“In Italia sono circa 90mila le donne immigrate che hanno subito le pratiche della mutilazione genitale femminile (MGF), diffuse in 28 paesi africani, in Medio Oriente e nel sud est asiatico.
Inoltre esiste un alto rischio che le figlie di queste donne, bambine e adolescenti, subiscano tali pratiche nel corso della loro permanenza in Italia o durante un periodo di vacanza nel paese dei genitori”. Questi i risultati presentati da Pilar Saravia, presidente dell’Associazione NoDi – I nostri diritti- a conclusione del progetto STOP MGF, finanziato dal Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Le vittime di queste pratiche sono soprattutto bambine tra i 4 e i 15 anni: l’età a rischio è soggetta ad un graduale abbassamento per evitare eventuali resistenze da parte delle stesse bambine, che, una volta adulte, subiranno con gravi conseguenze psicologiche sofferenze fisiche provocate da malattie, rapporti sessuali dolorosi, infertilità, infezioni e parti pericolosi.
In quasi due anni il tema delle mutilazioni genitali femminili è stato affrontato attraverso una campagna di sensibilizzazione e di prevenzione tra la popolazione migrante, proveniente dai paesi a rischio e insediata nella Regione Lazio. Nella nostra regione, al 1 gennaio 2007, risultano regolarmente soggiornanti quasi 18.000 stranieri provenienti da paesi dell’Africa a rischio MGF. La città più coperta dalla loro presenza è Roma (87%), seguita da Latina (7%) e Viterbo (3%). Senza considerare le presenze non dichiarate, secondo i dati della Caritas, nel Lazio sono presenti almeno 7.200 donne provenienti da paesi a rischio. In particolare, le donne che provengono da Egitto, Etiopia e Eritrea hanno tra l’80% e il 100% di possibilità di aver subito, o di stare per subire, la mutilazione dei loro organi genitali.
In poco meno di due anni il progetto STOP MGF, ha portato avanti la formazione degli operatori socio sanitari (curata dal San Camillo – Forlanini), la ricerca del fenomeno (realizzata dall’IRPPS-CNR) e la sensibilizzazione/prevenzione delle comunità interessate (seguita da NoDi).
In particolare, L’associazione NoDi ha realizzato una serie d'incontri con gruppi di vittime o a rischio di MGF nelle cinque province laziali per un totale di 800 donne. Infine, ha realizzato il sito di informazione www.stop-mgf.org che ospita anche un forum dedicato allo scambio di esperienze.
Se nel parlare dell’argomento la prima reazione delle donne coinvolte è la diffidenza, la parola chiave per rompere il silenzio è quella della salute, un diritto garantito dalle leggi nazionali dei paesi a rischio che tendono a contrastare tali pratiche, pur trovando grandi difficoltà nella loro attuazione soprattutto nel contesto rurale.
In Italia le MGF sono un reato punibile con il carcere (Legge 9 gennaio 2006 n. 7): l’obiettivo è quello di scoraggiare nella società italiana l’uso di queste pratiche.
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