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Stefano Rodotà, corruzione e consenso sociale

Stefano Rodotà, corruzione e consenso sociale

L’altra Calabria / 6 - "La legalità come optional è un lusso che non possiamo più permetterci". Intervista al Professor Stefano Rodotà

Bartolini Tiziana Domenica, 13/01/2013 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Gennaio 2013

La corruzione si è insediata progressivamente e in modo sempre più devastante nella società e nel sistema politico italiano. Dico società, e non solo sistema politico, perché coinvolge un numero crescente di persone”. Stefano Rodotà ci tiene a spiegare bene, dal suo punto di vista, le dimensioni e il senso che ha assunto la corruzione, oggi, ed evidenzia con cura le differenze tra il fenomeno corruttivo ai tempi Mani Pulite e nell’attualità. “La vicenda di Mani Pulite rivelò un fenomeno grave e diffuso che tuttavia era per certi versi circoscritto al finanziamento pubblico ai partiti. Naturalmente questo portava con sé il fatto, gravissimo, che coloro i quali approvvigionavano i partiti trattenevano qualcosa o molto per i loro privati interessi. La fase più recente rivela che la corruzione (anche quella che attribuiamo alla sfera propriamente politica) è finalizzata all’arricchimento personale.”



Cosa è accaduto, cosa ha determinato questo ‘cambio di passo’, a suo modo di vedere?

Oggi il fenomeno è ulteriormente aggravato dall’insediarsi nella nostra società di un’idea che la legalità sia un optional e che tutto possa essere privatizzato. Questo è il frutto di una mentalità che negli ultimi anni è stata fortemente incentivata anche dai comportamenti politici: il disprezzo per la legalità, l’idea che pagare le tasse sia semplicemente frutto di un’imposizione intollerabile, la confusione tra risorse pubbliche e risorse private. La diffusione di questa subcultura è stata accompagnata da tutta una serie di misure che hanno direttamente o indirettamente legalizzato i comportamenti corruttivi. Alcuni li conosciamo: quelli che riguardano il falso in bilancio, il traffico di influenze, la prescrizione. …

Le norme sono importanti, ma possono bastare se l’obiettivo è determinare comportamenti socialmente virtuosi?

Faccio di mestiere il giurista e dovrei rispondere facendo l’apologia della norma e della sua sufficienza. Invece rispondo di no. Le norme sono assolutamente necessarie, così come è necessario consentire che coloro i quali devono custodire la legalità (cioè in primo luogo la Magistratura) possano operare conformemente a queste norme. (…) Si è creato una sorta di consenso sociale che ha accompagnato il fatto che la corruzione fosse ‘normale’. Persino i professionisti (che hanno guadagni anche notevoli) sono stati contaminati, come è testimoniato dagli scandali che hanno interessato medici, primari, ingegneri o avvocati. La società ha ritenuto che esistesse un canale parallelo a quello della legalità formale che consentiva di accompagnare questi comportamenti con una certa acquiescenza sociale. Questo è il fatto più grave, perché quando poi si modificano le norme non è detto che si riescano a modificare consenso sociale e comportamenti legittimati. In questo c’è una grave responsabilità imputabile al sistema politico in quanto tale. L’esempio ci viene dai Paesi con cui ci misuriamo: leggiamo continuamente di dimissioni ‘eccellenti’ per episodi trascurabili mentre da noi tutto questo non c’è ed è stato sostituito dal criterio del ‘non penalmente rilevante’. È scomparsa l’etica pubblica ed è scomparsa la responsabilità politica. E solamente quando c’è un accertamento della Magistratura dell’esistenza di un reato - accertamento che magari arriva dopo dieci anni - si ritiene che le persone che hanno tenuto quei comportamenti debbano essere sanzionate. Ecco perché facevo riferimento alla legittimazione e al consenso sociale. Nella nostra organizzazione sociale si è insinuata una maniera di percepire taluni comportamenti con una sorta di indulgenza. Attenzione, la responsabilità politica è una cosa diversa dalla responsabilità penale: ci sono comportamenti che non sono penalmente rilevanti, ma che sono politicamente e socialmente gravissimi. Questo è un punto che abbiamo perduto, che è stato cancellato da meccanismi di autodifesa di un ceto politico che, all’ombra della mancanza o del dubbio sulla responsabilità penale, ha ritenuto che comportamenti, frequentazioni o operazioni che inquinano il funzionamento della politica e costituiscono un esempio sociale devastante potessero essere tranquillamente accettati. Non bastano le norme se sono viste in modo strumentale o se si cerca di aggirarle o di diminuirne la portata o sono addirittura considerate uno scudo. La Costituzione, dicendo che le funzioni pubbliche devono essere adempiute con ‘onore e disciplina’, dà per scontato che si devono rispettate le leggi e che c’è qualcosa che va oltre ed è un di più al semplice rispetto della norma. Ecco tutto questo, che è poi la regola diffusa in tutti i paesi con cui più o meno possiamo confrontarci, è stato semplicemente azzerato. Da noi chi solleva tali questioni è considerato un moralista. (…).



