Strasburgo condanna l’Italia per i ritardi della magistratura e dei servizi sociali
Titti Carrano, di D.i.Re, spiega che è “una sentenza importante per i casi di violenza contro le donne”
Lunedi, 05/02/2018 - Riceviamo e volentieri pubblichiamo
"Una sentenza non solo giusta, ma che costituisce un altro precedente importantissimo, soprattutto per tutti quei casi in cui non agire tempestivamente significa mettere a serio rischio la persona che ha chiesto aiuto, come troppo spesso è nei casi di violenza contro le donne”.
Titti Carrano, avvocata, presidente da poco uscente della Rete Nazionale dei centri Antiviolenza D.i.Re commenta così la sentenza della Corte europea dei diritti umani che il 1° febbraio ha condannato l’Italia per violazione degli articoli 3 (Nessuno può essere sottoposto a tortura o trattamenti inumani e degradanti) e 8 (Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare), nella causa intentata su richiesta dei genitori di V.C., all’epoca dei fatti appena 15enne, “perché la Corte ha riconosciuto che lo sfruttamento della prostituzione minorile e lo stupro sono comportamenti assimilabili alla tortura e gravi violazioni della vita privata, che si sarebbero potuti evitare se Tribunale per i Minorenni prima e i servizi sociali poi, avessero agito rapidamente”, spiega Carrano.
Già con la precedente condanna all’Italia (Talpis contro Italia, un caso di violenza maschile in famiglia) la Corte di Strasburgo aveva sottolineato l’esigenza di tempestività e di diligenza ragionevole: non basta infatti che la legge nazionale predisponga strumenti di tutela, ma i meccanismi di protezione previsti dal diritto interno debbono funzionare nella pratica entro un termine ragionevole. A giudizio della Corte, incombeva, quindi, sulle Autorità nazionali il compito di tenere conto della situazione di precarietà e di particolare vulnerabilità nella quale si trovava la minore, offrendo una protezione adeguata.
I genitori avevano fatto ricorso al Tribunale per i Minorenni e si erano rivolti anche al servizio sociale più volte quando avevano scoperto che la figlia era finita in un giro di sfruttamento di prostituzione minorile. C’è voluto quasi un anno per ottenere un provvedimento e il relativo collocamento della minore in una comunità protetta. Nel frattempo la ragazza ha subito uno stupro di gruppo, evento dopo il quale i genitori hanno deciso di ricorrere alla Corte di Strasburgo.
Titti Carrano è stata l’avvocata che ha presentato insieme alla collega Sara Menichetti, su richiesta dei genitori, il ricorso alla Corte europea dei diritti umani.
“Mi auguro che questa volta il governo italiano si assuma le proprie responsabilità ed eviti di proporre richiesta di rinvio alla Grande Camera per la revisione della sentenza, come ha fatto per il caso Talpis, ricorso poi dichiarato inammissibile”, dichiara l’avvocata Carrano. “È fondamentale un cambio di rotta: occorre attuare misure che possano concretamente invertire il trend in danno delle donne e delle ragazze che subiscono violenza attraverso politiche a lungo termine di prevenzione, di formazione e di specializzazione di tutte le professionalità che intervengono nei casi di violenza”.
“Alla soddisfazione per la sentenza si accompagna la preoccupazione per il nostro Paese”, aggiunge in conclusione Carrano. “I continui tagli di bilancio hanno avuto un impatto considerevole sui servizi di welfare, ma se il governo non vuole incorrere nuovamente in sentenze come questa deve ripensare le scelte economiche e investire risorse per attuare davvero, e tempestivamente, le misure a tutela delle donne conquistate con grande fatica”.
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