Le idee - Poche donne, se sono sincere, possono ragionevolmente escludere dai loro giorni un accenno di violenza subita.
Iori Catia Domenica, 07/07/2013 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Luglio 2013
Poche donne, se sono sincere, possono ragionevolmente escludere dai loro giorni un accenno di violenza subita. Si tratti di un corteggiamento serrato, di un abbocco impetuoso che impedisce loro di rimanere in se stesse fino ad arrivare a un vero e proprio stupro. Non necessariamente figlio di violenza conclamata ma di una lunga e serrata serie di avvicinamenti che la inducono a “cedere” per cosi dire. Per sfinimento o anche solo per paura. È difficile scriverne cosi freddamente perché poi col passare del tempo si tende a rimuovere, razionalizzando il fatto e risistemandolo per qualcosa di voluto sotto sotto, mascherato a se stesse come qualcosa addirittura di inevitabile. Donne che addirittura si innamorano dell’arrogante “presa” maschile, o che semplicemente se poi non si ritrovano con quella scelta, si incolpano di non essere state abbastanza risolute o forti. La sensibilità femminile raramente se non malata “gode” dell’”assalto alla carrozza” da parte maschile. La delicatezza, il rispetto dell’altrui alterità e una qual sorta di gentilezza sono gli ingredienti di base per accostarsi a un’altra “libertà”. Non occorre aver fatto studi di educazione per riconoscerlo a se stesse e agli altri. E nel corso di una vita quanto materiale rimosso si ritrova poi nella psicologia di quelle stesse donne che vivranno lo sgarbo, la prevaricazione o anche solo l’imposizione come qualcosa di accettabile per compromesso “perché cosi fan tutte” o per il quieto vivere. Nulla tuttavia rimane insoluto dentro di noi; quando si subisce, la nostra anima urla vendetta e lo può fare in mille modi sotterranei: rifiutando l’intimità vera, allontanando la propria attenzione dal compagno di vita o distraendosi tra mille altra alternative di vita. Le nostre nonne lavoravano tantissimo spezzandosi la schiena, quelle più privilegiate si davano alle letture, alle frequentazioni multiple pur di non sentire quel dolore primigenio che fa capolino quando rimani sola con te stessa. Quando a pulsare è la tua stessa memoria e l’inconscio bambina recupera se stessa nella sua interezza. La vergogna di raccontare, il senso di colpa (ma sarò stata io a non reagire in maniera corretta?) chiudono quel cerchio che confina la mente di una donna a un continuo ruminio mentale e che spesso si sposta su altri ambiti ma che prende le sue mosse da quel primo mai sopito senso di disgusto di doversi sottomettere a qualcuno che ti fruga… Essere fedeli a se stesse significa allora recuperare quella memoria antica e assecondare i propri umori, ascoltarli e cominciare a elaborare, recuperando la purezza primigenia , quella con la quale guardavi il mondo senza quella pesante invasione che ha poi segnato tutto il resto. Una sensibilità femminile sa senza esprimere, capisce senza parlare, conosce senza dichiarare. Facciamo in modo allora che ogni piccola donna che viene al mondo abbia tutti i mezzi per svolgere completamente la sua individualità: che pensi a sé come a una persona tendente a quel meraviglioso compito di cercare l’infinito partendo da se stessa. Con l’educazione, la cultura, la libertà di scegliere ciò che più da vicino somiglia a un progetto di vita ispiratole da un amore più alto e avvolgente, assolutamente tenero e disinteressato che spesso nulla ha che fare con mariti e compagni di strada ma con la puntuale ricerca della propri voce interiore che può avvalersi, questo sì, delle conferme e dell’accompagnamento “amico” di qualche persona che vuole fortemente che l’unicità di quella donna sbocci e fiorisca. Non dimenticatevi mai di Voi stesse, della bambina che ancora palpita dentro di Voi e sarete integre, complete e soprattutto in pace con Voi stesse. Non è questa forse la felicità d una vita compiuta? Quando si è ricche e consapevoli di se stesse, ci si spende poi per chi desideriamo e per chi scegliamo essere degni del nostro stesso amore.
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