La corruzione in relazione alla pesante crisi economica che stiamo vivendo è un tema su cui si dovrebbe riflettere maggiormente. Cambiamenti profondi nell’etica pubblica e nel modo di stare insieme saranno indispensabili, non trova?

La crisi sta comportando dei costi sociali terribili. Sinceramente sono sbalordito di fronte a forme di insensibilità: penso alla minaccia di non accendere i termosifoni ma anche ai tagli ai fondi destinati alle persone malate di SLA… il solo pensare che queste persone possano essere abbandonate (che significa determinare tragedie personali e familiari enormi) è il segnale che qualcosa non funziona più in queste nostre società e che la predominanza dell’economia sta facendo terra bruciata di tutto ciò che è rispetto della dignità e dell’umanità delle persone. (…) Il punto è che non abbiamo un forte spirito civico in questa materia e quindi ciò che in altri Paesi è agevole, in Italia diventa più difficile. (…) Le norme sono utilizzate per legittimare un comportamento politicamente e civilmente inammissibile. Il punto riguardante norme o non norme diventa particolarmente importante perché la debolezza della attuale legge sulla corruzione non è una debolezza tecnica, ma è l’effetto del ricatto di una parte dell’attuale maggioranza - quella identificabile con la maggioranza berlusconiana - che non ha voluto che tutta una serie di provvedimenti più incisivi fossero introdotti in questa legge. Quindi, indirettamente, questa resistenza ha manifestato una volta di più la volontà di mantenere consenso sociale intorno al comportamento di chi usa la prescrizione per sottrarsi alle conseguenze dei propri comportamenti e di chi continua a falsificare i bilanci e per tutto questo non è sanzionato. Socialmente la falsificazione del bilancio, quindi, viene accettata.”



Questo significa che la devastazione cui faceva riferimento - leggi o non leggi - in pratica continua…

“Secondo me sì…. Perché i nostri ‘anticorpi naturali’ sono più deboli che in altri paesi, avremmo bisogno di maggior rigore e maggior attenzione per quanto riguarda i comportamenti , soprattutto da un punto di vista politico. Ci sono comportamenti che devono produrre sanzioni perché l’accettazione sociale assolutamente deve venir meno. So che questi sono processi difficilissimi e lunghi e che non sono tutti imputabili - come origine - solo a quanto è avvenuto negli ultimi anni, sono processi che hanno una storia lunga e radici sociali profonde. Per un certo tempo sono stati tenuti sotto controllo, ma hanno ricevuto un sostegno politico e sociale che poi nell’ultimo periodo ha consentire il dilagare della corruzione.” (…)



Contributo al dibattito in occasione del convegno ‘Legalità e corruzione. Il NO delle donne’ (Roma, 13.11. 2012)

La versione integrale è pubblicata alla pagina: http://www.noidonne.org/blog.php?ID=03678



 

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