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Storia di carceri e amori spezzati

Storia di carceri e amori spezzati

Come il vento - Valeria Golino interpreta Armida Miserere, direttrice di carcere nel film ‘Come il Vento’

Colla Elisabetta Lunedi, 13/01/2014 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Gennaio 2014

Seria, composta, un po’ dimessa, abiti severi blu e grigi, capelli lisci da signora, il piglio dell’autorità e la consapevolezza della sofferenza, fuori e dentro di lei. Così trasformata, Valeria Golino è la protagonista del film ‘Come il vento’ - presentato in anteprima al Festival Internazionale del Film di Roma nella sezione Fuori Concorso e diretto dal regista Marco Simon Puccioni - in una delle interpretazioni forse più intense e mature della sua carriera, anni luce lontana da tanti suoi ruoli da femme fatale, brillante e femminile, originale ed eccentrica, sguardo languido e corpo perfetto. Liberamente ispirato alla vera storia di Armida Miserere, una delle prime donne direttrici di carcere in Italia, il film ha emozionato critica e pubblico, nonostante il notevole rigore registico, sia per la tematica importante, quella di una donna che vive l’ambito carcerario in anni difficili, perde l’amato compagno in un attentato mafioso e dedica la sua intera vita al lavoro, e sia per la prova attoriale di Valeria Golino, che col passare degli anni diventa sempre più brava ed intensa. La descrizione sobria ed asciutta della vita carceraria, gli albori della legge Gozzini ed i tragici fatti di mafia avvenuti tra la fine degli anni Ottanta e gli anni Novanta trovano il giusto spazio, all’interno del film, nel racconto poeticamente malinconico della vita di Armida. Il film inizia quando lei ed Umberto Mormile (interpretato da un misurato Filippo Timi), un educatore impegnato nelle attività riabilitative per i detenuti (in particolare i laboratori teatrali), sono già una coppia stabile e molto affiatata: si sono conosciuti nel carcere di Opera, dove lui ancora lavora, mentre lei dirige il carcere di Lodi. Il film si sofferma volutamente, nella prima parte, sulla pienezza dell’amore dei due, sul loro tentativo di vivere una vita normale ‘fuori’, sui loro sogni (la perdita di un figlio durante la gravidanza è uno dei tanti dolori che segnano la vita di Armida), sul loro mondo di lavoro e di pochi amici (bravi anche Francesco Scianna e Chiara Caselli), per mettere ancora più in risalto, nella seconda parte del film, il vuoto e la solitudine della vita di Armida quando, rimasta sola dopo l’omicidio di Umberto avvenuto nel 1990 - l’uomo venne freddato ad un semaforo forse per una vendetta di detenuti che speravano di corromperlo per ottenere benefici di legge - accetta incarichi nelle carceri più difficili d’Italia (Pianosa, Palermo), cerca di amare di nuovo ma, piegata a poco a poco da delusioni ed intimidazioni, inizia a perdere la sua grinta. Sempre professionale nella sua facciata esterna dove si mostrava ‘dura’ - nel film si ricorda tra l’altro che la donna usava la mimetica per entrare in sezione -, rispettata da detenuti e colleghi, Armida, che dopo anni di processi viene a conoscenza dei nomi degli assassini e mandanti del suo unico vero amore, scopre a poco a poco di avere un vuoto incolmabile dentro, che la condurrà ad un gesto estremo, insieme dettato dalla rabbia e dall’amore. “Mi ha colpito molto la vicenda di questa donna - ha raccontato il regista, da sempre interessato a tematiche sociali - che, catapultata in una delle istituzioni più maschiliste ed opprimenti della società, senza rinunciare alla sua femminilità, riusciva a governare gli uomini reclusi ed a stabilire rapporti camerateschi e d’amore con i suoi compagni di lavoro e m’interessava capire come e perché questa fibra, apparentemente così solida, fosse arrivata a spezzarsi. Ho cercato uno stile semplice, che desse spazio alla verità del personaggio, cercando di miscelare il film di impegno civile con la storia d’amore, gli elementi più intimi ed emotivi con l’aspetto sociale”. Nel suo ultimo biglietto Armida lascerà detto: ‘vento sono stata’, da qui il titolo del film, un vento che, con le parole di un noto cantautore, oggi ‘soffia ancora’.

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