Stupri etnici in Bosnia ed Erzegovina - di Fatima Neimarlija
Le stime del numero di donne stuprate nella guerra in Bosnia ed Erzegovina variano tra venti e venticinquemila. Hanno subito violenze sessuali, torture e uccisioni
Venerdi, 25/09/2020 - Stupri etnici in Bosnia ed Erzegovina
di Fatima Neimarlija, Comunità della Bosnia ed Erzegovina a Roma “Bosnia nel cuore”
Articolo pubblicato in Mosaico di Pace (2020)
Le stime del numero di donne stuprate nella guerra in Bosnia ed Erzegovina variano. Si parla di un numero compreso tra venti e venticinquemila donne che hanno subito violenze sessuali,torture e uccisioni. La maggior parte di loro erano donne Musulmane soprattutto nell’est del Paese occupato dai serbi di Bosnia ed Erzegovina nella primavera del 1992, subito dopo la proclamazione di indipendenza della Bosnia ed Erzegovina dalla Jugoslavia, anche se non furono risparmiate le donne Croate, Serbe e Rom.
La violenza sessuale era diventata un’arma di guerra, faceva parte di una strategia studiata e pianificata a tavolino. Lo stupro di massa serviva a umiliare, spargere terrore, fiaccare la resistenza, “pulire” il territorio.
Tornando ai fatti già nel dicembre 1992 il Washington Post denunciava la pulizia etnica e gli stupri di massa nelle cittadine della Bosnia orientale ma nessuno fece nulla. Le città più colpite erano le città di Visegrad, Foca, Zvornik, Bijeljina, città che confinano con la Serbia, ma anche tante altre città in tutto il paese come Prijedor, Vitez, Konjic, un quartiere al centro di Sarajevo,“Grbavica”, e tante altre. A Visegrad (1), nell’albergo di nome “VilinaVlas” (Capelli di Fata in italiano) sono state violentate almeno 200 ragazze musulmane, alcune di loro anche minorenni.
La maggior parte dei responsabili erano paramilitari serbi, ma tra essi sono da includere anche agenti della polizia speciale serba e soldati dell’esercito jugoslavo. Furono compiuti degli stupri di gruppo in luoghi chiusi fatti apposta, nelle caserme e perfino nelle loro case, molto spesso sotto gli occhi alle loro famiglie.
Gli obiettivi strategici di questi stupri di massa avevano un duplice scopo: il primo era infondere paura nei civili, con l’ulteriore intenzione di scacciarli ed espropriare i loro beni, e il secondo era quello di diminuirela possibilità di un loro possibile ritorno per ricominciare a vivere. L’uso dello stupro di massa è un mezzo adeguato nelle campagne che coinvolgono la pulizia etnica e il genocidio in quanto hanno il compito di distruggere o costringere la popolazione bersaglio a non tornare mai più.
Il Tribunale Internazionale per la ex Jugoslavija (in inglese ICT: International Criminal Tribunal for the former Yugoslavia- più conosciuto come Tribunale del’Aja) ha dichiarato che “stupro sistematico” e “schiavitù sessuale” durante una guerra sono da ritenere crimini contro l’umanità, rispetto ai quali solo il crimine di genocidio è da considerarsi più grave. Prima dellasua chiusura, nel dicembre 2017, il Tribunale de l’Aja ha processato cento sessantuno criminali di guerra in Bosnia ed Erzegovina. Oltre un terzo di tutti loro sono stati giudicati colpevoli anche per i reati di stupro e riduzione in schiavitù sessuale, in quanto crimini contro l’umanità.
Dal 2006 il Tribunale Internazionale cominciò a trasferire i processi alle corti locali, in gran parte alla Corte di Sarajevo, costituita per giudicare i crimini più gravi commessi durante il conflitto, ma con pessimi risultati. Infatti, appena l’1% dei casi di violenza sessuale durante il conflitto è arrivato in tribunale, i procedimenti portati a termine sono stati soltanto centoventitre. Tra le cause delle troppe assoluzioni, pur essendo emerso che gli imputati erano responsabili di violenze sessuali, spesso la motivazione della assoluzione è stata che tale crimine non era presente negli atti di accusa.
A causa di questo, oggi, 25 anni dopo la fine della guerra, tanti responsabili e complici di questi atti sonotuttora liberi; essi non sono stati processati e molto spesso le donne vittime di stupropossono incontrare per strada, faccia a faccia, i loro aguzzini.
