Login Registrati
Storia di un carabiniere

Storia di un carabiniere

Stava per catturare Provenzano ma gli hanno detto di farsi i fatti suoi

Giovedi, 31/07/2014 - Da ormai otto anni, il Maresciallo Saverio Masi è il caposcorta del magistrato più a rischio d'Italia: Nino Di Matteo.

Era all'investigativa, fino ad allora. Ed aveva perfino posto domande imbarazzanti e suggerito attività atte alla cattura di Provenzano e di Messina Denaro. Gli avevano intimato di farsi i fatti suoi e poi, visto che proprio non capiva, lo hanno incastrato.

Ora spiego.

Chi, come me, ha frequentato la catturandi saprà di sicuro che le auto in dotazione per gli appostamenti sono pochissime e tutte perfettamente conosciute, perché – come dice il vecchio proverbio – "cura più il ladro del padrone".

Che fanno di solito allora? Utilizzano la propria auto, quella del fratello, dello zio, dell'amico. Danno poche spiegazioni e cercano di non prendere multe, quando ci riescono. Quando invece la sanzione arriva, vanno dal comandante e si fanno firmare due righe per il Ministero, dove si dichiara che, sì, quell'auto è privata, ma che è stata utilizzata per scopi investigativi. La multa viene annullata e la cosa finisce lì.

Spesso il comandante è assente, allora firmano con il proprio nome, premettendo la dicitura "A.P.S." (Assente Per Servizio).

Insomma, normale procedura. Si fa, in modo similare, nel mondo intero. Nel Pubblico e nel privato, per mille ragioni. Salvo se la vicenda riguarda il Maresciallo Saverio Masi, quello duro a capire che quegli appostamenti è meglio non farli.

Così, Masi si avvia alla Procura per testimoniare circa certi comportamente non precisamente corretti, che paiono suggerire un disinteresse totale alla cattura di latitanti, ma che paiono diventare addirittura ostacolo attivo quando si tratta degli illustri capi mafiosi sunnominati. Allora ecco che il suo comandante si accorge che – orrore! - l'uomo che rischia la pelle tutti i giorni nell'interesse di questo paese ha firmato in vece sua, premettendo il solito "A.P.S.", la richiesta di annullamento di una multa di 106 Euro!

Masi è stato fulmineamente condannato in primo e in secondo grado per una serie di reati collegati alla detta firma e che farebbero arrossire Totò Riina: le sentenze non si discutono. E allora? La Cassazione è chiamata a pronunciarsi il 30 ottobre di quest'anno. Questo è lavoro per l'avv. Carta, difensore capace e testardo. Masi, che ha dedicato la sua vita all'Arma, potrebbe essere allontanato se la condanna a sei mesi di carcere, pena sospesa, fosse confermata.

E noi? Noi siamo chiamati a domandarci se, per caso, in questa faccenda c'è qualcosa che non va. Se la giustizia è davvero uguale per tutti (basti pensare al gen. Ganzer1). Se davvero siamo d'accordo per rinunciare a un servitore capace e onesto, come se ce ne fossero a migliaia.

E poi, scusate, ma mi sorge spontanea un'ulteriore domanda: se dubitiamo che il Maresciallo Masi sia quel carabiniere corrotto che lucra 106 euro per interesse personale, come abbiamo permesso che tutelasse per otto anni Nino Di Matteo, il magistrato più a rischio d'Italia?



Isa Ferraguti e Laura Caputo



nota esplicativa ROMA –Il generale lascia il comando dopo oltre dieci anni per raggiunti limiti d’età, ma il 12 luglio del 2010 il capo del Ros, il generale Giampaolo Ganzer, e altri 13 carabinieri sono stati condannati in primo grado a pene variabili dai 18 anni in giù. Ganzer è stato condannato a 14 anni. Le condanne si riferiscono a singoli episodi commessi nel corso di alcune importanti operazioni antidroga compiute «sotto copertura» dal Ros («Cobra» del 1994 e «Cedro 1» del 1995).

Nelle motivazioni della condanna, i giudici dell'ottava sezione penale di Milano, presieduta da Luigi Caiazzo, sostengono che il generale non abbia minimamente esitato a svolgere operazioni antidroga «basate su un metodo di lavoro assolutamente contrario alla legge, ripromettendosi dalle stesse risultati d'immagine straordinari per se stesso e per il suo Reparto». Inoltre, scrivono ancora i giudici, Ganzer «non si è fatto scrupolo di accordarsi (...) con pericolosissimi trafficanti, ai quali ha dato la possibilità di vendere in Italia decine di chili di sostanze stupefacenti e ha loro garantito l'assoluta impunità». Il comandante dei Ros inoltre «ha tradito, per interesse personale, tutti i suoi doveri, e fra gli altri quello di rispettare e far rispettare le leggi dello Stato»

In appello, la condanna sarà miracolosamente ridotta a 4 anni e 11 mesi.

Lascia un Commento

©2019 - NoiDonne - Iscrizione ROC n.33421 del 23 /09/ 2019 - P.IVA 00878931005
Privacy Policy - Cookie Policy | Creazione Siti Internet WebDimension®