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Storie di relazioni. Tutta un’altra narrazione

Storie di relazioni. Tutta un’altra narrazione

Cinema - Periferie del reale e dell’immaginario al Visioni Fuori Raccordo Film Festival. Vittoria al femminile per il documentario ‘Nadea e Sveta’ della regista Maura Delpero

Colla Elisabetta Domenica, 01/12/2013 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Dicembre 2013

Una sesta edizione in grande stile per il ‘Visioni Fuori Raccordo’, uno degli appuntamenti festivalieri più interessanti della scena romana, organizzato e prodotto dall’Associazione LABnovecento (www.labnovecento.it), e nato con l’intento di ‘stimolare una riflessione sulle periferie del Paese’ che pur ‘rappresentate spesso come luoghi dell’insicurezza, sono anche luoghi di trasformazione e dinamismo’ dove la ‘metropoli contemporanea si ridefinisce’. Diretta da Luca Ricciardi, con il coordinamento artistico di Giacomo Ravesi, la manifestazione, che si è svolta presso il Nuovo Cinema Aquila di Roma, nel quartiere Pigneto, ha dato spazio ad opere di grande qualità, sul tema delle periferie e dintorni, e si è avvalsa di una giuria ‘trasparente’ - composta dalla regista e produttrice Antonietta De Lillo, dal giornalista e autore della trasmissione RAI Doc3 Lorenzo Hendel, e dalla giornalista de Il Manifesto Cristina Piccino - le cui scelte sono rese pubbliche in video sul sito del Festival. Il premio per il miglior documentario dell’edizione 2013 è stato assegnato all’opera ‘Nadea e Sveta’, storia di due donne moldave immigrate in Italia, che condividono speranze e drammi familiari come quello dei figli lontani, diretto dalla brava regista Maura Delpero con la preziosa collaborazione al montaggio di Ilaria Fraioli (che ha al suo attivo, fra l’altro, il montaggio dei documentari di Alina Marazzi). Il progetto - che ha avuto una menzione speciale al Premio Solinas 2010 per il Cinema Documentario - rappresenta una vittoria tutta al femminile, che premia le donne autrici, protagoniste e professioniste del settore cinematografico. Una Menzione Speciale è andata al documentario ‘Le cose belle’, di Giovanni Piperno e Agostino Ferrente, storie di ragazzini della periferia napoletana e del loro passaggio alla vita adulta. Oltre alle ospiti d’onore, Costanza Quatriglio ed Alba Rohrwacher, che hanno riproposto al Festival, come evento speciale, il documentario ‘Con il Fiato sospeso’ già applaudito a Venezia 2013 (vd. NOIDONNE Ottobre 2013), sono stati presenti nel corso dell’iniziativa, Daniele Vicari, Paolo Masini (Assessore allo Sviluppo delle Periferie), Laura Delli Colli, Paolo Pisanelli.

NOIDONNE ha rivolto alcune domande ad Ilaria Fraioli, che ha ritirato il premio per la regista Maura Delpero, (la quale si trova in Argentina a girare), con la quale condivide idee, metodi e sguardo ‘di genere’.



Parlaci di questa vittoria al femminile: regia, montaggio e protagoniste….

Questo premio è davvero una vittoria al femminile, e parlo anche a nome della regista Maura Delpero, e perciò è particolarmente apprezzato. Mi è capitato spesso di montare opere al femminile o di registe donne o su tematiche al femminile, che mi interessano molto. Mi sembra proprio il momento che il punto di vista femminile, tracciando finalmente, con sempre maggiore consapevolezza nell’uso del mezzo, una propria differenza, mostri un’alternativa possibile. E questo sia nello specifico della cinematografia sia, credo, più in generale Mi sembra il momento in cui le donne possono portare un altro modo di vedere le cose e finalmente hanno le parole per dirlo: questo, quindi, è un premio alla parola, a una parola detta con consapevolezza, con sicurezza e senza timidezze o titubanze.



Quale metodo è stato usato per raccontare la storia di questo documentario?

Il metodo della regista è molto ‘al femminile’, cioè legato moltissimo alle relazioni, ed ha privilegiato la relazione con le due protagoniste del film, due moldave immigrate in Italia - dove vivono e lavorano tuttora a Bologna come badanti - molto amiche tra loro, che hanno creato anche una relazione con l’autrice, durata nel tempo: il cinema di realtà ha, infatti, bisogno di tempo per accumulare materiale filmato sufficiente a costruire una drammaturgia ‘a posteriori’, cioè senza avere una sceneggiatura prima, cosa che poi si realizza al montaggio. Tutta questa attenzione sul piano relazionale mi sembra sia la forza del film e, nel montaggio, abbiamo cercato di valorizzarla in tutti i modi, come parte di questo metodo ‘femminile’ di approccio alla materia e all’oggetto di osservazione.



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