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Stop mutilazioni genitali femminili

Stop mutilazioni genitali femminili

Giornata Internazionale MGF - A Roma il 6 febbraio, convegno finale “Stop MGF” presso l’aula magna dell’Ospedale Carlo Forlanini.

Ribet Elena Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Febbraio 2009


“Le stime mondiali parlano di 120/140 milioni di donne che hanno subito mutilazioni Genitali Femminili” ha ricordato Johansen Elise, dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. “3 milioni di donne ogni anno rischiano di subire MGF”. Le MGF non sono un problema circoscritto, è presente in diversi paesi dell’Asia e dell’Africa, ma anche in Europa dove ci sono comunità numerose di immigrati provenienti da zone dove vengono praticate. È necessario monitorare il fenomeno, sia dal punto di vista sociale (per le seconde generazioni di immigrati, per l’integrazione, per il dialogo con le culture di origine che a volte sono più avanti nella lotta alle MGF rispetto alle comunità che all’estero vivono magari in contesti di isolamento), sia per le implicazioni giuridiche nazionali e internazionali (che vedono ad esempio nel fenomeno della medicalizzazione delle MGF una sorta di istituzionalizzazione di una pratica che va a ledere i diritti umani fondamentali).
Francesca Moneti (Unicef) ha illustrato le modalità di azione in diversi paesi a partire dalla teoria delle convenzioni sociali. Molte di queste pratiche si perpetuano nel tempo a causa della pressione sociale, che influisce sulle decisioni dei singoli. Per evitare l’esclusione sociale si è restii ad abbandonare tradizioni che sono fondate su norme astratte. È necessario organizzare a livello collettivo un cambiamento di opinioni e comportamento, anche con l’aiuto dei governi.
Moneti ha spiegato il funzionamento dei processi di abbandono più efficaci. “I programmi per l’eliminazione delle MGF sono basati sullo sviluppo locale e sulla formazione di base sui diritti. Nel momento in cui si forma una ‘massa critica’ che crea un’alternativa, si mette in moto una dinamica per cui molti iniziano a non praticare le MGF perchè si accorgono che stanno meglio e che le figlie si sposano lo stesso. “È fondamentale la possibilità di dialogo e dibattito interno, di un’educazione che porti informazioni nuove, ma credibili. I programmi efficaci sono quelli di tipo integrato che partono dalle necessità locali per far emergere poi i diritti delle donne. Sono anche fondamentali la presenza di leggi e politiche appropriate e puntare sulla forza dei diritti umani, che non cambiano i valori fondamentali di un popolo o di una cultura, ma li riaffermano trovando un modo migliore di esprimersi, avendo come obiettivo quello di ‘fare il bene delle bambine’”.
Aminata ‘Mbengue Ndiaye, ex Ministra del Senegal e rappresentante della Commissione Gender Unione Africana, ha analizzato obiettivi e strumenti del Piano d’azione nazionale per l’abbandono delle MGF nel suo Paese.
Ha sottolineato l’importanza di analizzare il fenomeno, di integrare l’insegnamento formale e non formale sulla pratica, del quadro istituzionale e l’esigenza di rendere perseguibile chi pratica le MGF e di sviluppare progetti educativi a tutti i livelli, sanitario, sociale, formativo… “è importante condurre azioni per la presa in carico delle donne che hanno subito MGF ma anche la riconversione delle donne che la effettuano e che devono poter trovare un’occupazione che permetta loro di avere un reddito” ha detto ‘Mbengue. Inoltre è necessario favorire progetti come Tostan, che non pretendono di imporre una cultura, ma anzi iniziano con l’alfabetizzazione delle donne e delle bambine, a cui segue un aumento di consapevolezza in generale sui diritti, infine affrontando le questioni inerenti alle MGF, e quindi relative alle conseguenze sulla salute delle donne, ai rischi in gravidanza e nel parto, eccetera. I processi di formazione e informazione sono tali da spingere molte donne a voler diventare parte attiva, e molte vogliono candidarsi e essere messe nelle liste elettorali in posizione eleggibile. “È importante anche sensibilizzare gli uomini, i familiari, affinché si crei un circolo virtuoso di conoscenza, che coinvolga anche opinion leaders autorevoli, ad esempio gli imam, i quali studiano il Corano e possono veicolare il messaggio che non esistono riferimenti o fondamenti religiosi sulla pratica delle MGF. ” La comprensione dell’importanza di preservare la salute delle bambine e i diritti delle donne ha suscitato in certi casi vere e proprie cerimonie di abbandono delle pratiche, in cui venivano depositati a terra coltelli, forbici e altri strumenti che abitualmente venivano usati non sterilizzati per praticare le MGF. “Al 2007 oltre 3300 villaggi hanno firmato la dichiarazione di abbandono delle MGF e la lotta continua. Inoltre è stata introdotta una legge che punisce con il carcere dai 6 mesi ai 5 anni chi pratica MGF, con una moratoria iniziale di due anni per dare il tempo al Governo di informare tutti i capi dei villaggi, tutti i governatori delle regioni, le famiglie, le madri. La presenza di una legge è un forte deterrente alla pratica delle MGF. “Occorre continuare a lavorare per il futuro, coordinare le diverse realtà che agiscono sul territorio, creare partnership e trovare finanziamenti, per accelerare il processo e arrivare a dire stop MGF entro il 2015, con misure governative idonee e la collaborazione con le ONG” ha concluso ‘Mbengue.
Tirfu Kidanemariam, presidente dell’Associazione Donne Tigray dell’Etiopia, paese con 73 milioni di abitanti di cui il 49% sono donne, ha illustrato la situazione etiope. Basata per lo più su un’economia agricola e povera, in cui l’apporto delle donne nello sviluppo sociale è fondamentale, vede però ancora fortissimi discriminazioni nei confronti delle donne, in particolare per quanto riguarda i matrimoni forzati e precoci, le MGF, le violenze sessuali e domestiche. Le donne sono più svantaggiate e vulnerabili, nonostante ci siano dei diritti costituzionali scritti sulla carta. ”C’è ancora molto da fare perché le donne nel nostro paese subiscono forti discriminazioni per cause di religione, tradizioni, cultura dominate dall’uomo. Il 74% delle donne in Etiopia ha subito MGF del III tipo. In alcune zone della Somalia arriviamo all’83%. Le pratiche variano molto per tipo ed età. In Tigray vengono effettuate intorno al I anno di vita, in Somalia tra i 7 e i 9 anni. Molto comune è la pratica in donne poco istruite che abitano in zone rurali e hanno tra i 25 e i 39 anni”. Nonostante il governo abbia firmato convenzioni per abbandonare le MGF ci sono ancora molte resistenze e difficoltà “Finché le donne non parteciperanno in modo attivo al processo economico, sociale e politico del paese sarà molto difficile cambiare la situazione. Eppure la costituzione nell’articolo 4 prevede che le donne abbiano il diritto di proteggersi da tradizioni dannose, e altri articoli prevedono l’integrità fisica della persona” ha osservato Kidanemariam “In Tigray c’è la nostra associazione, ma in altre zone le donne non hanno la possibilità di organizzarsi e quindi è più difficile realizzare la parità tra uomini e donne e intraprendere percorsi di sensibilizzazione su questi problemi. I risultati sono possibili se le donne diventano promotrici di percorsi per eliminare le MGF, i matrimoni combinati in giovane età, le violenze. Ci sono milioni di vite in pericolo, occorre che le donne promuovano azioni per i loro diritti e per avere leggi migliori. Noi tutti e tutte abbiamo la responsabilità e il dovere di far smettere queste discriminazioni”.

