Su Forum in onda un ulteriore processo ad una vittima di stupro
E' partita dai social una protesta contro una puntata di Forum, ove è andato in onda l'ennesimo atto d'accusa contro una sopravvissuta ad una violenza sessuale.
Venerdi, 25/01/2019 - Direi proprio che sia stata una trasmissione sbagliata quella andata in onda l’altro giorno su di un canale televisivo Mediaset. A riprova di questo giudizio sussiste la palese indignazione delle spettatrici che, sin nell’immediato, si sono dette allibite e costernate di fronte alla vicenda narrata da Forum. Si trattava nella trasmissione del riconoscimento giudiziario in capo ad un giovane padre del diritto a frequentare il figlio, nato da una violenza sessuale da lui perpetrata ai danni di un sua coetanea.
Senonchè all’indignazione di chi sugli schermi visionava il programma è conseguito il giudizio altrettanto negativo nei riguardi dell’uomo da parte della giuria presente in studio, che in maniera netta ha votato a sostegno della vittima dello stupro, solidarizzando con la sua ferma opposizione alla frequentazione del minore, peraltro riconosciuta come diritto a favore del padre in sede giudiziaria. La donna ha visto suffragato così dal pubblico il suo bisogno di serenità, riconosciutole proprio in virtù del mancato superamento del trauma subito cinque anni prima.
Diffusasi in rete la questione relativa alla suddetta puntata di Forum, il popolo dei social si è scatenato in motivate critiche non riguardanti le parti in causa, ossia la nonna paterna rivendicante il proprio diritto alla frequentazione del nipote o la giovane madre strenua oppositrice agli incontri richiesti sia dalla nonna che dal figlio stupratore, bensì i coprotagonisti ed i gregari della trasmissione. A parte gli assistenti di Forum, che hanno tentato di convincere la giuria mediando tra le posizioni in campo, della serie: “Capisco, povera donna, il tuo dolore, ma non puoi negare il padre a tuo figlio”, non altrettanto però è stata giustificata la conduttrice, Barbara Palombelli. La sua posizione ideale si può ben esplicitare nella battuta “Tutto parte da due ragazzi che hanno bevuto”, palesando in tal modo l’ulteriore preconcetto sulla donna che, utilizzando alcool, diventa colpevole dello stupro occorsole.
Questa vittimizzazione secondaria non è stata posta in essere solo dalla giornalista ma anche dalla giudice, Melita Cavallo, che nel confronto con la giovane donna l’ha costantemente collocata sul banco degli imputati, nonostante si fosse messa così a nudo nel raccontare anche momenti dello stupro particolarmente sofferti. Anzi, proprio quello stato di costante e continuo malessere interiore, narrato in maniera egregia dall’interprete televisiva della vicenda, ha portato la magistrata dall’alto del suo ruolo a sentenziare in maniera particolarmente ferma: ”Lei non si è rimessa a posto”.
Facile a dirsi in un caso del genere, fosse pure recitato, perché nella realtà noi donne abbiamo la precisa contezza che i segni di una violenza sessuale possono anche essere indelebili nel tempo. Purtroppo la giudice ha più volte assunto tale posizione censoria della salubrità mentale della vittima di stupro e, pur di porre un freno al suo costante diniego alle richieste della nonna paterna, ha tuonato infine: “Lei deve ritornare normale”. Era semplice da prevedersi il conseguente diluvio di critiche piovute sui social addosso a Melita Cavallo, già rea agli occhi di chi commentava di avere in precedenza pronunciato la frase “Anche lei aveva bevuto”, a riprova di quel particolare stereotipo che vuole la vittima di uno stupro concausa della violenza sessuale ogni volta che abbia condotte a rischio, quali quella di non essere sobria.
Le rimostranze in rete sono divenute ulteriormente copiose anche a seguito di una particolare battuta: “Lei non si può sentire sempre vittima”, acuendo la voragine di riprovazione verso la magistrata. Un effetto non prevedibile da parte degli autori del programma ma che è avvenuto naturalmente, perché da una parte c’era una giudice che doveva applicare la legge e dall’altra c’era una vittima di stupro che tentava di spiegare quanto fosse difficile uscirne fuori, nonostante tutta la sua buona volontà. Probabilmente quella mancanza di empatia, che pure non doveva improntare la decisione che di lì a poco Melita Cavallo avrebbe preso, è pesata tremendamente sul giudizio che i commentatori hanno dato del suo operato.
Conseguenziale è stato l’ulteriore disvalore attribuito alla macchina giudiziaria italiana, soprattutto alla luce delle battute conclusive della giudice, a sostegno della sua decisione di consentire la frequentazione del minore da parte del padre: “Carlotta non ha superato il trauma. Deve guardare alla vita con fiducia, un bambino deve avere una madre positiva. La madre deve essere preparata a riconoscere il diritto del padre”. Ed è qui che, a mio parere, c’è il vero e proprio vulnus della puntata di Forum, perché in un particolare periodo storico quale quello attuale, connotato dal tentativo di riconoscere anche penalmente un malattia inesistente, la sindrome di alienazione genitoriale, questa trasmissione marca pericolosamente la sua faziosità. Carlotta rappresenta idealmente le donne accusate di allontanare il proprio figlio dall’altro genitore, viene giudicata malsana e condannata coerentemente a subire la frequentazione del padre stupratore.
Sono allora diventate come pietre le parole pronunciate nei riguardi della donna da parte della giudice Cavallo, pietre rispedite idealmente al mittente da parte dell’indignazione di molte donne italiane, protagoniste nei mesi scorsi di una consapevole protesta contro il ddl Pillon, reo ai loro occhi di volere riconoscere normativamente una malattia inesistente, peraltro già ammessa in alcune aule giudiziarie. La sorellanza di pochi mesi fa si è così replicata sui social, coinvolgendo addirittura anche gli uomini che hanno visionato il programma e provocando una moltitudine di commenti negativi, le cui motivazioni sono state chiaramente esplicitate.
Il risentimento nei riguardi della magistrata, in toni maggiori, nonché della conduttrice, mi è sembrata più che motivato, anche se talvolta poco pacato. Ma, si sa, se le donne sono toccate nella loro credibilità le reazioni sono prevedibili e diventano ancora più certe allorquando da vittime di violenza sessuale le si vuole fare passare come colpevoli di averla causato con i loro comportamenti. Si dice che la fantasia in certi casi superi la realtà, ebbene la puntata di Forum ha rappresentato l’esempio plastico di una vicenda recitata, che è stata avvertita così realisticamente da superare i confini di un racconto per pervenire dritta dritta nella quotidianità. Quella vissuta dalle donne vittime due volte di violenza, perché stuprate da un uomo e disconosciute come sopravvissute da chi istituzionalmente dovrebbe supportarle nel loro sacrosanto diritto di giustizia.
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