Strage di poveri, segreto di Stato. Il libro di Maria Rosa Cutrufelli
Libri - Mafia e politica - Dopo Portella nulla fu come prima: la parola alle vittime. Intervista a Maria Rosa Cutrufelli per l'uscita del suo ultimo libro 'I bambini della ginestra' (ed Frassinelli)
Bartolini Tiziana Mercoledi, 19/09/2012 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Settembre 2012
“Sembrava che i fatti si squagliassero, davanti alle Corti dei tribunali! Diventavano fumo, mentre le domande erano sempre là. E sempre le stesse. Chi ha davvero ammazzato Pisciotta? e come e perché e per conto di chi? Chi ha davvero ucciso Giuliano? e come e perché e per conto di chi? Chi ha davvero sparato alla Ginestra? e come e perché e per conto di chi?”. Muove da questi interrogativi l’ultimo avvincente romanzo che Maria Rosa Cutrufelli ha scritto ispirandosi alla strage di Portella della Ginestra. “I bambini della Ginestra” (Frassinelli, pagg 273, euro 18,50) è un atto d’amore verso le vittime della violenza stragista. “Le vittime delle stragi italiane sono state dimenticate, su di loro l’attenzione dei giornali e degli scrittori non si è quasi mai soffermata, invece a me interessava raccogliere la voce di quelli che hanno subito il trauma e che se lo porteranno dietro per tutta la vita”. Il libro affida ai bambini, simbolo di vulnerabilità, il compito di ripercorrere la storia della strage, a partire dalla sparatoria nella piana e poi il calvario delle udienze e dei processi a Viterbo e a Roma. “C’erano tanti bambini a Portella della Ginestra il primo maggio del 1947, perché era una festa, e tre rimasero uccisi. I due protagonisti, Enza e Lillo, hanno visto la strage compiersi e sono vittime, anche loro. (…)”. Perché ti sei interessata proprio a Portella della Ginestra? “In primo luogo perché la strage è avvenuta in Sicilia, che è la terra dove sono nata e dove ho vissuto fino a 9 anni... Ricordo ancora la Sicilia feroce di quel tempo, quando i contadini erano trattati come bestie... Ma quella Sicilia si era ribellata, era nato un grande movimento contadino vincitore sia a livello sindacale, perché conquistò i decreti Gullo, sia a livello politico perché le prime elezioni per la Regione le vinse il 'blocco del popolo', una specie di federazione delle sinistre. Una Sicilia fuori dagli stereotipi, ecco cosa m'interessava raccontare... Teniamo però presente che quel primo maggio del 1947 non ha cambiato solo la Sicilia, bensì anche l’Italia. Come dicono gli storici, ‘dopo Portella niente fu più come prima’. Era l’inizio della guerra fredda che fu sancita col sangue delle vittime di Portella della Ginestra”. Dunque un’Italia alla quale qualcuno ha voluto impedire di maturare una coscienza civica. Le tante stragi costellano il dopoguerra fino ai nostri giorni così come la crescita dei bambini del romanzo è accompagnata da processi che non hanno mai fine. “È difficile elaborare un lutto se la storia non si chiude mai e se non si chiude con giustizia. Come si fa ad uscire dal trauma se ti ripropongono l’ingiustizia? è un continuo supplizio cui sono condannate delle persone innocenti che sono state vittime di una violenza organizzata e programmata da altri. (…) I giudici dell’istruttoria decisero a priori che i mandanti fossero tenuti fuori dal processo. A Viterbo e a Roma si processarono solo alcuni degli esecutori. Se la giustizia è monca a priori quello che accade dopo è, al meglio, una giustizia a metà. (…)”. Sul piano meramente politico, e proprio rileggendo tragedie come quella di Portella della Ginestra, come non definire disperante il fatto che si voglia mantenere l’Italia un paese di sudditi invece di far crescere cittadini responsabili e consapevoli… “Su Portella della Ginestra grava ancora il segreto di Stato. Che non ci fosse solo Giuliano o solo i mafiosi a sparare e che ci fossero anche altri (venuti forse da oltre oceano) è stato accertato grazie all’apertura degli archivi della CIA. (…) Documentandomi per scrivere il romanzo ho trovato cose inquietanti, penso ad esempio all’intervista che fece Deaglio nel 2006 a Mike Stern (un personaggio che c’è anche nel mio libro), uomo dei servizi segreti americani che una settimana prima del massacro andò a parlare con Giuliano, latitante e ricercato dall’esercito italiano. Questo signore è diventato ricchissimo e Deaglio lo intervista in una nave militare da lui allestita a museo e ancorata nel porto di New York. Sulla sua scrivania ha una foto di Berlusconi, premiato per il suo anticomunismo proprio da Stern. Come non vedere una continuità, un filo che lega tutto…”. Già, come non vedere?
La versione integrale dell’intervista è su: http://www.noidonne.org/blog.php?ID=03327
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