Una giornata densa, in cui si sono alternate voci ed esperienze per dire STOP alle Mutilazioni Genitali Femminili. Grande partecipazione di pubblico, soprattutto femminile, di esperti, esperte e autorità. Nel pomeriggio, tra gli invitati, Angela Bardi, Danuela Colombo, Aldo Morrone, Eugenia Roccella e Livia Turco.

(6 febbraio 2009)
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I progetti STOP MGF sono finanziati dal Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri e realizzati dal San Camillo Forlanini – Dipartimento Maternità, coop. Parsec, ass. Parsec, ass. No.Di, IRPPS-CNR.

I Progetti operano su tre distinte aree di intervento: Formazione, Comunicazione e Ricerca.

Dal comunicato dell’iniziativa:
“Il progetto STOP MGF - Formazione, promotore del convegno, parte dal presupposto che affrontare il tema delle MGF (Mutilazioni Genitali Femminili), vuol dire pensare a politiche e ad azioni sociali fondate su paradigmi complessi e multidimensionali e propone un approccio integrato basato sulla conoscenza, l’accesso alle informazioni, i saperi, rivolto a operatori e formatori che devono saper entrare in contatto con le popolazioni migranti a rischio insediate sul territorio della Regione Lazio.”.

Obiettivo del convegno, illustrare i risultati della ricerca di analisi del fenomeno “nelle sue dimensioni reali, nella sua reale gravità, ma al di là di ogni allarme sociale”.

Testimonianze di donne africane, per capire come il problema è da loro vissuto e affrontato, e di esperti internazionali. Dal dibattito possono emergere strategie future per combattere le MGF.

in cima alla pagina il pieghevole in formato pdf.
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(3 febbraio 2009)

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