Bakira Hasecic è di Visegrad ed è fondatrice e presidente dell’associazione “Zenezrtve rata” (Donne vittime della guerra) con sede a Sarajevo (2). La prima volta lei e le sue due figlie furono violentate davanti agli occhi di suo marito e padre delle ragazze. Nonostante tutto ha avuto il coraggio di ritornare nel luogo di questi orrendi crimini e, nel 2003 con altre donne ha fondato l’associazione. Le socie dell’associazione sono donne musulmane, serbe, croate e rom. L’associazione fino al 2018 ha raccolto ben cinquemila testimonianze. Tante donne violentate non vogliono denunciare perché si vergognano, tante hanno paura di parlare perché temono di essere mal viste dai propri familiari, rinunciando anche a quel poco di risarcimento economico che gli spetterebbe pur di non parlare. Tante donne vivono già da molti anni all’estero, lontano dai luoghi dove hanno vissuto l’orrore.
Grazie alle proprie battaglie, le donne dell’Associazione sono riuscite ad ottenere un riconoscimento nell’ambito della “Legge per la protezione sociale, protezione delle vittime civili di guerra e protezione delle famiglie con bambini”. La Legge riconosce le donne stuprate come vittime civili di guerra garantendo loro un indennizzo di circa 260 euro al mese. Questa stessa Legge però non esiste nella Repubblica Srpska, una delle entità costituite nella Bosnia ed Erzegovina, e questo vuol dire se una donna violentata vive sul territorio della Repubblica Srpska non può avere diritto ad alcun indennizzo.
Sul numero di donne che al momento usufruiscono del risarcimento mensile previsto dalla Legge non ci sono certezze. I dati parlano di un numero compreso tra 800 e 870 beneficiarie, ma è impossibile fare delle stime attendibili perché la stessa Legge prevede che è sufficiente un’assenza continuativa di tre mesi dal territorio della Bosnia ed Erzegovina per perdere il diritto a ricevere l’indennizzo.
All’inizio di agosto del 2019, il Comitato delle Nazioni Unite contro la Tortura (Committee Against Torture - CAT) ha emesso una decisione che ordinava alla Bosnia ed Erzegovina di pagare le riparazioni a una vittima di stupro nella guerra passata, nonché l’obbligo di istituire un sistema di riparazione per le vittime di stupro di guerra (3). La decisione è arrivata dopo la denuncia di una cittadina che è stata violentata nel 1993 vicino a Sarajevo da un membro dell’esercito della Repubblica Srpska di Bosnia ed Erzegovina. Lo stupratore è stato condannato e gli è stato ordinato di pagare un risarcimento per un importo di 15.000 euro che peraltro non ha mai pagato perché presumibilmente non aveva denaro sufficiente. A questo proposito, il Comitato ha deciso che dovesse esserelo Stato della Bosnia ed Erzegovina a pagare il risarcimento. Sarà questo il primo passo verso la giustizia negata a quelle donne, vittime che da 25 anni aspettano e sperano.
Un altro capitolo di questa tragedia sono i bambini nati da quelle violenze (4) che molti vorrebbero tenere nascosti fuori dalla vista della società (5). Sono chiamati “bambini invisibili”. Sono stati concepiti in atti di violenza e criminalità, nati in guerra, cresciuti come un gruppo emarginato, respinti dalla società. Per molti essi sono figli del nemico, ne portano i loro geni, i loro tratti, sono figli bastardi. Alcuni di questi bambini, che ora hanno 25 anni, vogliono uscire nella società e rimuovere lo stigma. Vogliono essere riconosciuti come vittime della guerra e avere i medesimi diritti riconosciutiai figli dei caduti in guerra, orfani di padri che hanno combattuto che godono di agevolazioni di vario genere, come ad esempio sussidi, borse di studio, eccetera. I figli delle violenze, spesso in condizioni economiche drammatiche, ancora non hanno diritto a nulla.
- - - - - 1Višegrad. L’odio, la morte, l’oblio” di Luca Leone, Infinito Edizioni (2017)
2 http://www.sestaopera.it/wp-content/uploads/2020/01/Bakira-Hasecic-Donne-vittime-della-guerra.pdf
3 https://www.ilmessaggero.it/mind_the_gap/stupri_violenze_donne_guerra_bosnia_onu_soldati_armi_mind_the_gap-4711249.html
4 Il segreto di Esma (Grbavica) è un film del 2006 diretto da JasmilaŽbanić. È stato proiettato in anteprima mondiale alla 56ª edizione del Festival di Berlino, dove si è aggiudicato l'Orso d'oro
5 https://espresso.repubblica.it/plus/articoli/2019/03/13/news/figli-stupri-etnici-bosnia-1.332399
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