maschi. Anche perché in genere sono più brave e più assidue. In Italia il gap a sfavore delle donne è ancora del 30 per cento netto in meno.

L’indipendenza economica è basilare per una donna perché, senza eccessivi tensioni, ti regala la libertà di pensiero e l’autonomia di scelta. Un buon guadagno ti permette di rimanere sola, se lo vuoi, di separarti se la situazione è drammatica, di proseguire degli studi e prenderti dei tempi di riflessione, se ne senti il bisogno. Le giovani magari non se ne rendono conto perché subito nell’Italia di oggi, vivi l’entusiasmo e i sogni del primo lavoro, dell’amore e della famiglia ma procedendo con gli anni va spiegato loro che è molto importante potersi permettere di fermare la corsa e riflettere su su stesse, facendo il bilancio della propria vita.

Il secondo obiettivo riguarda la violenza e lo stalking, piaga che include tutti, uomini e donne perché è un flagello sociale. IL problema è il femminilismo che discende da ataviche convinzioni educative di sottomissione e di mancato reciproco rispettopersonale.Ci vorranno decenni: è una battaglia culturale, psicologica, quasi da inconscio collettivo. Poi c’è tutta la battaglia sul linguaggio. Nominiamo il mondo al femminile. In Germania la Merkel è la Cancelliera e anche l’Accademia della Crusca si è accorta che in Italia mancava un libro sui nuovi nomi al femminile.

E infine ultima sfida, conquistare la scienza. Basta con lo stereotipo delle bambine educatrici, infermiere, letterate, insegnanti a tutti i costi, con i libri delle scuole primarie che parlano di lavori di cura solo femminili. Facciamo un applauso fragoroso alle scienziate, alle matematiche, alle fisiche, biologhe, alle farmaciste. A chi concilia matematica e cuore pur rimanendo donna.

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